Nei giorni successivi, dopo aver sostato una notte a Kingstown (Grenadine),
in un albergo d’epoca coloniale che tanto mi attraeva per la sua caratteristica ambientazione, mi ero ripromesso di dirigermi verso nord per raggiungere l’ultimo centro abitato, Caratai Village, e da qui addentrarmi nella foresta. Alla mattina presto, non appena la brezza di terra iniziava a portare un leggero e gradevole profumo di qualche albero in fiore e si udivano i primi canti e le grida degli uccelli, sono partito in auto verso la costa est dell’isola per poi giungere sino al limitare della strada asfaltata.
Il percorso lungo circa 70 km era meno tortuoso del versante ovest, sì con curve e brevi rettilinei ma con una vista a mare costiera più gradevole.
La carreggiabile che inizia da Kingstown e si inerpica su per la collina antistante il porto, è costeggiata da isolati coloniali d’epoca statali, come il museo di scienze, l’antica biblioteca Carnegie Building e una moltitudine di istituti per lo studio delle varie classi, dalle primarie alle secondarie. Gli studenti tutti creoli incontrati lungo la strada erano facilmente distinguibili grazie alle divise indossate, diverse per ogni istituto.
Dopo circa una decina di km, uscito dall’abitato verso est e superato di non molto il vecchio aeroporto di E.T.Joshus ho raggiunto, alla mia sinistra, il nuovo e moderno aeroporto internazionale di Argyle, posto lungo una splendida spiaggia, interdetta a chiunque, che mi riportava col pensiero alle rive del Mediterraneo della mia Sicilia, terra simile per flora, costumi e odori.
Soltanto i pini marittimi erano rimpiazzati dalle locali casuarine, ma le graminacee e i ciperi2 che vi crescevano all’ombra e altre piante di tipo Europeo avrebbero reso possibile il confronto se le Palme da cocco e gli alberi della solfara (Spachea perforatais) non fossero stati li a togliere ogni illusione.
La strada da principio attraversava luoghi bassi e incolti e un’ apparente pianura che a un osservatore non preparato può sembrare quasi selvatica o con poche tracce di coltivazioni in realtà tutta la vegetazione arborea, che vi cresce rigogliosa, appartiene ad essenze utili e fruttifere (noce moscata, banane, manioca).
Il paesaggio a monte sembra privo di gente; la densità di popolazione è invece alta in quanto gli abitanti vivono in basse case nascoste dalla vegetazione.Sempre più vicino alla meta prefissata facevo comunque molta attenzione alla guida “a sinistra” poiché non è infrequente incontrare piccoli van per trasporto locali che sfrecciano come se fossero in una pista, incuranti di ogni norma di prudenza. A mezzogiorno il termometro della vettura rilevava +29°C ma la piacevole aria e la brezza marina rendevano comunque sopportabile il basso tasso di umidità, invogliandomi quindi a fare colazione in uno dei soliti chioschi distribuiti lungo la via.
A tratti la strada serpeggia in amene piccole vallate a ridosso delle montagne, dove con un pò di attenzione è possibile vedere qualche raro uccello o imbattersi in qualche apatica mucca .
Avrei desiderato inoltrarmi maggiormente nelle foreste più remote e meno visitate ma ho dovuto abbandonare la mia aspirazione. Nel pomeriggio successivo era infatti prenotato l’imbarco su di un veliero alla volta della vicina isola di S. Lucia. Nonostante soggiorno sia stato breve, in me rimarrà incancellabile la memoria di quei giorni che vi ho passato, deliziosi e pieni di scoperte
Al rientro, ho perso però la maggior parte delle bellezze della strada poiché l’imbrunire incalzava e, quasi a un tratto, il fogliame delle piante, vagamente colorato dai raggi porporini di un bel tramonto, assumeva una tinta tetra, per la brevità del crepuscolo. Nella oscurità della notte, anche gli oggetti più comuni assumevano ai miei occhi un aspetto misterioso, facendo sospettare in essi qualcosa di sconosciuto. Intanto incalzavano ovunque i cadenzati suoni notturni di uno scarabeo.
A brevissimi intervalli apparivano grandi macchie splendenti di una luce argentina che si stagliavano fantasticamente sul nero fondo della foresta, attraverso l’aria cupa delle valli lontane. La luce era prodotta da miriadi di piccole lucciole, riunite intorno alle fronde di alcuni alberi, soprattutto delle palme del genere areche (Areca catechu)1 che producono la ben nota noce di betel.
Proseguendo ancora lungo la costa, che presenta pochi promontori e rientranze ma ancora una folta vegetazione tropicale, nello scuro del tardo pomeriggio raggiungevo nuovamente la mia base.
Non posso dilungarmi a narrare le impressioni di tale soggiorno, sebbene l’isola sia davvero molto interessante sotto molteplici punti di vista.
Fin dal mattino il piccolo grande veliero mi aspettava in rada per trasferirmi in tre ore verso l’isola di S. Lucia, e poi, con un tragitto di altre tre ore all’isola di Martinica.
Navigando a vela raggiungiamo il porto turistico di Marigot Bay (S. Lucia) e lì sostiamo per due giorni in barca, dopo avere effettuato il controllo passaporto a cura della polizia presente in rada.
Infine alla volta dell’isola di Martinica per imbarcarsi su di un volo air france ,verso l’Europa.
Fu questa l’ultima mia escursione nelle isole delle Grenadine. Mi ero comunque promesso di ritornarvi per completare le escursioni non potute monitorare.
Note
1.Albero considerato dall’anno della sua scoperta 1812, simbolo nazionale.
2.Piccola pianta avventizia che cresce negli acquitrini, canali e corsi d’acqua interni.
Articolo e immagini G. Petrantoni
Impaginazione grafica by GRAFOS SERVIZI GRAFICI - SAN COLOMBANO AL LAMBRO
Ciao grazie per avermi dato la possibilità di sognare beati quelli che hanno la possibilità di rimanere a contatto con la natura essendo anche noi natura la quale ci regala emozioni esistenziali
Mi fa piacere che hai gradito, continua a guardare faccio sempre delle news.
Guglielmo