Dal diario di viaggio di un ornitologo e naturalista . . . in Ceylon, ora Sri Lanka (ශ්රී ලංකා in singalese / இலங்கை in tamil)
Dal diario di viaggio di un ornitologo e naturalista . . . in Ceylon, ora Sri Lanka (ශ්රී ලංකා in singalese / இலங்கை in tamil)
Il 28 marzo 2017 mi imbarcai a Milano su di un Boeing 777 della compagnia di bandiera degli Emirati e dopo una sosta tecnica a Dubai giunsi, il 29 successivo, a Colombo, dove mi
incontrai con Ruwan e suo padre, i quali mi prelevarono con la vettura per poi, dopo una accurata organizzazione ed un riposo per il fuso orario, avremmo concordato il tragitto verso il nord dell’isola, dalla sede stanziale di Nigombo.
Il tempo aveva dato un buon respiro, dato che lì era l’inizio dell’inverno, con temperatura dai 25° in su, ma sempre ventilato. Le piccole ed intense piogge – trovandoci sulla linea dell’equatore – davano nuova freschezza e tinte più vivaci alla vegetazione. Il sole, sin dal suo sorgere, insieme alle più fulgide vegetazioni, emanava un calore potente nello spazio azzurro, a poco a poco contrastato da immensi nuvoloni che si vedevano al di sopra delle folte boscaglie. L’aria calda, ma ventilata era satura di vapori di un insolito e soave profumo di fiori. Farfalle variamente colorite e di impareggiabile bellezza volavano intorno, scoiattoli delle palme si rincorrevano su per gli alberi, per nulla intimoriti dalla mia presenza, e corvi (Corvus splendens) emettevano continui richiami senza sosta, lontano nella boscaglia, con il richiamo del bul bul (Picononotus lutelus) ad intervalli con altri che facevano da eco.
Date le ridotte dimensioni, lo Sri Lanka possiede una varietà incredibile di animali: 92 mammiferi; 242 farfalle; 435 uccelli; 98 serpenti; schiamazzanti e non sempre visibili i gruppi di primati arboricoli tra cui il Langur comune, il Presbite dalla barba bianca (Presbytes cephalopterus) ed il Macaco di Ceylon. Con più frequenza ed in ore diverse sono visibili l’elefante asiatico di Ceylon (Elephas maximus maximus), che è il più grande del genere degli elefanti asiatici, ghiotto dell’albero di Kitulpam (Caryota urens), e il cinghiale dalle lunghe zanne (Sus scrofa affinis). Il clima tropicale, il lungo isolamento dall’Asia continentale e la diversità dei vari habitat hanno dotato l’sola della ricchissima avifauna di oltre 400 specie di uccelli, 26 delle quali sono esclusive dello Sri Lanka, mentre le altre 198 sono migratori, alcuni verso l’India del Sud, altri verso la tundra artica, come per esempio i piovanelli e i pivieri. I migliori periodi per osservare gli animali sono da gennaio a marzo, anche se durante tutto l’anno è possibile effettuare escursioni anche in coincidenza del monsone (maggio – ottobre).
Detto questo, il percorso che stabilimmo prevedeva uno spostamento in vettura verso il nord-ovest, alla volta del Bundala National Park, poi ancora il Wilpattu National Park ed infine il Yala National Park nell’estremo sud-est; si consideri che l’isola è comunque tutta un grande parco (14 parchi in toto) ove gli animali vivono, anzi convivono con gli uomini i quali portano loro un grande rispetto! Con un totale di 1000 Km. toccammo molte città come Kegalla, Ella, Sigirya, Kandy, Nuwara Eliya, Yala, Matara; rientro alla base di Negombo dopo 12 giorni.
Durante la giornata di riposo che mi ero preso, mi recai a piedi sulla provinciale di Negombo, dove lungo i bordi della strada ad intervalli vi erano venditori di frutti del luogo. In un posto all’ombra, non appena mi fermai, incontrai un ragazzo che prese un frutto di cocco intero ed ancora verde e che con alcuni colpi ben assestati di un pesante coltello praticò un foro nella parte più appuntita e mi invitò a bere il contenuto della noce. Accaldato ed assetato come ero, trovai la bibita gustosa: per il colore sembrava acqua di riso, eccellente, dolciastra e fresca. Esaurito il liquido, il giovane, ripreso il frutto, con un colpo da maestro, lo spaccò in due metà eguali, poi con un altro colpo obliquo staccò dalla spessa buccia di una delle metà una zeppa, che veniva in tal modo ad avere naturalmente la forma di una paletta con un margine tagliente; porgendomi tutte e due le metà, rassomiglianti a due scodelle, mi mostrò il modo per staccare, con questo cucchiaio improvvisato, la polpa molle dell’interno del guscio, già mezzo ossificato. Questa polpa (l’albume del seme), quando il frutto è immaturo, è molle, gelatinosa, bianca e quasi opalina, ma con l’invecchiamento diventa oleosa, e serve appunto a estrarre il cosiddetto olio di cocco.
Dopo questa passeggiata rientrai alla base, poiché l’indomani ci saremmo portati verso Kegalla, al Wilpattu National Park, un’area molto estesa di foresta pluviale, con macchie di terreni aperti, piscine naturali, fiumi e fitta vegetazione, il tutto a 50 Km ovest di Anuradhapura…
In seguito alla visita ai vari parchi, posso dire che, data la varietà geografica-ambientale, la fauna presente offre al visitatore una moltitudine di animali in piena libertà. Appollaiato su di un albero nella radura c’era un bellissimo Bucero (Anthracoceros coronatus), il quale è noto per deporre tra aprile e giugno negli alberi, dove la femmina, chiusa nel nido con fango, viene alimentata sino alla schiusa dal maschio attraverso una piccola feritoia. Entrambi i sessi sono simili nella colorazione.
La mia attenzione era sempre al massimo per cogliere momenti che mi mettessero in condizione di effettuare un buono scatto e già si procedeva su di un fuoristrada con sedili sistemati a sbalzo sul cassone e prontamente dovevo comunicare con l’autista perché si fermasse!
Lungo il percorso, elefanti nella bassa boscaglia e bufali selvatici (Bubalus arnee), immersi nelle acque calme dei laghetti sino al collo, erano quasi sempre a vista, ma in distanza di sicurezza. Purtroppo mi è mancata la possibilità di fotografare l’unico felino presente e tipico … il Leopardo (Panthera pardus kotya). Il termine “kotya” è usato in singalese per indicare la tigre. Il leopardo dello Sri Lanka (Panthera pardus kotiya) , noto colloquialmente come kotiya, è una sottospecie di leopardo originaria dello Sri Lanka. Comunque, «kotiya» è il termine singalese usato attualmente per indicare la tigre, mentre leopardo si dice «divya».
In compenso mi imbattei in una serie di stupende cicogne (Ciconia episcopus), le quali, per nulla intimorite, pascolavano sulla strada rossa che attraversava il Parco, e poi ancora una stupenda Mycteria leucocephala, detto il Tantalo dal becco giallo.
Anche i rapaci non si nascondono e sono abbastanza presenti, ma è utile disporre di un buon obiettivo, pertanto, a terra, mimetizzato dai colori della terra, fermai sull’obiettivo prima un Falco pecchiaiolo orientale Pernys ptylorinchus intento a cacciare serpenti, poi, poco dopo, un incredibile serpentario crestato Spilornis cheela.
Purtroppo molti altri rapaci, comunque presenti nel Parco, sono sfuggiti al mio obiettivo solo per la lontananza o il volo veloce!
Nel folto della foresta pluviale interessante è stata la possibilità di immortalare una intera famiglia di cervi pomellati, abbastanza comune che abita molte aree boschive (Thith Muwa in singalese). Molto caro ai bambini di tutto il mondo, ma anche ahimè, preda frequentemente mirata dal leopardo!
Poco dopo, iniziò una improvvisa pioggia assai fitta, tanto che fummo costretti a fermarci in una radura in attesa che si rendesse meno incessante. Contemporaneamente ogni forma animale si rese invisibile, ma ad un tratto, inaspettatamente, apparve, disorientato, un sambar, Rusa unicolor, appartenente alla famiglia dei cervi, animale piuttosto schivo e di non facile individuazione, data la colorazione bruna che si mimetizza con la boscaglia.
Pochi minuti e la pioggia svanì come d’incanto, ricomparve il sole e un’odore di terra bagnata pervase l’aria… La voglia di proseguire è forte, ormai da due ore percorrevamo in fuoristrada le strade alquanto sconnesse, anche gli animali si mostravano con piacere al nostro occhio, e comunque l’intensa pioggia non era riuscita a formare acquitrini, poiché riassorbita dal terreno.
Tra le sorprese di queste immenso parco si presenta con molta serenità un uccello galliforme selvatico della giungla Gallus lafayetti, tipico esempio autoctono di queste terre e simbolo Nazionale. Un maschio veramente imponente ed elegante nei suoi colori, cosa che invece non è la femmina dalla colorazione marrone con chiari e scuri variabili, senza particolari colori, proprio per meglio mimetizzarsi durante la cova nel nido posto in una depressione del terreno, al riparo di un cespuglio.
Al rientro, stanchi, ma contenti di avere trascorso una mattinata in mezzo alla natura, in una radura allagata scorgiamo nell’acqua, con la testa fuori, dei bufali selvatici, molto comuni ed anche abbastanza utilizzati per il loro latte. Dal bufalo d’acqua addomesticato i locali ricavano uno yogurt, molto più nutriente del nostrano di latte vaccino, chiamato in singalese (මීකිරි) meekiri, che viene venduto in vasi di argilla lungo le vie di comunicazione.
Sempre presenti e di facile individuazione sui bassi rami i gruccioni (Merops leschenaulti), lunghi 21 cm. circa, dal volo veloce al pari delle nostre rondini, simili per colorazione al nostro migrante africano, ma con abitudini molto diverse: non volano alto e non nidificano sulle pareti di sabbia, ma volano sempre all’altezza degli occhi e usano fare buchi in terra. Sono stanziali.
Terminata la giornata, sostiamo al punto di ristoro del Parco per consumare un pasto veloce e poi proseguiamo alla volta di Kandy, su quella strada che, prima della costruzione della ferrovia, era la più trafficata ed importante di tutta l’isola per il trasferimento delle spezie. Delle bellezze della strada ne perdiamo però la maggior parte perché la notte incalza, tanto che ad un tratto il fogliame delle piante, vagamente colorato di raggi porporini di un bel tramonto, assume una tinta tetra, a causa della brevità del crepuscolo. Con la stessa rapidità dell’imbrunire si fa giorno nelle vicinanze di Kandy, una città piena di vita e di animazione, ancora più luminosa quando dal centro iniziamo a salire per la collina sovrastante verso l’albergo.
Al mattino seguente una sorpresa durante la sosta-pausa: alloggiavo al terzo ed ultimo piano di un albergo sulle colline, una specie di Beverly Hills cingalese, immerso nel verde della foresta tropicale e sul terrazzo in posizione visiva allargata, mentre stavo un po’ ripensando a quanto vissuto nei parchi Nazionali, improvvisamente notavo che nella sottostante piscina era caduto un fulmine azzurro che la coda del mio occhio non aveva ben individuato. Sorprendentemente sul passamano in ferro vidi uno stupendo martin pescatore (Halcyon smyrnensis fusca). Da lì ad un secondo mi precipitai in camera per munirmi della fedele macchina fotografica!
Fortunatamente quando arrivai non era ancora volato via! Pertanto mi misi a cliccare, ma con stupore notai che non era lì per pescare chissà quale prelibato boccone di pesce, bensì per fare un bagno ristoratore e pulirsi le penne!
In una decina minuti della mia osservazione potei fermarlo nel volo, mentre più di una volta si tuffava in acqua per poi rimettersi nella posizione sul “trampolino” e adempiere alla sistemazione delle penne! Fantastico, credo di non avere mai avuto un’occasione tanto fortunata!
Nella seconda parte della mattinata ci rechiamo al giardino botanico di Paradenia, che dista dalla città 4 km. L’ingresso principale è chiuso da una elegante ed imponente cancello in ferro battuto, al di là del quale attrae subito l’attenzione un maestoso gruppo di palme, rimarchevoli per bellezza e rarità delle specie, tra cui primeggiava per dimensioni il “talipot”, come lo chiamano gli Indiani, talla gass i Singalesi, cioè la Coypha umbraculifera, palmizio indigeno dell’isola. La Palma talipot (Corypha umbraculifera) è una pianta della famiglia delle Arecaceae, famosa per la produzione della più grande inflorescenza ramificata del mondo,diffusa in India e nello Sry Lanka. A parte la varia ed enorme collezione di piante e di orchidee, lungo uno dei viali mi accorsi che, al di sotto di un enorme albero, ciò che pendeva non frutti, bensì un sorprendente numero di Volpi volanti, Pteropus giganteus.
Trascorsi l’intero pomeriggio a fotografare e curiosare tra i viali e le innumerevoli varietà di piante e fiori, e forse non sarebbe bastata l’intera settimana, ma al volgere del tramonto abbandonai e rientrai in albergo.
Il giorno successivo, a bordo del solito van, ci dirigiamo attraverso i campi di thè tra le alture che da 1800 m. s.l.m. circa conducono verso la costa orientale, toccando la città di Nuwara Eliya. Poi verso Badulla e da lì iniziamo a scendere verso la costa per un nuovo safari a Yala (Ruhunu National Park), una grande riserva con laghi, fiumi, acque salmastre, affioramenti rocciosi, litorali e foresta a sud-est.
Abbiamo la possibilità di incontrare innumerevoli uccelli, aquile e ungulati tipici della fauna locale; ancor prima di giungere alla meta ci fermiamo presso Samaharama, dove, in un lago salmastro, individuiamo in lontananza dei pellicani Pelacanus philippinensis. Probabilmente il tranquillo specchio d’acqua doveva contenere pesce in abbondanza per soddisfare esigenze alimentari!
Al pomeriggio ci prendiamo una sosta in un resort all’interno del Parco, in piena foresta, ma corredato di ogni comodità, soprattutto di aria condizionata. Al mattino non ancora albeggiava che eravamo già sul fuoristrada che ci avrebbe condotto per le strade interne alla ricerca della fauna selvatica…!
Entusiasmanti ed improvvisi incontri hanno dato la possibilità di fermare sull’obiettivo uccelli e ungulati veramente da mozzafiato. Ore quattro e trenta del mattino, colazione al sacco, entriamo al parco lungo la strada che serpeggia in radure, piccoli stagni e innumerevoli spazi d’acqua. Come sempre sono presenti e immersi nell’acqua o nel pantano i bufali al pascolo e fanno loro da cornice in lontananza piccole aree forestate, ma più ci addentriamo e fa luce meglio riusciamo ad individuare, come incantati, aironi, anatre dentrocigne Dentrocigna javanica, che in volo radente mi sfilano di lato …. al volo! … presa! e trampolieri e ogni varietà di limicoli Vanellus indica. Dulcis in fundo, ormai stanchi per la continua attenzione e per la levata mattutina, individuo tra il basso fogliame uno stupendo, inaspettato e meraviglioso uccello del paradiso pigliamosche, un solo scatto e centro! Terpsiphone paradisi, maschio morfo marrone e bianco.
La giornata è ormai terminata e ci avviamo sulla via del ritorno, verso Tangalla e poi Matara, dove ci aspetta un delizioso alberghetto a due piani in legno ed il ristorante in stile. Poi, in riva al mare, il reef ci dona una sorpresa durante il bagno pomeridiano: a pochi metri emerge una tartaruga marina e con la enorme mandibola e due occhi anch’essi sorpresi mi guarda e veloce come una saetta si immerge e fila via . . . resto ancora ad osservare la sagoma che si allontana lungo il reef, lasciandomi impietrito, ma soddisfatto della “visione” … E mai mi sono saziato di ammirare, osservare tutto ciò che si muove od odorare tutti i sapori di una terra piena di sorprese, per chi come me ha una sete insaziabile di conoscere, anche se il mio desiderio sarebbe stato quello di penetrare nelle foreste più remote e meno visitate da chicchessia. Per questo motivo mi riprometto di ritornare per concludere con un altro viaggio quella metà parte nord dell’isola ancora più selvaggia ed inesplorata, ove vive la gente tamil.
Molti dei siti della riserva sono inaccessibili, ma per potersi spingere oltre i normali percorsi bisogna contattare il Foreign Office o equivalenti, o ancora il Wildlife Conservation Department, i quali suggeriranno le migliori condizioni per allargare la visita.
Guglielmo Petrantoni
Impaginazione grafica by GRAFOS SERVIZI GRAFICI – SAN COLOMBANO AL LAMBRO