Il colibrì sopra citato è allevato da Ken Vance Borland, docente presso l’Università americana dello Stato dell’Oregon, specializzato in biologia della conservazione, il quale ha riprodotto il colibrì brasiliano, chiamato Lophornis magnificus (Viellot,1817), che appartiene alla famiglia dei Trochlidae, tipico del Brasile, e che viene chiamato in dialetto topetnho vermelho.
Tutti questi uccelli del Nuovo Mondo mantengono stretti rapporti con i fiori di quelle regioni, nutrendosi del loro dolce succo, come fanno le Nettarine del Vecchio Mondo.
Gli apparati boccali delle specie suggitrici sono costituiti dal becco lungo di varie forme e curvature, con una lingua estensibile, mediante la quale l’uccello può agevolmente raggiungere il nutrimento liquido celato sul fondo dei fiori. La lingua è a forma di doccia e si riallaccia ai due lati alla svolta superiore del becco, formando con questo un tubo completamente chiuso. Nella parte anteriore, che può distendersi al momento della succhiatura, la lingua si biforca in due lamelle sottili e cornee dai bordi frangiati, arrotondate in modo da formare due microscopici canali, i quali rappresentano la continuazione esterna del canale del becco. Quando l’uccello sporge la lingua e la stende, nella cavità boccale si verifica un abbassamento di pressione, in virtù del quale il liquido viene assorbito; mentre bevono, stendono e ritirano la lingua con moto ininterrotto. Questa importante funzione funge anche da impollinatrice, tanto che la diffusione di alcune piante è dovuta proprio a questo lavoro.
Prediligono fiori dai colori appariscenti, in particolare rosso, giallo e bianco, che abbondano in secrezione di nettare e carenza di odore: solo la parte visiva fa da attrazione!
Di questi colibrì sono conosciute circa trecento specie, numero incerto dovuto alla presenza di numerose varietà e forme ibride a volte non individuabili, che popolano la fascia tropicale dell’America centrale e Meridionale, ma non mancano specie che si spingono sino in Alasca e in Labrador, altre invece all’estremo sud, sino alla Terra del Fuoco o addirittura sulle Ande.
Varie sono le misure dei colibrì (Acestrura bombus), dai più minuti di circa 60 cm. dalla punta del becco all’ estremità della coda, con un peso di 1,5 g., che depone un solo uovo del peso di decimi di grammo, al più grande, il colibrì gigante (Patagona gigas), molto vicino alle dimensioni di un rondone.
E veramente stupefacente come in un corpo sì piccolo riescano a prendere posto e funzionare tutti gli organi vitali, come in un assere di grande mole .
Anzi il grado di funzionalità dei minuscoli organi risulta persino elevato, perché il mantenimento della temperatura corporale e le altre funzioni richiedono tanto maggior sviluppo di energia quanto minore è il volume del corpo.
Respirano da 5 a 6 volte al secondo; pertanto, il cuore, rispetto alle dimensioni del corpo e di ogni altro organo, è più grande.
Il sangue è particolarmente ricco di globuli rossi e il metabolismo supera di gran lunga i dati conosciuti di altri animali a sangue caldo, fatto che giustifica il rapido processo di ricambio metabolico a fronte dell’elevato bisogno di sostanze nutritive,la tecnica di volo e il suo comportamento generale.
Tutte le azioni di volo sono simili al più conosciuto “nostrano” elicottero, ma si susseguono con una tale rapidità, come un lampo, che è impossibile tenere in un campo visivo l’uccello, a eccezione dei brevi istanti in cui sta aspirando il nettare dai fiori, in volo stazionario, simile a quello dei nostri insetti, inclinando le ali tanto da modificare la direzione della forza di sollevamento, o forza portante, e torcendo la coda per garantirne l’equilibrio.
La nidificazione avviene, con grande spirito inventivo da parte della femmina, adattando e sfruttando situazioni architettoniche vegetali, che le consentono di non diventare preda insieme alla prole, di usufruire di zone riparate da piogge o da esposizione al calore, come si evince dalle foto dello stesso Ken in ambiente controllato; solo il genere Aglaiocercus fa eccezione alla regola, dato che sono i maschi a costruire il nido, che viene usato anche come riparo notturno.
I colibrì non formano coppie stabili, sono poligami e si accoppiano con varie femmine che incontrano nei brevi periodi di sincronismo sessuale, allorquando sono recettivi: le femmine vengono attirate dal canto e da parate aeree, oltre che dalla iridescenza dei soggetti maschi, che si radunano anche in cosiddette “arene”, dove mostrano il meglio di sé. Tale corteggiamento è molto simile a quello degli Uccelli del Paradiso, la femmina dei quali sceglie il più bravo e appariscente.
Al termine della copula i partner si separano. La deposizione avviene nel numero massimo di due uova, bianche e di forma ellittica, e l’incubazione dura 16-9 giorni, che la femmina cova per il 70-90 % delle ore con luce, rimanendo immobile, quasi in stato di trance.
Lo sviluppo dei pulcini avviene nei 23-26 giorni successivi, alimentati ogni ora per due volte; la crescita si attua in modo oltremodo veloce e il peso forma è raggiunto già al decimo giorno. L’intero ciclo di crescita, compreso lo svezzamento, dura circa due mesi, mentre la vita media è di circa sette anni, sino a un massimo di dodici.
Non mi dilungo in altre informazioni tecniche, anche perché se ne potrebbe fare un trattato senza fine, ma chi fosse interessato può visitare l’oasi di S. Alessio con Vialone o con l’allevatore Rimoli, direttore del Centro colibrì Margherita Hack, al fine di osservare e fotografare questi stupendi esemplari.
Aggiungo la notizia di una curiosità scientifica accaduta di recente: un mio amico ha riferito che, mentre stava lavorando all’interno di un capannone riscaldato, notò, a suo dire, un “colibrì” che, col tipico volo, cercava una uscita dalla finestra. Mi sono stupito e, sebbene avessi più volte ritenuto il fatto impossibile, ho profuso tutte le mie conoscenze del campo per tentare di giungere a una spiegazione.
Bene, è vero che volava e si spostava a mo’ di colibrì ed era piccolo come un uccello mosca, ma era in realtà una farfalla nostrana, Macroglossus stellatarum o Sfinge del galio, insetto confondibile con i colibrì per grandezza e movimenti, e munita di lunga spirotromba auto-avvolgibile, che serve per aspirare nettare dai fiori, tanto da essere anche chiamata sfinge colibrì.
Articolo di G .Petrantoni, foto K. Vance-Borland
Riferimenti:
Colibrì, Società Italiana di Scienze Naturali, volume 91 fascicolo 2, ed. 2002, Milano;
Hummingbirds, American Museum of Natural History, ed. 1960, New York;
The Hummingbird Collection, in Collegio S. Giuseppe, Museo Nazionale di Scienze Naturale, ed. 1999, Torino;
Hummingbirds Gardens, 2IST Century Gardening Series, ed. 2007, Brooklyn
La femmina ben nascosta tra il fogliame è in cova.