Allevare la ghiandaia gazza gola nera messicana in ambiente controllato.

Cyanocorax collei (Vigors, 1829), Calocitta colliei, Pica collei, gazza gola nera

Da non confondersi con la Cyanocorax formosus formosus (Swainson, 1827), poiché differisce per la gola che è bianca e insiste su un territorio messicano (Colima, Michocàn e Puebla sino a Oxaca) lungo la costa del Pacifico compreso il Guatemala.

In altre lingue: Black-throated Magpye-Jay (GB), Geai à face noire (F), Blauwangenhàher (D), Urraca Cara Negra, Urraca Hermosa Carinegra (MESSICO), Collies Extergaai (NL),

Il nome scientifico del genere, Calocitta, deriva dall’unione delle parole greche Kalos “bellissimo” e kitta “ghiandaia” con il riferimento alla livrea e alle lunghe code delle specie ascritte al genere. Collei in omaggio al naturalista scozzese Alexander Collie.

Da molti anni conosco e frequento Carmelo Ermelindo, un’amicizia che mi lega non solo per l’interesse comune nell’allevare ogni tipo di uccello ma anche per il garbo con cui si pone trasferendo tutte le esperienze personali senza riserva. Non è solo, la sua famiglia è compartecipe nella vita degli affetti e del lavoro, facendo sì che la collaborazione della moglie Loredana e dei figli Luisa e Alessandro renda l’attività, sotto ogni aspetto, fattiva e appassionata. Queste poche parole piene di buon sentimento e senza invidia spero possano rendere ai lettori, a quest’uomo e ai Suoi la giusta collocazione nell’allevamento, ove è necessario non solo il risultato finale, ma anche la profonda passione.

Per i motivi su citati mi sono deciso a trasferire, senza riserve, al mondo degli allevatori le dirette esperienze di allevamento sulla Gazza messicana che mi sono state suggerite dalla parola di Carmelo.

La Gazza gola nera è endemica del nord ovest messicano sulle alture intorno ai 1800 slm, distribuita lungo la costa dell’oceano Pacifico da sud di Son a Jal e nord-ovest di Col.

Le dimensioni sono di 23-30 in (58,5 – 76,5 cm) compresa la coda molto lunga e graduata. Endemica nel Messico del nord ovest, distribuita lungo la costa dell’oceano Pacifico sulle alture intorno ai 1800m slm dove è comune o abbastanza comune da sud di Son fino a Jal e a nord ovest a Col.

Ha la cresta pronunciata, che varia leggermente con l’età. Nell’adulto il becco e le zampe sono neri. La testa, la cresta e il petto sono neri con mezzelune oculari e macchie sub-oculari blu pallido. La nuca e le parti superiori sono blu, più brillanti sulla coda. Le penne timoniere laterali hanno ampi bordi bianchi. Le parti inferiori sono bianche. Può presentare gola e petto totalmente o parzialmente bianchi, a nord almeno fino a Sin. Nel giovane la cresta è bordata di bianco, le macchie sub-oculari sono più piccole che nell’adulto e blu scure. Apparentemente si incrocia con la gazza dalla gola bianca (Calocitta formosa) a Jal (New Mexico, Lea County) e a Col (area di Merida, Messico); uccelli con caratteristiche intermedie sono comuni localmente.

Facilmente distinguibile la vocalizzazione, alte grida variate e rauche simili a quelle di pappagalli grandi; un suono simile a un “rolling” rrrrik o krrrrup e rroik; un forte, chiaro wheeoo fischiato; un kyooh duro e sordo; un rauco e “rolled” krrow e rrow, un rriihk nasale, etc.

Frequenta boschi da aridi a semi-umidi, aree parzialmente aperte con alberi sparsi e foreste a chiazza. Volano in coppia o in piccoli gruppi, lenti e aggraziati, con la lunga coda che veleggia in su e giù.

Si tratta di uccelli dalla dieta onnivora, che si nutrono in natura sia di cibo di origine vegetale (bacche, frutti, semi, granaglie, nettare di balsa) che animale (uova, insetti ed altri invertebrati, piccoli vertebrati come nidiacei, lucertole e gechi), a seconda della disponibilità del momento.

Il nutrimento della prole è compiuto da entrambi i genitori (Cooperative breeding). Le uova deposte, da 3 a 7, sono biancastre con macchie marroni e grigie.

Variazione geografica: Le Magpie-Jay, Gazza dalla gola bianca (Calocitta f.formosa, Swainson,1827), sono simpatriche (due specie che occorrono nella medesima area e sono capaci di venire a contatto) a Jal e a nord ovest di Col, con coda più corta e colorazione complessivamente più pallida; la faccia e la gola sono per lo più bianche, il petto presenta una stretta banda nera.

Sono presenti altre variabilità come la Gazza faccia bianca azzurrata (Cyanocorax formosus azureus,Nelson,1897) presente ne sud est del Messico(Chiapas) e Guatemala; Gazza a faccia bianca (Cyanocorax formosus pompata, Bangs,1914) nella parte più arida del sud Messico(Oxaca) fino al nord-ovest del Costa Rica.

I nomi scientifici delle sotto specie,formosa, deriva dal latino e significa “bella”

Note:

1 Esemplari a gola nera spesso hanno del bianco sulla gola e sul petto nell’areale a nord, almeno fino a Sin; esemplari a gola bianca a nord di Isthmus spesso presentano sulla faccia nero variabile da Jal fino a Gro.

2 – Le uova e il piumaggio giovanile delle due forme sono abbastanza differenti, almeno ove allopatriche, poiché occupano aree completamente separate, mentre sono necessari ulteriori studi sulle aree di simpatria.

L’allevamento in ambiente controllato è praticato con buoni risultati riproduttivi, purché si osservino alcuni accorgimenti essenziali.

La voliera dovrebbe consentire un volo su buona distanza, pertanto i posatoi vanno posti in alto e distanti tra loro ad altezza varia; il fondo con terra ove la vegetazione sia più naturale possibile. Sarebbe utile poter disporre di piante di mirtillo, di gelsi e simili poiché risulteranno utili quando fruttificheranno, in concomitanza del periodo riproduttivo.

Il nido, o meglio un ampio cesto di vimini, può essere posto in alto e in una parte della voliera coperta protetta dai raggi solari e dalle piogge, da riempire di rametti e paglia tanto da consentire la deposizione delle uova senza che le stesse siano vaganti su di un fondo piatto. Se serve la coppia provvederà al completamento del nido.

Nel periodo che và da Marzo ad Aprile la coppia, all’età di due anni, inizierà a deporre le prime uova, nel numero da quattro a sette. La deposizione si ripeterà nel periodo di riproduzione certamente per due o tre volte.

Una corretta alimentazione è alla base per ottenere risultati positivi.

Nel periodo che precede di un mese la riproduzione è necessario somministrare uova sode, tarme, topini pinky, qualche pulcino.

La normale alimentazione comprende al 50% frutta molto varia (banane, ciliegie, more, arance) e per il rimanente 50% carne trita, scatolette per gatti, misto per tucani del tipo T20.

L’acqua deve essere sempre disponibile e fresca, meglio se si può disporre di un sistema a tempo che ne eroghi il ricambio per sovra pieno a ogni ora.

I pullus nascono implumi e dopo tre o quattro giorni dalla schiusa possono essere imboccati a mano, con gli stessi alimenti che vengono forniti agli adulti.

Negli anni passati oltre che la summenzionata gazza , sono state allevate con positivo successo la Colicitta f.formosa, di cui mostro indicative immagini.

La procedura alimentare e la sistemazione della voliera e del nido è la medesima della Colicitta collei , di cui si è sopra esaustivamente scritto.

Testo G.Petrantoni

Bibliografia:Steve N.G.Howell & S.Webb,1995,The birds of Mexico ane Northen Central America,Oxford U.Press.

                     Grzimeks Eierleben,1970, Enciclopedia degli animali;

                       Mc Gregors-Fors,2005,Rapporto sulla gola nera Messicana;

                       Konder,C.E,Plaza,Sprunt,1980,Gli uccelli del messico,ecologia econservazione,NAS symposium,Tiburon,CA.




Pharomachrus auriceps (TRIGONIFORMI)

Pharomachrus auriceps (Gould, 1842), o Quetzal dalla testa dorata, indicato anche come auricops tragon.

I Trigonidi sono uccelli splendidamente colorati, dalla coda lunga e cuneata e dal becco breve, ma robusto, con cui scavano nei tronchi fradici delle cavità destinate ad ospitare le loro uova. Non hanno stretti rapporti con altre famiglie di uccelli e sono perciò considerati un ordine a sé, quello dei Trigoniformi.

Le loro dimensioni vanno da quelle di un Frusone a quelle di una Gazza. Il petto e l’addome nei maschi sono vivacemente colorati in rosso o giallo, mentre il dorso è spesso verde splendente. Il piumaggio delle femmine ha solitamente una colorazione meno ricca di tonalità contrastanti. Il mantello assume sfumature cangianti per la presenza dei pigmenti nelle penne e per la capacità di rifrangere la luce; lo scintillio metallico si produce nei vari gruppi secondo modalità diverse. E’ normale che nei soggetti impagliati esposti presso i Musei, i colori luminosi delle penne sbiadiscano prestissimo, tanto che sembra quasi impossibile riconoscerli.

I piedi sono molto deboli e presentano una insolita disposizione delle dita: il primo ed il secondo dito sono rivolti stabilmente all’indietro, mentre il terzo ed il quarto sono diretti in avanti; per questo sono definiti eterodattili.

Sono sostanzialmente distinti in otto generi con 34 specie che vivono nelle zone tropicali dell’America centrale e meridionale, dell’Africa e dell’Asia meridionale. Vivono generalmente ad altitudini abbastanza elevate, ove la temperatura é piuttosto bassa e, pur essendo molto appariscenti, sono appena visibili tra le rigogliose foreste tropicali.

Il quetzal trascorre l’epoca delle piogge, che dura da metà maggio ad agosto, in regioni più basse, comprese tra 1000 e 1400 msl, ove si riproduce. Nei rimanenti mesi si sposta verso i 1800 m, altitudine alla quale trova umidità atmosferica che gli addice.

Questi uccelli nidificano in cavità che scavano in tronchi o nei ceppi fradici ed occupano anche nidi abbandonati di Picchi. Talune specie formano le loro cavità all’interno di termitai e persino vespai. Indifferentemente maschi e femmine si occupano della sistemazione del nido, che però non viene imbottito di alcun materiale, pertanto la covata giace sul nudo pavimento della camera. Le uova sono quasi sferiche, misurano in funzione della specie da 23/29 x 20/30 mm, sono bianche o pastello e talvolta brune o azzurre. Entrambi i genitori prendono parte alla cova; di notte è sempre la femmina che si intrattiene nella cavità, mentre di giorno il maschio le dà il cambio solo per qualche ora. Dopo 17-19 giorni i piccoli nascono con gli occhi chiusi e nudi, venendo alimentati quasi esclusivamente con insetti ed in seguito frutta, poi con invertebrati come rane e lucertole e persino lumache. Lo sviluppo è abbastanza rapido, tanto che si coprono subito di piume e, all’età di 15-17 giorni, lasciano il nido; i giovani posseggono delle callosità che regrediscono durante la crescita; sono simili per colorazione alla femmina e restano in compagnia dei genitori ancora per qualche tempo, sino a quando diventano completamente indipendenti .

La specie più conosciuta o famosa è il Quetzal o Trogone splendido (Pharomachus mocino), adorato dai popoli Maya e Aztechi presso i quali godeva di una speciale venerazione. E’ ancora oggi il simbolo del Guatemala, anche se oggi è piuttosto raro.

Il Quetzal dalla testa dorata (Pharomachrus auriceps o xanthogaster), Viuda de la montagna in lingua locale, è molto simile, più comune, ma facilmente confondibile con la precedente specie. Se ne differenzia per la sua caratteristica testa dorata e soprattutto dal becco, che rimane più scoperto dalle penne verdi, dalla base della cera, mentre il Trogonone splendido è più coperto dalle verdi penne per i tre quarti del becco.

La parola quetzal, deriva dalla parola Atzaca – Nahuatl, quetzalli , dalla radice quetz che significa “stare in piedi” e che si traduce in “lungo pennacchio verde”o “coda di piume luminose”, anche se solitamente è usato per riferirsi al Q. splendente, ma in realtà lo si applica a tutti i membri dei generi .

L’epiteto Pharomachrus, coniato da Pablo de la Lave, deriva dal greco antico farao che significa”mantello, e makros che significa lungo” in riferimento alla lunga coda. Mentre Auriceps, dal latino aurum che vuol dire oro, e –ceps –nuca o capo.

In altre lingue : Goldkopftrogon (D); Queztal dorè (F); Quetztal cabeciodorado (S); Viuda de la Montagna (Venezuela); Quetzal coli negro (Perù).

Vive esclusivamente nella zona sub tropicale della Serra di Perijà e delle Ande di Tàchira e Merida a nord di Trujillo. Sulle Ande della Colombia a Nord-ovest del Perù e a nord della Bolivia.

Il peso si aggira tra i 150 e 180 grammi, con una apertura alare da 30-36 cm ed una lunghezza di 33-36 cm, a cui si aggiungano pennacchi della coda di altri 10 cm circa. Come gli altri membri del genere Pharomachrus, il quetzal dalla testa dorata è noto per le sue ali e il petto iridescenti verde-oro, che possono apparire blu a seconda della luce. Il seno della femmina è di un colore bruno più opaco; anche la sua testa è di un marrone dorato più opaco rispetto alla testa di bronzo dorato del maschio, da cui deriva il nome della specie. Le loro fatture sono corte e ampie; appaiono di colore giallo nei maschi e di un bruno grigiastro nelle femmine. Le copritrici della coda superiore del quetzal sono di un verde più scuro e si estendono oltre la punta della coda, più nel maschio che nella femmina. Sia il maschio che la femmina hanno una sottocoda nera, sebbene la femmina a volte mostri punte sbiadite grigio-nere. Le piume sul petto inferiore di entrambi i sessi sono di un rosso brillante.  Le loro gambe e i loro piedi sono di un verde oliva o di un colore brunastro. Il giovane quetzal dalla testa dorata è di un colore bruno-nero con poche piume verdi iridescenti sul collo e sul petto e privo della copertura posteriore dell’adulto. Il quetzal maschio dalla testa dorata differisce dagli altri quetzal nella mancanza di una cresta di penne.

Dato che il Quetzal testa dorata è un uccello alquanto silenzioso e di poco movimento, in genere lo si può intercettare solo in lontananza e la sua vocalizzazione suona come un lamento ripetuto, da cinque a sette volte: whe-wheeu,whe-wheeu,we-weeooo e così via. Usa fare anche chiamate simili ad un nitrito : dy-dy-dy-dyyrrr.I dati forniti dalla dott.ssa Solis Aguire in una recente una conferenza internazionale tenuta a Creta sull’allevamento in cattività da Lei svolto ci hanno dato la possibilità di stendere il protocollo allevamento che espongo.

Incubazione delle uova a 37.2° C, per 18 -19 giorni.

1° giorno alla schiusa temperatura 36.5° C, alimentazione ogni due ore dalle 07 alle 20, con formula per piccoli del tipo Kaytee, Tropican. Aggiunta di un 10% di avocado. Offrire un mix tiepido in acqua con pellet per pappagalli della Mazuri.

Dal 2° giorno al mix aggiungere CaCo3, vit B. Al terzo giorno abbassare la temperatura a 35.5° C. Dal quarto giorno aggiungere al mix un 10% di papaia o banana, mentre l’80% è costituito da pellet. Dal 5° compreso il 6° giorno, la temperatura viene portata a 34.5°C e l’alimentazione da otto volte passa a 7 pasti giornalieri, la frutta può essere sostituita da uva sbucciata o mirtilli. Il settimo giorno la temperatura scende a 33.5°C; mentre l’ottavo giorno la temperatura viene portata a 33.3°C e la somministrazione dei pasti si riduce a sei volte al dì, la mistura viene così modificata: 75% pellet,10 % avocado, 10% frutta e 5% larve. Il nono giorno la temperatura diventa 32.8 °C.

Dal decimo giorno la frequenza alimentare passa a cinque somministrazioni – ogni tre ore- nell’arco della giornata sino alle ore 19.00 ed ad una temperatura di 32.2° C. e gli uccelli iniziano a coprirsi delle prime piume.

Sino al 12° giorno si mantiene la dieta e la temperatura la si porta a 31.1°C. Dal 14° giorno , la temperatura raggiunge i 30°C, e la dieta verrà così composta: Pellets 65%,10% avocado,10% frutta, 10% larve, 5% insetti, togliere la vitamina B.

Dal 16° giorno ,temperatura 28.9°C, quattro pasti giornalieri e la dieta è così composta:  35% pellet, 10 % avocado,20 % frutta,10 % proteine animali,25% pellet a basso contenuto di ferro. Dal 18° giorno temperatura a 27.8° C, 15 % pellet, 15 % avocado, 25 % frutta, 15 % proteine animali, 30% pellet a basso contenuto di ferro. Gli uccelli sono completamente ricoperti di piume, ad esclusione del sottogola.

Dal ventesimo giorno trasferire l’uccello in una gabbia a temperatura ambiente, con mangiatoia per alimenti di cui è stato cibato sino al momento. Sul fondo in un contenitore con della torba e sopra di esso, verrà posto un ramo , affinché l’uccello possa aggrapparsi e sostare. Dal 22° giorno l’alimentazione assistita sarà portata a tre volte al dì.

Dal 23° al 24° giorno inizierà ad auto alimentarsi , anche se l’assistenza avverrà solo due volte al dì mattina e sera.

Dal 28° e arrivando al 30° giorno, si potrà dare l’alimentazione per adulti : 60% frutta, 15% avocado,25 % pellet, e 5 larve di Tenebrio; raggiunto il 34° giorno, bisogna necessariamente interrompere l’alimentazione assistita , anche se lo stesso chiama per ricevere il pasto, ma ormai completamente in piuma e indipendente, risolverà da solo!

Traduzione e Adattamento di Guglielmo Petrantoni, protocollo alimentare Dott.sa Alicia Solis Aguirre

Riferimenti:

 Impaginazione grafica by GRAFOS SERVIZI GRAFICI – SAN COLOMBANO AL LAMBRO




Studio e ricerche sul CARDELLINO Carduelis Carduelis (Linnaeus, 1758)

In tutte le lingue: Cardellino (I), Goldfinch (GB), Chardonneret (F), Stieglitz (D), Jilguero (S), Stehlik obecny’ (Ceco), Putter (NL), Szczygiel (PL), Eurbinc (Gallese), Putter(NL),  Черноголовый щегол (Russo), Sticlete (Rumeno), Saka (Turco),  kädimgi payız (Kazahk).

Il volo ad ali spiegate, che ne esalta la colorazione piena

In altri dialetti italiani: Sardo-Caldiddu, Cardanera, Cardaìna; Siciliano- Cardiddu, Cardujacalùni, Cardillinu;

Italia sett.le – Cardlin, Sganzilin, Ravarìn, Lavàren, Gàrdelo.

Italia cent.le –  Cardounnièra, Cardaìanna, Cadèllo, Caporosso, Carderùgio.

Italia merid.le – Cardìllo, Cardillicchio, Cardijuzza, Ramaci.

Il nome scientifico della Specie, Carduelis, è un tautonimo, poichè ripetizione di quello del Genere, quando venne spostato in un Genere a sé stante, poiché prima il Linneo lo aveva classificato nel suo Systema Naturae, Fringilla.

Con il nome latino, erano già conosciuti nell’antica Roma, poiché la derivazione è data dalla pianta bienne (che fruttifica una sola volta), erbacea e spinosa, il cardo (Cardus nutans), di cui lo stesso uccello si cibava dei semi.

Il gruppo di razze occidentali (Carduelis) a testa nera, abita le zone coltivate e fortemente antropizzate di gran parte dell’Europa, a partire dai 64° di latitudine nord della penisola Scandinava, ove si è insediato negli ultimi anni di questo secolo, e verso sud fino alla penisola Iberica, Italiana e Balcanica.

Nidifica anche nelle Azzorre, Canarie, Madera, nel nord Africa fra il Marocco e la Cirenaica. Verso est lo si trova anche in Asia Minore e in Medio Oriente sino alle regioni del mar Caspio, dove esiste una ampia fascia in cui si mescolano la forma occidentale con quella orientale.

La forma orientale a testa grigia (Caniceps), che nidifica essenzialmente nelle foreste miste di montagna, ove abita le regioni dal Turchestan all’Imalaia e dal Lago Baikal a Krasnojarsk in Siberia.

Questa specie produce ibridi con la forma maggiore del Cardellino detta C.c. major (Tacz.), e che vive ad est degli Urali.

Il Madarasz descrisse, sotto il nome di C.c. albigularis (Naturhist, Hefte, 1881, pag.21),una varietà della  specie, che presenta il mento l’alta gola bianchi, che venne trovata in Ungheria, in Dalmazia e, in Croazia, ma nel1889 passò tale nome (C. albigularis o Fringilla albigularis), nella sinonimia del C. carduelis.

… a caccia di semi di girasole

La sottospecie C.c. frigoris era conosciuta in passato come Carduelis carduelis major (Taczanowski, 1869) tuttavia la denominazione viene considerata un sinonimo obsoleto e non più valido.

In Italia la forma tipica è comune ed in gran parte stazionaria, nidificante, o svernante in tutta la penisola, mentre le popolazioni della Sicilia, Sardegna e Corsica appartengono alla sottospecie  C.c. tschuldi (Arrigoni degli Oddi, 1902) dal becco più sottile della forma nominale, con le copritrici auricolari più brune, rosso scarlatto della maschera più intenso, ala leggermente più piccola; per quanto ritengo che la popolazione presente nell’isola di Pantelleria, siano soggetti della sottospecie  sud –occidentale C.c. parva (Tschusi, 1901), molto diversa dalla sottospecie dalla sud-orientale. C.c. balcanica (Schtlebe, 1919), anche se il Dott. A. Pazzucconi nella sua opera recita: ”in Sicilia vi è la razza bruniventris Schiebel”.

Maschera rosso-cremisina, facilmente riconoscibile dal becco più alto che largo alla base biancastro con apice  scuro, senza setole, la faccia e gola di un rosso-cremisino; parte mediana e posteriore della cervice ed una fascia che da essa discende sui lati del collo, nero-vellutate; lati della testa, regione auricolare, parte posteriore delle guancie, centro del petto e dell’addome di un bianco più o meno puro; dorso, groppone e lati del petto nocciola-carico; sopra coda bianco –fulvo; remiganti con una macchia bianca apicale, ma non sempre presente in tutte, tutte hanno un largo spazio giallo dalla base a circa metà lunghezza, anche le copritrici grandi esterne delle ali sono in parte di tal colore e la colorazione gialla forma uno specchio alare notevole; timoniere nere. I sessi possono dirsi eguali, però la femmina è sempre distinta dal maschio, perché le piccole copritrici alari hanno margini bruno – giallo, che mancano del tutto nel maschio. Manca il rosso sulla faccia e le tinte nere sulla testa.

In definitiva porta tonalità più sbiadite. Pur non di meno nei soggetti sessualmente maturi i maschi e le femmine, presentano la caratteristica maschera rossa ed una barratura alare giallo brillante, spesso descritta come giallo ginestra, mentre nei giovani vi è la sola barratura alare gialla. Il rosso della maschera contiene carotenoidi gialli analogamente alle remiganti; la differenza del colore è dovuta al particolare legame tra cheratina e carotenoidi che sposta il colore di questi ultimi verso il rosso. Si ha quindi un effetto di tipo strutturale. Non è escluso che la fusione delle barbule che caratterizza al microscopio le penne della maschera, possa incidere. Il primo aspetto è stato segnalato dal prof. Stradi, il secondo da Lucarini.

Lungo 140 mm; becco 13 mm; ala 80 mm; coda 50 mm; tarso 16 mm

E’ possibile in natura, sia soggetto a varietà melaniche e più di rado alle albine; però, di solito, la tinta gialla resta immutata.

L’habitat è costituito da regioni naturali o semi-naturali aperte con vegetazione pioniera, da giardini e parchi in zona urbana. Rispetto al Verzellino o Verdone cui spesso è associato, sembra essere maggiormente dipendente dalla presenza di conifere ornamentali, di alberi da frutta e da ampie zone aperte con vegetazione erbacea ruderale. In Sicilia ha variato il luogo di nidificazione, dagli ulivi cui era solito, verso la formazione a cespuglio di Bougainvillea spectabilis, per difendersi dai predatori, come la Gazza ladra(Pica pica).

Di solito il nido è posto ben inserito tra le sottili ramificazioni o biforcazioni periferiche della chioma degli alberi, o tra le piante rampicanti, in prevalenza su piante ornamentali o da frutto, in particolare Cupressaceae e Rosaceae, molto frequente su Prunus dulcis.

La costruzione del nido è un elemento molto singolare tra le attività riproduttive degli uccelli, ma le circostanze in cui avviene sono assai diverse, e particolarmente, tutte le fasi intermedie esistono tra una costruzione lunga e precisa di nidi elaborati e una sistemazione di dispositivi sommari.

Quello del Cardellino – edificato dalla femmina, che ne sceglie il sito sulla biforcazione dei rami – è dalla forma a coppa, arrotondato, ben curato ed elaborato, intessuto con erbe secche miste ed avizzite, fibre, radichette e piumino vegetale; all’esterno guarnito con ragnatele e licheni, inoltre internamente con infiorescenze, crini e peli, e ancora amenti a grappolo di Quercus, Salix, e Populus.

Depone ad intervallo di un giorno, tra la prima metà di aprile a luglio, raramente ad agosto, in Sicilia da marzo, nord Italia dalla seconda metà di aprile sino a luglio. Finlandia dalla prima metà di maggio; mentre in nord Africa metà di marzo. Le covate possono essere due o tre nella stagione e con qualche covata di rimpiazzo in funzione di eventi naturali o altro.

Le uova liscie e lucide, da due a sette di colore azzurro chiaro; i giovani schiudono da esse a due settimane, implumi e cechi e dopo 18 giorni sono pronti per l’involo, ma restano nei pressi del nido per lo svezzamento finale almeno per altri venti giorni, senza più frequentare l’interno del nido, in quanto la mamma è pronta per una successiva deposizione.

Sono possibili anche due o tre covate, incubate dalla sola femmina per 11-12 giorni dall’ultimo uovo, alimentata al nido dal maschio.

Prevalentemente vegetariano, solamente in primavera ricerca Coleotteri, Lepidotteri, e Ditteri, ma in minima parte e solo per il fabbisogno energetico, che risulta aumentato nel periodo degli amori, corteggiamento e allevamento della prole, mentre i nidacei vengono alimentari con semi e data la conformazione del becco a pinza, gli è permesso di raggiungere i semi dello spinoso Cardo rosso (Carduus nutans) e Cardo  asinino (Cirsium vulgare), fluorescenze disponibili dalla primavera alla fine estate. La dieta è anche rappresentata dal Tarassaco (Taraxacum officinale), e le erbacee del genere Senecio, Centaurea e la Bardana maggiore (Arctium iappa). Agli inizi si settembre scarseggiando i semi delle precedenti citate piante, i Cardellini si rivolgono a semi di altre essenze del genere Dipsacus, Alnus e Betula.

Gradisce anche semi ancora verdi di: Agrimonia eupatoria, cicoria comune (Cichorium intybus), romice o Lapazio (Etimo greco-bizantino da Λάπαζον), genere (Rumex), crespigno degli orti (Sonchus oleraceus) e girasole, ma gradiscono anche germogli e foglioline di Cipresso (Cupressus) ed il Ginepro (Juniperus).

Nelle gare di canto in mostra emette con giusti tempi e scansione calibrata, un suono in sequenza: pliò-ble blè-zipè-ziò ed inoltre zipè-ble ble-ziò, a differenza il selvatico, per quanto sia armonioso e gradevole, non assomiglia al canto del ”cugino” in ambiente controllato, probabilmente per una origine ereditaria, dovuta alla necessità di comunicare par segnalare eventi di allarme o concitazione tra maschi.

Variabilità geografiche:

1° gruppo Carduelis  carduelis

C.c. britannica (Hartert, 1903); Gran Bretagna, Francia sett.le e Paesi Bassi.

C.c. parva (Tschusi, 1901); Penisola Iberica a sud Pirenei, isole Baleari, nord Africa, isole atlantiche Azzorre Canarie.

C.c. tschusi (Arrigoni degli Oddi,1902); Corsica, Elba, Sardegna, Sicilia, Campania.

C.c. balcanica(Sachtleben,1919); Penisola Balcanica, Romania, Turchia, Creta.

C.c. niedieki (Reichenow, 1907); Medio Oriente.

Cc. brevirostris (loudoni) (Zarudny, 1889); Crimea, Caucaso, Crimea, nord della Turchia ori.le e Iran occ.le.

C.c. colhica (Koudashev, 1915); Caucaso e Crimea, nord-est Turchia.

C.c. volgensia (Buturlin, 1906) Ucraina, Russia, Kazakistan.

C.c. frigoris (Wolters, 1953); Il Cardellino già major, Siberia, est Urali e monti Altai sino a sud di    Semipalatinsk.

2° gruppo Carduelis caniceps

C.c. poropanisi (Kollibai, 1910); Turkimenistan, dall’Iran alla Cina nord-occidentale.

C.c. subulata (Gloger, 1833); Kazakistan, centro Siberia, Mongolia.

C.c. caniceps (Vigors, 1831); Himalaya, Pakistan, Tibet, Nepal.

Note d’allevamento in ambiente controllato

Prima di cimentarsi nell’allevamento del Cardellino, occorre scegliere soggetti di tipologia selvatica tipica del medesimo areale (stessa popolazione d’origine), affinché essi dopo un periodo di adattamento possano agire in armonia e comprendersi anche vocalmente (vi possono essere dialetti locali non dimenticati).

Adatte una gabbia all’aperto o mini voliere da canarino, con dei posatoi che agevolino il volo e con una parte laterale coperta per evitare correnti. Cosa buona sarebbe porre due o più lati dei rami di quercia o pino, al fine di rendere “camouflage” la gabbia.

L’alimentazione invernale può andare bene la miscela per canarini con aggiunta minima di semi piccoli di girasole e semi di cardo. Utile dei biscotti sbriciolati tipo savoiardi. La fettina di mela, osso di seppia, un po’ di radicchio.

Nel periodo che porta alla primavera integrare con le erbe selvatiche raccolte nei campo come il Tarassaco da cambiare giornalmente, il centocchio ancora verde, e spighe immature di varie erbe graminacee tra queste ultime la più gradita è  la Dactalys  glomerata, cardo selvatico che cresce da marzo sino a settembre, non ultimo il sorgo selvatico, Sorghum halapense, pianta erbacea delle famiglia delle Poaceae  molto diffusa, originaria del mediterraneo, specie infestante ed invasiva, da servire verde. Le piante danneggiate dal caldo o freddo sono da escludere in modo assoluto.

Per la costruzione del nido fornire: sfilacci di juta, del cotone idrofilo sfilacciato e dei licheni, muschi, crini e perché no, ragnatele. Alla deposizione delle uova, specialmente per una primipara, sostituire le uova con altre finte, per poi a deposizione ultimata rimetterle a dimora nel nido.

Per i giovani allo svezzamento e aumentare l’apporto proteico fornire afidi, quelli di veste bruno, verde o rosa, evitando quelli scuri; inoltre ogni utile cibo che il singolo allevatore per propria esperienza ha già sperimentato, la varietà delle sostanze è comunque di sicuro impatto positivo sulla crescita.

Attenzione, la somministrazione di alimenti contenenti carotenoidi è determinante contenendo il giallo delle remiganti analoghi carotenoidi del rosso della maschera; la differenza del colore, come precisato sopra, è dovuta al particolare legame tra cheratina e carotenoide, che sposta il colore giallo verso il rosso. Sappiamo che i carotenoidi sono pigmenti dotati di ampia diffusione, il più conosciuto è il carotene che dà colore alle carote, mentre il pomodoro è colorato di un altro carotenoide, il licopene. I carotenoidi – responsabili della colorazione di molte piume – sono presenti anche nelle foglie verdi, semi, germogli e frutta! Ecco perché la somministrazione di erbe selvatiche verdi ricche di questo elemento, favoriscono specialmente nel Cardellino, in base alla concentrazione di caroteinoide, la colorazione tanto da farlo apparire giallo o rosso nei punti diversi del piumaggio. Da escludere, ovviamente, la colorazione artificiale che renderebbe arancio la barratura alare.

In ultimo a tutti gli allevatori sia di sprone questo trattato se pur breve, ma condensato di notizie che mi hanno coinvolto, e possa essere nota per migliorasi  . . . purchè ci si doti di un sacchettino di umiltà e buone speranze !

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Allevare uccelli del Paradiso con la dottoressa Alicia Solis Aguirre

Paradisea rubra (Daudin, 1800), disegno originale di: Lith. Ansi. v. C. Schach in Stuttgart

paradisea rubra

Le sterminate foreste vergini della Nuova Guinea e delle isole adiacenti ospitano un mondo vegetale ed un mondo animale dalla inesauribile dovizia di forme e colori, e la meraviglia più grande di questo ambiente naturale sono gli uccelli del Paradiso. Non ci si deve meravigliare se alcuni dotti del tempo ritenevano che si trattasse di uccelli divini, viventi perennemente nell’aria, lungi dagli sguardi umani, che si nutrissero e dissetassero unicamente con la rugiada del cielo e cascassero a terra solo dopo morti.

Ma  queste credenze si protrassero per molti anni ancora anche nel 1522 allorquando il diario di bordo  del Pigafetta sulla nave “Vittoria”, secondo ufficiale di Maggellano, così recitava” . . .questi uccelli non volano mai, solo se c’è vento li chiamano “bolon dinata”1 che significa Uccello di Dio, sono della grandezza di un tordo,hanno becco lungo non possiedono ali, ma hanno al loro posto lunghe penne ornamentali dei più svariati colori, simili a piume . . .” si trattava di Paradisee papuane  generalmente  conosciuta fra gli ornitologi ,mentre il vero nome è Paradisea minor ( Shaw, 1809 ) . Lo stupore degli studiosi di quei tempi non fu solo il manto setoso delle penne, ma anche che le tinte originali non deperivano dopo la morte.

Per molti anni ancora e solo nel 19° secolo s’iniziarono le prime ricerche scientifiche sulla natura di questi superbi  uccelli, con lo zoologo Alfred Russel Wallace, contemporaneo di Darwin, il quale effettuò nel 1857 con una imbarcazione malese un viaggio esplorativo nelle  remote isole Aru. L’era delle scoperte toccò l’apice verso la fine del diciannovesimo secolo, tanto che era usanza di dedicare a nuove scoperte di animali alle teste coronate, si assistette così al battesimo del Ptiloris Victoriae, della Paradisea Guilielmi e della Paradisea Augustae Victoriae. Non Mancò anche al francese Charles Lucien Bonaparte, nipote del grande Napoleone e repubblicano per la pelle, di intitolare e descrivere l’uccello Repubblicano del Paradiso (Diphylloides respublica, Bonaparte, 1850)2.

La coppia presa in esame per la riproduzione dalla Dottoressa Alicia  Solis, è la Paradisea rossa (Paradisea rubra), alloggiate in una grande voliera ambientata con alberi e piante tropicali, come Impatient walleriana conosciuta anche come gamba di vetro per la fragilità dei suoi fusti, il Ficus benjamina, Ficus pumila , pianta tropicale d’appartamento conosciuta con il nome di Fico rampicante , Ficus repens anch’essa rampicante, Scheffiera arboricola dai fusti alti e flessibili con foglie grandi, Thuntergia alata pianta rampicante sempreverde chiamata Susanna dagli occhi neri, e tra i rami di esse è molto importante inserire dei rami spogli in obliquo e orizzontale, ove possa il maschio iniziare i balli.

La voliera dalle misure di circa dieci metri per una larghezza di dodici metri, in cui determinante è l’altezza di circa quattro metri. Questa grande voliera divisa in due (da una parte il maschio, dall’altra la femmina) e comunicante attraverso un tunnel di rete della misura di 60 cm lunghezza x 30 cm larghezza x 30 cm. Tale stratagemma servirà per far sì che il maschio ancora costretto nella sua metà, inizi il corteggiamento con una serie di balletti detti in dialetto indigeno “sacaleli”, cioè il ballo nunziale di richiamo che ha luogo con un richiamo, acuto ed aspro uook-uook-uook, e conclude con toni alti ca-ca-ca-ca-ca-ca, seguito poi da movimenti frullanti delle ali, su di un ramo accuratamente ripulito da fogliame e detto arena. A poco a poco l’uccello raggiunge uno stato di eccitazione sempre crescente finché, ad un dato momento, si compie un meraviglioso cambiamento, come se un estroso mago avesse toccato con la sua bacchetta magica il maschio, e le ali brune si drizzano in alto, le code si abbassano e si schiacciano in avanti, si ergono a mo’ di fontana i ciuffi delle piume ornamentali, fini come seta e tinte di giallo oro verso l’occipite, per poi ricadere sul dorso in soffice arco. In questa posizione il corpo dell’uccello resta teso per un certo tempo, mentre le ali frullano e un leggero tremito serpeggia lungo la coda ondulante. Poi inizia a saltellare emettendo il solito gracidio forte, spiega le penne in tutta la sua bellezza e dà inizio ad una danza selvaggia e di fascino quasi irreale. Quando il fuoco dell’eccitamento raggiunge il culmine, subentra un nuovo plastico cambiamento. Di colpo il corpo viene spinto in avanti, le ali si aprono a ventaglio fino a formare uno scudo chiuso davanti al capo chino, le penne ornamentali si drizzano rigide verso l’alto. Questo stadio simile all’estasi, l’uccello in amore fa’ sfoggio ancora del massimo della magnificenza cui è dotato, resta fermo alcuni secondi, rigido nella posizione finale assunta, poi si rialza, e comincia di nuovo con instancabile lena, ripetendo tutte le figure della danza.

Tanto preso dalla frenesia del ballo, nulla riesce a distrarlo, in questo momento si apre il tunnel per favorire il passaggio verso la femmina o viceversa, la quale assisteva colpita alla parata; Maschio e femmina restano assieme solo per un breve tempo, quel tempo per consumare il “pasto”. Effettuato il passaggio in voliera unica, essi restano ancora insieme per due o tre giorni, poi vengono divisi nuovamente. Il maschio in natura riprende le sue danze per cercare di attirare più femmine e copulare nuovamente, ma è noto comunque che il maschio esaurisca il suo amore nello sfoggio della propria bellezza e sia poi completamente dimentico dei doveri di padre; pertanto tutto ciò che concerne la cura della prole, la costruzione del nido fino al nutrimento dei piccoli, ricade unicamente sulle “ali” della femmina.

Il nido viene costruito all’interno di un predisposto cesto di vimini intrecciati di circa di 20 cm di diametro e 10 di profondità, in cui vengono deposti pezzi di piante di Ficus. Il compito della madre è in un certo qual senso è facilitato del fatto che le nidiate, in generale non contano più di due uova, incubate per 14-17 giorni, e che poi alimenta sino all’involo per circa 20-25 giorni. Raggiungerà il completamento della livrea solo dopo il sesto anno di età.

Possiamo dire che anche nelle nostre terre vi sono uccelli che si comportano in modo eguale alle paradisee cioè sono poligami, lasciando alle femmine meno appariscenti il compito dell’allevamento: il fagiano di monte (Lyrurus tetrix) e l’urogallo (Tetrao urogallus).

Due curiosità interessanti da conoscere: in natura è possibile che si abbiano ibridi da accoppiamenti derivati da extra-specie di paradisee, Paradisea mixta Rotschschildi 1921, Paradisea minor x Paradisea raggiana; Paradisea minor f. x Paradisea apoda augustea-victoriae Stresemann 1930. La circostanza che i bastardi non siano poi tanto rari in natura, ci lascia intravedere il pericolo di elevate eterogenee mescolanze per gli uccelli che non vivono regolarmente in coppie. Questi soggetti prodotti dagli accoppiamenti extra-specie sono riconosciuti alfine per tali, e rappresentano uno dei più movimentati capitoli nella storia delle scoperte nel mondo degli uccelli del Paradiso.

La leggenda narra che gli uccelli del paradiso erano assenti di zampe, in quanto avevano la possibilità di appendersi ai rami con le loro lunghe penne, ed i soggetti che furono donati dagli indigeni ai primi esploratori erano proprio privi delle zampe e delle ali, poiché era costume che a seguito di affumicatura della pelle, privi anche di interno, venissero imbalsamati. Anche il Linnaeus, già nel periodo più fulgido degli studi naturalistici, chiamò un genere di “tsiankar”3 con il termine scientifico di Paradisea apoda, Uccello del paradiso senza zampe. Solo nel 1994, il farmacista Renè Lesson, chiarì il mistero, scrivendo in un ampio rapporto circostanziato , smentendo tutte le credenze del passato.

Oggi attraverso le esperienze della dottoressa Alicia Solis Aguirre presso la Fundacion CAZ in Cile, abbiamo la possibilità di redigere un documento-protocollo, che illustri in ogni sua parte del progresso di allevamento di una coppia di Paradisea rubra in ambiente controllato, con la sequenza fotografica e con particolari di piccoli sino allo svezzamento completo. Questo uccello il cui nome scientifico deriva dal latino ruber-a-um, in riferimento alla colorazione rossa delle piume da cui è derivato il nome comune scientifico; dal peso di 110-224 gr., misura 30-33 cm di lunghezza nel corpo e complessivi 70 cm con la lunga coda. Uccello robusto, durante il periodo non degli amori, trascorre il tempo in solitario sulla canopia delle forestetropicali intorno i 600 slm, in ricerca di cibo. Presente sulle isole Waigiou, Ghemien e Batanta , gruppo delle Raja Ampat, dove vive in simpatria con la Paradisea repubblicana.

Alimentazione. Sono uccelli largamente frugivori, la cui dieta viene integrata con alimenti di origine animale, come insetti o Entomi e piccoli invertebrati.

 (Lettura foto: da sinistra verso destra – dall’alto verso il basso)

Scheda di allevamento, con protocollo per allevamento a mano, e sequenza foto.

Note
  1. Capitolo 4, pag. 43 (Pigafetta, 1987:35 ), They call them bolon dinata.
  2. Così recitva Buonaparte quando dedicò l’appellativo alla Paradisea repubblicana: ”Ci sono scrittori che si danno ogni pena per battezzare le loro specie più belle con i nomi dei principi; io, che me ne rido dell’autorità di tutti i principi del mondo ,ho adornato questo splendido uccello del paradiso con il nome della repubblica,; di quella repubblica che sarebbe essa stessa un paradiso, se non fosse trasformata in inferno dalle sordide mene e dall’egoismo di un sacco di repubblicani  indegni di tal nome. Così, siccome non è possibile avere una repubblica paradisiaca, ci sia almeno una paradisea repubblicana”
  3. Tsiankar, nome attribuito dagli abitanti della Paupasia alla Paradisea minor.
Bibliografia consultata di proprietà dell’autore:
Dra.Alicia Solis Aguirre,Keeping and breeding of bird of Paradise,2015.
Bulletin of the British Ornitologist’Club, 41, p.127, 1921.
Novitates Zoologicae, 36, p. 14,1930.
E.Fuller, The lost birds of Paradise, 1995.
T.Iredale, Birds of Paradise & Bower birds, 1950.
O.Beccari, Nuova Guinea, Selebes e Molucche: Diari di viaggio, 1924.
D.G.Elliot, Monograph of the Paradiseidae,1873.
W.T.Cooper, The birds of Paradise and Bower birds,1977.

Testo e adattamento G. Petrantoni, Foto e protocollo Alicia Solis Aguirre & Foundazion CAZ, Chile

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