Tributo a Calogero Baglione, l’Italiano del canarino Timbrado spagnolo

Mi corre l’obbligo morale “ornitologico” di rendere omaggio a un piccolo grande uomo, Calogero Baglione, che, con propria passione e sacrificio, ha dedicato per circa quaranta anni la sua vita all’amore per il canto del canarino Timbrado, facendolo conoscere ed apprezzare in tutta Italia

Questo stupendo cantore nasce e viene selezionato in Spagna, ai primi del ‘900, dal Canarino Sassone e dal Canarino primitivo spagnolo e viene denominato “il canarino de Pais”. Al tempo poco conosciuto e scarsamente diffuso nella sola penisola iberica;

Piccolo di taglia, 12-13 cm, dal colore verdastro con screziature verdastre sul dorso e a volte pezzato di giallastro, il Timbrado è un canarino rustico, molto somigliante al selvatico. La razza è stata riconosciuta ufficialmente soltanto nel 1962 dalla Commissione Ornitologica Mondiale. Il suo canto comprende un ampio registro tonale alto e squillante, dalla melodia molto varia e dal ritmo lento , chiaro e continuo che in sintesi caratterizza questa razza, tanto che le è stato attribuito il titolo di “el gran tenor” anche perché capace di rendere la scala musicale, composta da sette suoni, piacevole e familiare al nostro orecchio canto da internet

Dopo questa breve descrizione del Timbrado, passiamo alla passione e alla dedizione di Calogero Baglione. instancabile allevatore, che ha investito tempo e denaro in questa passione.

Certo, quarant’anni fa, quando Calogero ha iniziato bisognava cercare i contatti giusti in Spagna che, per quanto vicina, era pur sempre lontana. L’occasione giusta nasce, verso la fine degli anni Settanta, quando fu pubblicato un articolo che descriveva l’abilità nell’allevamento dei piccoli delle femmine di Timbrado, ottime balie, mentre al maschio si riconoscevano doti di eccellente cantore.

Si tenga presente che al tempo solo l’Harzer roller ed il Malinois waterslager erano cantori riconosciuti come razze da canto da porre a gara!

Nello stesso anno (1970) dopo attente ricerche si venne a sapere che un importatore di frutta di Bardonecchia, possedeva delle femmine di Timbrado che utilizzava come balie per il proprio allevamento di canarini.

Il passo per il signor Baglione dal dire al fare fu brevissimo: riuscì ad ottenere la cessione di alcune femmine, ma queste erano solo le prime mosse, o meglio i primi passi, per raggiungere un obiettivo ben più alto.

In primis egli compì un atto determinante, l’Iscrizione alla Federazione Ornitologica Italiana, che gli consentì di essere incluso nel Registro Nazionale Allevatori, e di ottenere il proprio numero identificativo e, in seguito, di completare e formare le coppie.

Per un uomo loquace, generoso, paziente, attento, rispettoso e di elevata integrità quale è Calogero Baglione, questo percorso fu l’inizio di un indissolubile connubio con l’altrettanto dirompente canarino che, per la sua potenza canora e le sue note squillanti , è capace di attrarre anche il più distratto allevatore.

Il dado è tratto, come suole dirsi, e per Calogero inizia l’avventura: comincia a girare per mostre vicine e lontane per far conoscere il Timbrado e condividere i propri successi di allevatore/sostenitore, tanto che fu un successo per i giovani cantori, che raccolsero risultati di tutto rispetto.

In queste poche parole ho voluto dare un giusto merito ad un uomo che ha creduto e spesola propria vita per un altrettanto canarino meritevole, il “Timbrado made in Italy”.




Osservazioni e studio dell’ Upupa epops, Linnaeus, 1758

Hoopoe (GB), Huppe (F), Wiedehopf (D), Abubilla (S), Upupa euroasiatica (I), Hoephoep (Afrikaans), Upupa epops (scientifico), Upupa euroasiatica (I).

La presenza dell’upupa in Italia ed in particolare in Lombardia, dove vivo, cosa che mi ha spinto a vergare questa ricerca/osservazione su questo unico Coraciforme, e che ho potuto fotografare anche in terra di Israele al rientro dalla migrazione autunnale dall’Europa. Lo stesso è uccello nazionale dello Stato Israeliano dal 2008.

Il nome scientifico upupa deriva dall’onomatopea latina del verso che i maschi emettono, mentre epòps è il nome antico greco.

Durante il periodo di svernamento nel Nord-Africa sino alla fascia equatoriale, l’upupa mantiene un erratismo solitario sino a quando non inizia la migrazione dalla fine di febbraio verso il continente europeo. La forma tipica si ferma nell’Europa meridionale, sulle isole del Mediterraneo, in Medio Oriente, sino all’India nord-occidentale. Le altre sottospecie sono diffuse in Egitto, gran parte dell’Africa e Madagascar.

Il suo habitat preferito è costituito da zone alberate di campagna nelle vicinanze o meno dei villaggi, ambiente condiviso con altre specie come il Picus viridis e le civette.

L’upupa si riconosce facilmente dal ciuffo erettile caratterizzato da bordi neri, ciuffo che solleva e abbassa a seconda dei vari stati emotivi. Lunga circa 27 cm , poco più di un merlo nostrano, porta un becco particolare, più lungo della testa e ricurvo verso il basso, di colore nerastro con base e mandibola inferiore grigiastre. La livrea è di un bruno rosato, più carico nelle parti inferiori e nel ciuffo; inconfondibili sono ali e coda vistosamente barrate di bianco e nero, mentre il sotto ala ed il sotto coda sono biancastri.

Nel volo la barratura è decisamente inconfondibile e, insieme al ciuffo, è un elemento di individuazione certa dell’uccello. Quando l’upupa appare, il suo volo irregolare e le ali aperte, arrotondate e vistosamente barrate di bianco e nero, fanno ricordare una grande farfalla; i battiti delle ali si susseguono rapidamente, si arrestano per poi riprendere subito; la linea che descrive è ondulata e a balzi verticali.

La femmina è molto simile al maschio, ma il petto sfuma molto verso il bruno. I giovani hanno l’interno della bocca rosa con margini esterni bianco-cera.

Il maschio durante tutto il periodo della riproduzione emette una vocalizzazione continua e monotòno di due o tre sillabe soffici del tipo hup-hup-hup oppure bu-bu-bu-,u,pu-pu-pu e contemporaneamente compie un movimento del capo verso il basso. Il suono è udibile a grande distanza ma, verso maggio, diventa meno intenso in concomitanza del termine della cova.

Per fare nidificazione l’upupa predilige occupare i contrafforti isolati e caldi delle zone di pianura e collinari nelle vicinanze di pascoli ma ama anche usare filari di salici, querce, oliveti e piccoli vari boschetti. E’ stata osservata usufruire perfino di tombini in cemento a terra ! Può nidificare anche all’interno di una loggia già nido di picchi, in interni di costruzioni rustiche abbandonate e in granai mentre non occupa zone di montagna.

Il periodo di riproduzione ha inizio quando il maschio comincia con l’incessante canto a cui prima facevo cenno e, prescelto il luogo di nidificazione, dà luogo a corteggiamenti e parate nuziali con l’offerta di cibo, seguiti dalla copulazione.

La femmina non prepara alcun allestimento all’interno del nido e depone le uova in quella parte del fondo nido più riparata. Depone da cinque a sette uova, talvolta sino a nove, di forma ovale e di colore grigio, sfumate di verdastro o brunastro, che la sola femmina cova per diciotto giorni mentre il maschio attende la schiusa quando poi collaborerà nell’ alimentazione. Nel giro di un mese circa i giovani prendono il volo e permangono con i genitori sino a quando essi non intraprendono una successiva covata stagionale.

L’Upupa ricerca nutrimento generalmente sul terreno, dove si muove con piccoli saltelli e a mezzo del suo ricurvo becco ricerca insetti, rimuove lo sterco degli animali per cercare insetti e larve. Soprattutto è l’unico animale che si ciba delle processionarie in quel particolare momento della metamorfosi in cui sono scese dalla cime degli alberi in processione e si sono interrate per subire l’ultima trasformazione prima di diventare falene. In questa fase l’Upupa riesce a scovarle e a usufruirne cibando i piccoli al nido, senza che le spore velenifere possano aggredirla. E’ tipico che essa uccida le piccole prede con qualche colpo di becco per poi pulirle dagli involucri chitinosi. Non disdegna nemmeno coleotteri e loro larve, ortotteri (grillo e grillo talpa), bruchi, ditteri, formiche, lumache, miriapodi e ragni. Le parti non digeribili della preda vengono poi rigettate sotto forma di boli.

Variabilità:

Upupa epops epops, Linnaeus, 1758;

U.e.saturata, Lonnberg, 1909, Manciuria e nord Cina;

U.e.orientalis, Baker.1921, Nord ovest India;

U.e.major, Brem, 1855, Egitto;

U.e. ceylonensis, Reichenbach, 1853, centro sud India, Sry Lanka;

U.e.longirostris, Jerdon, 1862, Assam sino alla penisola Malay, Indocina, Sumatra;

U.senegalensis senegalensis, Swainson, 1837, Senegambia, Etiopia, Uganda, Somalia;

U.senegalensis waibeli, Reichenow, 1913, Camerun, Uganda, Kenia;

U.africana , Bechstain, 1811, Rep.Dem.del Congo, sud del Sud Africa;

U.marginata , Cabanis & Haine, 1860, Madagascar.

Articolo e ricerche di Guglielmo Petrantoni foto gruppo Gerundo

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Il gallo selvatico di Giava Gallus varius, (Sahaw & Nodder, 1798)

In altre lingue: Green junglefowl (GB), coq de Java (F), Vorkstaarthoen (NL); Ayam hutan hijau,Ayamhutan Hijau (Indonesia), Gallo verde (I), Gallo selvatico di Giava (I).

I cosìdetti Galli della giungla sono quattro : Gallus gallus gallus (Linnaeus,1758) Gallo rosso della giungla; Gallus gallus sonnerati (Temminck, 1813) Gallo Grigio sella giungla; Gallus lafayettei (Lesson.1831) Gallo giallo della giungla di Ceylon;Gallus varius, Gallo verde della giungla di Giava.

Il gallus varius , Gallo Nero della giungla anche se nessuno dei due sessi è completamente nero, è detto più frequentemente Gallo Verde poiché, quando le aree nere del piumaggio vengono osservate sotto certi angoli visuali e con luce particolare, appaiono verde luccicante, che altro non è se non un colore strutturale: da notare che il Gallus varius non è più verde di un Minorca nero se è illuminato da luce non appropriata . Il varius ha una cresta completamente diversa dai congeneri selvatici gallus, e si distingue anche per la vocalizzazione, le abitudini e il temperamento

Il gallo verde è detto anche furcatus o forcuus chiamato così da Jardine nel 1836. E’ il selvatico Ayam alas di Sumatra e Giava, specifico pollo della Sonda, descritto da Shaw e Nodder nel 1798. Chiamato Gangegar dai Malesi. Vive nella parte più meridionale di Giava e nelle isole vicine di Alor,Bali, Bawean, Flores, Kangean, Lombok ,Madura, Sumbawa, probabilmente costretto ad isolarsi nelle citate isole a causa dell’innalzamento del livello del mare tre milioni di anni fa.

Le guance sono nude. Il capo è fornito di una cresta semplice senza dentelli, verde azzurra all’attaccatura per poi sfumare in porpora-malva e quindi diventare rossa ai bordi. Porta un bargiglio unico e mediano, rosso alla base, giallo nella porzione più vicina al collo, mentre la periferia è azzurra. Il colore della cresta e del bargiglio sono mutevoli, come accade nel tacchino e in alcuni fagiani, in quanto il colore è di tipo strutturale e non pigmentario.

Le piume della mantellina sono corte e tronche, quasi arrotondate alla periferia , ricordando così le foglie del Ginkgo biloba.

Testa e collo , e parte superiore della schiena presentano piume corte e arrotondate, dotate di riflessi blu e verde metallico, con un orlo nero intenso.

Le piume della parte bassa della schiena e le copritrici della coda sono nero intenso e anch’esse orlate, ma da una striscia giallo pallida. Le copritrici alari sono più slanciate di quelle del collo, con il bordo non giallo pallido bensì arancio-rosso, quasi tendente al ruggine. Petto e addome sono neri. La coda possiede 16 piume, a differenza di tutti gli altri galli , sia selvatici che domestici, ne hanno 14.,

La coda è portata molto orizzontale, quasi allineata al tronco. Tra le copritrici della coda solo due sono particolarmente sviluppate, ed insieme alle timoniere centrali hanno un andamento divergente,conferendo così alla coda l’aspetto di una foca che rende il giallo facilmente identificabile anche da lontano.

Il colore della coda è verde metallico intenso con sfumature blu acciaio a causa della diffusione di Tyndall 1. Becco giallo, tarsi rosa, iride gialla. E’ monogamo in quanto i soggetti vivono in coppia, anche se un gallo si accompagna a tre o più femmine. Non và incontro a muta d’eclissi.

La vocalizzazione è del tutto peculiare , costituita da due note (Bonnaterre: emette un canto acuto, che suona chaw-aw-awk ed emette un cicaleccio tranquillo del tipo wok-wok-wok, mentre il grido d’allarme risuona come chop-chop-chop.La femmina invece emette un richiamo rapiodo kok-kok-kok-kok, ma è anche in grado di emettere un sonoro kowak-kowak.

L’assenza di piume intorno gli occhi dà l’impressione di un cerchio periorbitale. La testa e la parte posteriore del collo sono marroni. La schiena e le copritrici alari sono verde cupo dai contorni oro. Le piume della schiena e del posteriore sono disegnate come nella Cornish fagianata2, le piume della parte superiore del petto sono orlate di scuro, quelle della parte inferiore sono marrone pallido e il resto del piumaggio mostra una barratura irregolare. Tarsi rosa come nel maschio. Iride gialla. Depone uova color isabella, cioè fulvo bincastro. In cattività và tenuto come i fagiani, riparandone il casotto ricovero con vetri o plexiglas durante l’inverno. Le femmine depongono molte uova fino ad una quarantina, anche in autunno e precocemente in primavera. La durata dell’incubazione di 21 giorni e appena schiusi somigliano a pulcini dorati ma di tonalità più calda. Da tenere presente che non temono l’umidità considerato che nel loro paese di origine è a clima temperato umido.

Verso gli anni 1926/27 Delacour in Francia ottenne degli ibridi tra il varius e galline Bantam( Old Game).

E’ già noto da tempo agli indigeni di Giava usino formare ibridi di Gallus varius con i bankiwa e con polli domestici, noti sotto il nome di Gallus temminki, Gallus aeneus, Gallus stramineicollis, e che quel popolo chiama bekisar.

Ciò sta a significare che tutti i galli selvatici producono ibridi fecondi con polli domestici e fra loro.

Questa stagione trascorsa la coppia ha deposto cinque uova feconde , due dei cinque nati sono scomparsi dopo dieci giorni e uno preso al volo da un gatto (ndr), infine ne sono rimasti un maschio ed una femmina. Spero che l’anno successivo la produzione in luogo protetto ed ambientato possano aversi molti soggetti di questo unico gallo della foresta , che si diversifica per caratteristiche dagli altri tre selvatici !

Per quanto attiene nello specifico allevamento in ambiente controllato di questo “fantastico” gallo, rimando il lettore all’articolo particolareggiato vergato dal dott. Massimo Amboini, (AIFAO.  Agosto 2014) esperto sull’ animale citato e sicuramente degno di una attenta lettura.

  1. Si tratta di un effetto o meglio un fenomeno di diffusione della luce dovuto alla presenza di particelle, di dimensione comparabili a quelle delle lunghezza d’onda della luce incidente. Fenomeno facilmente rilevabile quando per esempio osservando i raggi di luce attraversano sistemi liquidi (gocce di acqua)o pulviscoli (polvere).
  2. Gallo combattente indiano.
  3. Razza spagnola originaria dell’isola di Minorca, un tempo nota col nome di “Spagnola a faccia rossa”.
  4. Ornitólogo, entomologista, zoólogo, naturalista e botánico, Pierre-Joseph Bonnaterre, nato 1752 en Saint-Geniez-d’Ol, Francia.

Articolo Guglielmo Petrantoni, foto degli aventi al diritto.

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Una paradisea spettacolare, cenni storici e allevamento in ambiente controllato Cincinnurus regius (Linnaeus,1758)

Una paradisea spettacolare, cenni storici e allevamento in ambiente controllato
Cincinnurus regius (Linnaeus, 1758)
Gli abitanti di Dorei chiamano questo uccello Saia o Mamberik; quelli delle isole Aru lo chiamano Wowy-Wowy o Goby-Goby; quelli dell’isola di Sorong lo chiamano Mamkoembon, mentre i Papua lo conoscono con il nome di Sopcloo. Fu uno dei primi uccelli del paradiso ad essere conosciuto, sin dal secolo XVI dagli europei , tanto che risulta ancor’oggi difficile stabilire chi sia stato il primo a darne notizia.
Una delle prime rappresentazioni si trova nell’Exoticorum libri decem: quibus Animalium, Plantarum, Aromatum, alioramque peregrinorum Fructuum Historiae describuntur, pubblicato a Leida nel 1605. A p. 362 è effigiato un esemplare di Cicinnurus, in pelle. Il Clusius lo descrive come assai raro, portato in Europa dalle spedizioni olandesi che facevano vela da Batavi, precisamente dalla spedizione del 1603.

Il nome scientifico deriva dall’unione della parola latina cicinus, ricciolo e dalla parola greca ουρα (oura) coda, pertanto si ha “coda a ricciolo”.

Mentre regius sta per reale. A tal proposito la discendenza del nome, gli autori del passato che videro questa straordinaria creatura, tentarono in tutti i modi di descriverla, narrando, fra il resto, favole inverosimili come quella che guidassero i veri Paradiseidi alla ricerca dell’acqua da bere, priva di pericoli e non avvelenata dagli uomini, che usavano questo inganno per catturarli: per tale leggenda questo alato fu appunto chiamato “Re degli uccelli del Paradiso”.

L’aneddoto, dato per inverosimile, è riportato dal Buffon, “Adotto questo nome dall’appellativo indiano di Manucodiata, che sta a significare “Uccello di Dio”. Viene solitamente chiamato Re degli uccelli del paradiso, ma questo nome è tratto da narrazioni fantasiose.

Clusius venne informato dai marinai, secondo una tradizione orientale, che ognuna delle due specie di uccello di paradiso ha un suo capo, i cui comandamenti sono ricevuti con sottomessa obbedienza da tutte le restanti schiere e che la Maestà vola al di sopra dello stormo; dà ordini, controlla ed assaggia le sorgenti, dove si può bere con tranquillità, ecc…” Buffon ricorda che gli indigeni, talora, catturano interi stormi di uccelli, avvelenando le fontane.

Questa la rappresentazione dell’Edwards.

Questa è l’immagine del Seba.

Fra tutti i Paradiseidi nessuno supera questa gemma della natura, per il bellissimo e sgargiante piumaggio. L’area di distribuzione oltre a quella delle isole Aru, è l’isola di Mysol e la Nuova Guinea al di sotto dei 400 m slm. Lesson riferisce di averlo osservato, durante il suo viaggio nella grande isola, anche in quelle località dove vive la Manucodia , riferendo che questo uccello ama starsene sugli alberi di Teck, ove protetto dalle grandi foglie, si ciba dei suoi frutti carnosi che costituiscono il loro principale cibo,e di frutti di Uva crespa.
Una rappresentazione assai accurata si trova nell’Edwards, nel suo Book of rare birds, con il seguente testo descrittivo: “Uccello del paradiso minore” Tutti questi uccelli ci vengono portati da alcune o altre parti delle Indie orientali; ma principalmente, secondo le informazioni, dalle Isole delle Spezie, possedute dagli Olandesi. Quello, dal quale è tratto questo disegno, era un eccellente esemplare essiccato, conservato al Museo della Royal Society a Lontra, nell’anno 1742. Penso che questo uccello sia stato descritto dal nostro connazionale signor Willughby, nella sua Storia degli uccelli, ma poiché il mio esemplare differisce parecchio dalla sua descrizione, penso che si tratti di un esemplare migliore. E poiché le figure del Willughby sono molto piccole e sommariamente disegnate, spero che questa sia più accettabile.
Ho trovato anche una immagine di questo uccello in una Storia Naturale pubblicata ad Amsterdam da Albert Seba, che differisce un poco dalla presente: ma, poiché questa grande e dispendiosa opera difficilmente può capitare nelle mani di molti connazionali, ciò non mi ha trattenuto dal pubblicarne l’immagine e la descrizione. Seguo il Willughby conferendo il titolo di “reale” a questo uccello, nonostante creda che il grande uccello del paradiso, precedentemente descritto, meriti maggiormente questo onore”.


L’Elliot, nella sua monografia sugli uccelli del Paradiso  sostiene che nessun altra paradisea superi “questa piccola gemma nella bellezza e brillantezza del piumaggio”. Per quanto sia sempre stato molto desiderato nelle collezioni, pubbliche e private, e tutti i viaggiatori che hanno visitato quelle isole hanno tentato di procurarlo, si conosce assai poco, se non nulla, sui suoi costumi (Elliot scrive nel 1873). Il Wallace, quando ne ricevette uno ebbe a dire: “L’attendente Baderoon tornò un giorno con un esemplare, che mi ripagò per mesi di ritardo ed attesa”. Anche l’Elliot ricevette un esemplare, in pelle, privato delle zampe dai nativi e “l’emozione coglie la mente del naturalista, che ha così a lungo desiderato vedere questo animale, del quale ha letto solo le descrizioni, e vederlo supera la immaginazione, ci vorrebbero facoltà poetiche per poterlo descrivere pienamente”.

In altre lingue : King Bird of Paradise (GB); Konigsparadiesvogel (D); Paradisier roial (F); Konigssparadijsvogel (NL); Burung dewata raja (Indonesia).
Confinato sulle isole Aru,Indonesia,Misool, Alawati e Batanta nell’ovest delle isole papuane, Iran Jaya, Mees ne ha tracciato solo due specie ,C.r.cincinnurus e C.r.coccineifrons.
Di diverso avviso è l’ornitologo Gillard che ne cita sei sottospecie ma non dà riferimenti sulla diversità dicendo che sono molto simili:
1.C.r.regius (linnaeus,  1758) confinato esclusivamente sulle Aru e Indonesia;
2.C.r.rex (Scopoli, 1786) Il maschio adulto come il regius, ma la parte frontale della testa è scarlatta invece che rosso – arancio. Queste presunte distinzioni delle sottospecie accadono a Misool, Salawati e Batanta nelle isole occidentali di Papua.
3.C.r.gymnorhynchus (Stresemann,1922 ) Il maschio adulto come il regius ,ma leggermente più piccolo. Confinato nella costa nord est del golfo di Huon.
4.C.r.similis (Stresemann,1922 )Sempre il maschio simile al regius, ma verde – nero. Si trova nel nord della Nuova Guinea dalla baia di Astrolabe e lungo le rive del Ramu in Nuova Guinea, ad ovest della baia di Humboldt e nei pressi delle sponde del fiume Mamberamo, Irian Jaya; probabilmente non separabile del tutto dal C.r. coccineifrons.
5.C.r.cryptorhynchus (Stresemann,1922) Il maschio adulto simile al cocineifrons, ma meno brillante; presente solo nella parte più a est della Geelvink Baye nei pressi le montagne che costeggiano il fiume Memberamo, Iran Jaya,
6.C.r.coccineifrons (Rothschild,1986)Sempre simile al regius, ma verde-nero. Ristretto nell’isola di Japen, nella baia di Geelvink, IranJaya.
Tutte le femmine delle sottospecie sopra citate sono estremamente simili tra loro, senza differenze sostanziali tali da farne citazione.
Vocalizzazione: un suono nasale variabile kyer-keyer-keyer-keyer oppure un altro qua-qua-qua, qualche volta di gola e altre volte più fischiato. Vive non oltre i 500 m di altitudine.
Passeriforme della famiglia delle Paradisee, presenta uno spiccato dimorfismo sessuale, si riproduce tutto l’anno ed è il maschio solitario e poligino, cioè instaura rapporti di relazione con più soggetti femmina.
Da ciascun lato del petto e disposte ordinatamente sotto le ali c’erano due piccoli ciuffi di penne grigiastre lunghe circa due pollici, ciascuna terminante con una larga banda di colore verde smeraldo, queste piume possono essere sollevate o aperte a volontà dell’uccelli a forma di eleganti ventagli quando le ali sono spiegate ma questo non e il solo ornamento, le due ali centrali della coda sono a forma di fili sottili lunghe cinque pollici e che divergono in una bella curva, circa mezzo pollice alla del filo si notano due riccioli di penne solo sull’esterno,colorate di un verde metallico, formando un bottone luccicante pendente , questi due ornamenti (i ventagli e le spirali verdi)sono uniche e non compaiono in nessun altro animale conosciuto, e combinate con la squisita colorazione del piumaggio lo rendono unico in natura.
Essi frequentano gli alberi bassi della foreste meno dense, ed è molto attivo volando con un suono wirring, saltellando di ramo in ramo. Mangia frutti carnosi e sbatte le ali a modo dei Manachini, Sono generalmente monogami, la femmina è meno appariscente. L’ride è marrone e i piedi blu azzurro. Il maschio e testa gola petto ali e l’intera parte superiore è di un profondo rosso brillante e le piume sembrano vetrificate
Le piume della parte frontale del capo si estendono oltre il becco per due terzi della loro lunghezza ,ogni occhio vi è una piccola macchia di verde scuro, il colore del petto è di un colore rosso e sotto più scuro vi è una fascia di un verde iridescente; a questa altezza sono inserite le penne a ventaglio già descritte. Il rimanente petto é bianco puro. La parte inferiore della coda sono grigie con riflessi porpora. Il becco è giallo, piedi e zampa sono blu.


La femmina ha, la testa e le intere parti superiori marrone scuro , i bordi esterni delle secondarie sono rossicce, le parti inferiori rossicce attraversate da barre marrone scuro,più scure ai lati della gola . La coda più leggera che il resto del corpo, le remiganti sono vere oliva, il becco giallo spento, i piedi sono bluastri. I maschi giovani sono marrone giallastro nella parte superiore , mentre le secondarie assomigliano a quelle della femmina, ma con il bordo arancio carico. Sotto gola striato con marrone scuro. L’interparte inferiore marrone.
La coppia di proprietà dell’Oasi di S.Alessio o meglio della Società Ornitologica Pavese, è alloggiata in due voliere attigue ed ambientate con piante tipiche ; sia il maschio che la femmina sono tenuti opportunamente divisi e non si vedono mai. Nel periodo degli amori, dopo che la femmina ha iniziato la preparazione del nido e per la sola copulazione viene aperto lo sportello di divisione per fa sì che i due esemplari possano incontrarsi , per il periodo strettamente necessario. Dopo ognuno nella propria area, la femmina provvede alla cova e allo svezzamento dei pulcini.

Giovane di Cincinnurus nato dalla coppia nel 2018

L’alimentazione curata dal sig Salomon è composta prevalentemente da frutta, e papaia, mirtilli neri e rossi, melograno sgranato e mangime per tucani t 16 durante l’anno e t 20 durante la muta e prima del periodo della riproduzione, il cibo che viene posto a terra in una ciotola bassa e cambiata due tre volte al dì.
La deposizione avviene generalmente con due uova a forma ellittica di colore bianco di circa 27 mm, nella coppia in argomento furono deposte due uova la prima l’11 giugno e la seconda il 13 successivo. La femmina ha iniziato l’incubazione già con il primo uovo da sola senza l’aiuto alcuno. Durante questo periodo si è allontanata dal nido per mangiare solo quattro volte al giorno, Il piccolo nato ha lasciato il nido dopo due settimane dalla nascita e dopo il giorno successivo anche il secondo piccolo si involava. La femmina ha continuato ad alimentarlo, rigurgitando nella gola il cibo pre- digerito, ancora per quaranta giorni circa.

La gestione degli uccelli del paradiso in condizioni controllate deve ricalcare per quanto possibile le condizioni naturali. Queste si possono riassumere, se paragonate con altre specie di uccelli tropicali, come segue:
1) Clima mediamente caldo, ma con discreta escursione giorno/notte ed estate/inverno. Quindi, durante la stagione fredda, anche temperature basse, purché sopra 0° e possibilità di uno spazio a c. 10°. Grandi temperature, “tropicali”, sono sconsigliate perché incoraggiano la formazione di funghi.
2) Importante è il cibo, che deve essere privo di ferro di origine animale (quello di origine vegetale è difficilmente assorbibile dall’organismo). Nonostante tutte le precauzioni, queste specie (come anche tucani, cotingidi, manachini, tangare) assorbono in qualche maniera ferro, che è accumulato nel fegato e provoca facilmente intossicazioni mortali. È pertanto raccomandato, una volta all’anno, un esame del sangue, che porta facilmente a una diagnosi. Meno facile il processo di disintossicazione, che può essere eseguito sotto le cure di un veterinario specializzato. In natura questi uccelli consumano le bacche di alcune specie di Schefflera, che sono ricche di tannini che prevengono l’assorbimento dei metalli.
3) Abbondanza di vegetazione dove gli esemplari possano sentirsi protetti
4) Voliere separate ma comunicanti (senza possibilità di vedersi) per maschio e per femmina. Questo in quanto si tratta di specie nelle quali le femmine, al momento della nidificazione, vanno in cerca di un maschio e, generalmente, lo individuano e scelgono nei lek, quegli spazi nei quali i maschi si esibiscono nelle celebri danze, fatte proprio per attirare le femmine, ma in questa specie, a differenza di altre paradisee, il maschio si esibisce da solo, generalmente eccitato dal canto di altri maschi, fuori vista. Questo porta, in natura, a una certa frequenza di ibridi fra specie affini, perché, quando la femmina non trova il maschio adatto, è disponibile ad accoppiarsi anche con uno di specie affine. A sua volta questo comportamento ha condotto molti dei naturalisti del passato ad identificare come specie diverse e rarissime, esemplari ibridi.
5) Quando la femmina è intenta a costruire il nido (nel caso del Cicinnurus regius essa invece occupa il cavo di un albero) è pronta per essere introdotta al maschio, per tempi brevi: un’ora per due volte al giorno. È pertanto opportuno essere muniti di telecamera a circuito chiuso.
6) Le femmine depongono generalmente due uova che, nel Cicinnurus, sono covate per c. 12 gg. La femmina nutre il piccolo con insetti (nell’Oasi impiegano grilli, cavallette, naturalmente in aggiunta al cibo degli adulti, composto da papaya, mirtilli, melograno e poche crocchette T.20). Dopo c. 15-18 gg. Il piccolo esce dal nido, già in grado di volare. Da questo momento inizia lo svezzamento che deve portare, in c. 2 settimane, all’abbandono degli insetti e all’adozione della stessa dieta degli adulti.
Articolo Guglielmo Petrantoni foto autore con il contributo dell’avv.to Francesco Saverio Dalba

Note:
Edwards: Uccello del paradiso minore Tutti questi uccelli ci vengono portati da alcune o altre parti delle Indie orientali; ma principalmente, secondo le informazioni, dalle Isole delle Spezie, possedute dagli Olandesi. Quello, dal quale è tratto questo disegno, era un eccellente esemplare essiccato, conservato al Museo della Royal Society a Lontra, nell’anno 1742. Ritengo che questo uccello sia stato descritto dal nostro connazionale signor Willughby, nella sua Storia degli uccelli, ma poiché il mio esemplare differisce parecchio dalla sua descrizione, penso che si tratti di un esemplare migliore. E poiché le figure del Willughby sono molto piccole e sommariamente disegnate, spero che le altre siano più accettabili.
Ho trovato anche una immagine di questo uccello in una Storia Naturale pubblicata ad Amsterdam da Albert Seba, che differisce un poco dalla presente: ma, poiché questa grande e dispendiosa opera difficilmente può capitare nelle mani di molti connazionali, ciò non mi ha trattenuto dal pubblicarne l’immagine e la descrizione. Seguo il Willughby conferendo il titolo di “reale” a questo uccello, nonostante creda che il grande uccello del paradiso, precedentemente descritto, meriti maggiormente questo onore”.
Linneo lo chiama Paradisea Regia, Brisson Manucodiata minor, Seba Rex Avium Paradisearum, Buffon Manucode.
Buffon: Adottò questo nome dall’appellativo indiano di Manucodiata, che sta a significare “Uccello di Dio”. Viene solitamente chiamato Re degli uccelli del paradiso, ma questo nome è tratto da narrazioni fantasiose. Clusius venne informato dai marinai, secondo una tradizione orientale, che ognuna delle due specie di uccello di paradiso ha un suo capo, i cui comandamenti sono ricevuto con sottomessa obbedienza da tutte le restanti schiere e che la Maestà vola al di sopra dello stormo; dà ordini, controlla ed assaggia le sorgenti, dove si può bere con tranquillità, ecc… Buffon ricorda che gli indigeni, talora, catturano interi stormi di uccelli, avvelenando le pozze d’acqua.
Manucodia BODDAERT, 1783 è un genere di uccelli passeriformi della famiglia Paradisaeidae

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