Amazzone a fronte gialla di Panama

Nei luoghi di origine l’Amazzone a fronte gialla…





I PAPPAGALLI DALLA LINGUA A SPAZZOLA

Nei lorini, che si nutrono in prevalenza di nettare e di polline, la lingua è dotata all’estremità di una serie di papille setiformi erettili che facilitano la raccolta del cibo, soprattutto il polline, e ha valso loro l’appellativo di pappagalli dalla lingua a spazzola. Queste papille si drizzano automaticamente in avanti quando la lingua viene estroflessa e si ripiegano su sé stesse, scomparendo, quando essa viene retratta o quando deve “manipolare” particelle più consistenti, come bacche.

Lorichetti – arcobaleno

Nei generi Lathamus, Nestor e Loriculus, che sono parzialmente nettarivori, la lingua è priva di papille ma ha l’estremità rugosa o fibrosa.

Angelo Giurdanella, allevatore per passione e per intimo convincimento, di lorius, loriculus e triglogossi, mi ha ricevuto presso il suo , oserei dire , esclusivo allevamento, dove sono tenuti un buon numero di pappagalli dalla lingua a spazzola,  piuttosto rari e che vengono riprodotti con grande successo, Trichoglossus goldi, Trochoglossus rubitorquis, Trichoglosssus ornatus, galgulus, Psitteuteles goldiei, Glosopsitta concinna , Charmosyna josephin, Loriculus galgulus, Lorius lorius

Alloggiati in gabbie sospese dalle dimensioni di ottanta centimetri per un metro circa, all’interno di un adeguato locale ove la temperatura è mantenuta nei limiti di temperatura accettabili per la riproduzione, sia in periodi rigidi che nella stagione canicolare.

I nidi in legno, sono istallati all’esterno della voliera, così da consentire un’ispezione attraverso uno sportello con apertura laterale ed un cassettino estraibile che contiene le eventuali uova, soluzione che comunque favorisce un’igiene di buon livello. Come è risaputo questo genere di pappagallo, usa sporcare in tutte le direzioni con uno spruzzo liquido, dovuto proprio al tipo di alimentazione.

La sottofamiglia dei Lorini è costituita da pappagalli di piccole e medie dimensioni, indicati comunemente con il nome di Lori e Lorichetti.

Tutti questi pappagalli sono caratterizzati dalla lingua a spazzola, cioè dalla presenza, all’apice della lingua, di una serie di papille erettili che vengono impiegate per raccogliere il polline, il nettare e le polpe zuccherine dei frutti tropicali. Per queste abitudini alimentari, giocano un ruolo importante nella impollinazione degli alberi e degli arbusti fioriti, tra i cui rami si mimetizzano perfettamente grazie ai colori vistosi in cui predominano il rosso, il blu, il giallo ed il verde.

Sono distribuiti su di una area molto vasta che si estende dalle Filippine meridionali, attraverso l’Indonesia orientale, la nuova Guinea, l’Australia, la Tasmania e la Melanesia sino alla Polinesia orientale (isola di Henderson).

Loriculus galgulus

In cattività i Lorini vengono alimentati con nettare artificiale, che oggi trova la possibilità commerciale di nettare a secco prodotto da ditte specializzate, nettare che poi gli stessi uccelli, provvedono ad intingere nell’acqua il becco e a nutrirsi cerando la polpa necessaria, acqua che deve essere sempre pulita.

Accettano anche la frutta, bacche, verdura , pastoncini a base di uova, tarme della farina, e qualche raro sporadico seme di canapa, avena , scagliola e girasole, questi ultimi, comunque suggerirei di somministrare con parsimonia.

La riproduzione se seguita con passione e costanza alimentare, porta a buoni successi, ed anche se alloggiati in piccole voliere, depongono in un nido a cassetta (h 40,base 20×20) due uova eccezionalmente tre, che la sola femmina cova per un periodo che và da 24 ai 27 giorni, a seconda della specie.

I piccoli lasciano il nido a 2-3 mesi con un piumaggio quasi identico a quello dei genitori, ma con il becco bruno-nerastro o bruno- rossastro. Mentre la maturità sessuale sopraggiunge alquanto tardi, di regola non prima dei tre anni. Di tutte le specie circa sessanta, solo poche mostrano un dimorfismo sessuale accentuato e di facile individuazione. L’allevatore in questione Angelo e comunque molti altri, si stanno interessando a questi uccelli, vivendo una interessante stagione.

Da diverso tempo sono comparsi sul mercato, ancora a costi sostenuti, un certo numero di specie sconosciute in cattività. Il Lorichetto di Goldie (Glossopsitta goldiei), proveniente dall’interno della nuova Guinea, ed importato-prima della chiusura definitiva- anche in Italia, oppure il Lorichetto di Giuseppina (Charmosyna j.josefinae),il Lorichetto di Papua (Charmasyna papu) il Lorichetto dei monti golia (Charmosyna papou  goliathina) il Lorichetto di stella (Charmosyna papou stellae) sia normale che nella fase melanica.

Credo che gran parte degli allevatori si renda conto come riproduzione in cattività e conservazione siano due fatti oggi non più separabili, quindi è necessario creare ceppi di specie sia rare che comuni, in modo da tutelare tutte quelle specie-oggi non più importabili- e che subiranno nei luoghi di origine una decrescenza sino ad arrivare alla estinzione, a causa dell’impoverimento delle foreste.

A questo proposito sarebbe utile che gli allevatori, in grado di disporre di un limitato numero di voliere, prendessero la decisione di specializzarsi in un determinato settore(un Genere, o semplicemente una specie , così come il mio amico Angelo, che è in possesso di diverse forme altamente politipiche, quali i Trichoglosuss  ornatus  o Domicella lorius, tutto ciò al fine di disporre di una riserva naturale consolidata, che possa diventare serbatoio  di scambio con tutti coloro i quali intendessero contribuire alla conservazione delle “specie”.

Passeremo ora ad analizzare i pappagalli nella specie, in modo che nel tempo possa essere fatta una scheda .

LORICOLO A CORONA BLU (Loriculus galgugulus)

Inglese: Blue-crowned hanging-parrot

Olandese: Blauwkroontje

Francese: Loricule à tete bleue

Tedesco: Blaukrònchen.

Il loricolo a corona blu è un uccello piccolo ed elegante ed ha un peso di circa 30gr ed una lunghezza sui 13 cm, inserito nell’allegato B della Convenzione.

Il maschio  di un verde intenso e brillante che assume una sfumatura giallastra nell’addome e possiede una coroncina blu scura sul capo ed un triangolo dorato sulla schiena. La gola mostra un bavaglino circolare rosso acceso, ed anche il groppone ed il sopracoda mostrano tale colore.

Il becco nero e l’iride di un bruno tanto scuro da sembrare anch’essa nera. Gli occhi appaiono grandi, dovuto al fatto che sono contornati da un anello di pelle nuda nerastra. Le zampe di colore bruno carnicino chiaro.

Lori domicella

La femmina è una versione sbiadita del maschio con verde meno puro e , parti inferiori più giallastre, il blu nel pileo ed il giallo  nella schiena sono appena accennati, mentre il rosso nella gola e il giallo nel basso dorso mancano.

Questa specie si colloca tra l’India, la Birmania, e la Thailandia, Filippine, nella penisola di Malacca, Borneo, nell’arcipelago delle Anamba, e Sumatra. In queste vaste aree essi sono presenti ai margini della foresta, nei giardini, nelle zone mediamente alberate a poca altitudine.

In linea di massima in natura è onnivoro, si nutre di piccoli semi, frutta matura, fiori, polline, e nettare,

Sia il maschio che la femmina tagliano il materiale da nido nelle forme più diverse trasportandolo infilato tra le piume della gola e del petto, anche se è bene riempire il nido di pochi trucioli di legno, al fine di agevolare.

La covata può variare da tre a cinque uova, ma quattro è il numero più frequente. Esse misurano 18×15,5 mm e l’incubazione ha durate di 20 gg circa.

La prima riproduzione in Europa si ebbe in Germania, nel 1907, dalla sig.ra J. Prowè, la quale riferiva (Die Gefieder Welt,1907:225) che la femmina in febbraio cominciò a trasferire nel nido striscette di corteccia, iniziando il 16 del mese l’incubazione ed un piccolo nacque il 9 marzo.

Una seconda successiva covata vennero alla luce tre piccoli. Altri risultati si ebbero presso lo zoo di San Diego, nel 1996, due anni dopo Norgaard-Olesen, autorità in fatto di tangare in cattività, riprodusse questa specie in una voliera esterna, ed una femmina di quella covata l’anno successivo riprodusse in esterno in voliera piena di vegetazione, con un maschio vecchio in una cassettina posta sul terreno in mezzo ai ciuffi d’erba.

Oggi diversi allevatori in Italia, riproducono questa specie con buon successo, ed allevano a mano i soggetti, ma nessuna mutazione sino ad oggi riportata, mentre è conosciuta una ibridazione tra il Loriculus galgulus ed il Loricolo vernalis, allorquando il Generale Ramasco da Viverne alloggiò in una gabbia di tipo inglese (130 lunghezza x 50 x 45) con il solo tetto e frontale in rete, sistemata in una soffitta ben illuminata, i due soggetti. Il maschio una volta acquisita la livrea da adulto, ha ben presto iniziato a corteggiare la femmina di Lori vernale sollevando le piume del groppone e del sopracoda, inarcando il collo e saltellando sul posatoio.

Talora si solleva di pochi centimetri in un volo pressoché statico e si porta sulla bacchetta antistante il foro di ingresso del nido, cantando insistentemente in direzione della compagna che dimostra di gradire le attenzioni, abbassandosi con le ali vibranti ed emettendo il caratteristico pigolio di invito. Durante gli accoppiamenti il maschio si tiene in equilibrio distendendo un’ala contro il corpo della femmina ed in tal modo celandola quasi totalmente per copularla. A febbraio la femmina depone quattro uova ad intervalli di 48 ore l’una dall’altra, e la cova inizia dopo la deposizione del secondo, giorno 11. Il 4 del mese di marzo nasce il primo piccolo, il giorno successivo il secondo, il terzo è il quarto sono infecondi. Il maschio è molto attivo e imbecca assiduamente la compagna nel nido e la sostituisce sui pullus nelle brevi uscite all’aperto. Il consumo del mangime aumenta di gran lunga in questo periodo ed i pulcini crescono a vista d’occhio, a circa due settimane aprono gli occhi e contemporaneamente si vanno ricoprendo di un piumino grigio e delle cannule delle future penne e piume ed il becco è giallo-arancione. Dopo diciassette giorni incomincia ad apparire del verde sul dorso ed una settimana più tardi del rosso scuro sul sopracoda. Dopo ancora 15 giorni il primo piccolo fa la sua prima uscita dal nido, ponendosi sul nido ed arrampicandosi sul tetto della gabbia dove vi appende a testa in giù, nella caratteristica posizione. Le uscite dal nido dei piccoli si fanno sempre più frequenti.

L’alimentazione avevano a disposizione tarme della farina, panico, mele pere, fichi uva ciliegie, ribes, mirtilli, verdure, pastoncino all’uovo, un cucchiaino di zucchero sciolto in acqua con aggiunta di miele, oggi naturalmente a quest’ultima composizione si può sopperire con un alimento già preparato, che viene servito a secco

A questo punto bisogna pulire il nido interno dalla sporcizia, che a causa di un cattivo drenaggio, emana cattivo odore per le feci umide. In natura il legno marcio sul fondo delle cavità assorbe egregiamente l’umidità e le feci dei piccoli si disseccano, come ebbe modo di osservare alla periferia di Koala Lampur – Malaysia – P. Bertagnolio, con due nidi di Loriculus galgulus posti a 3 e 4,5 metri dal suolo, nel tronco di una Casuaria e di una Palma.

Si ringrazia il Sig.Paolo Bertagnolio, Centro per lo studio e la conservazione degli psittaciformi, per tutte le notizie fornite nel presente articolo. Foto e articolo di Guglielmo Petrantoni

 




Psittacus adscitus violania, tributo degli australiani al Prof. Carlo Violani, insigne professore di tecnica museale presso l’Università di Pavia

Platicercus adscitus violania.

      Violania subgen. Nov

                  Tipo sottospecie.Platycercus (Violania) adscitus , Latham, 1970

Diagnosi: Una sottospecie dei Platicerchi sono confinati nel nord, est e sud est dell’Australia.

Sono facilmente distinguibili da tutte le altre specie di pappagalli Australiani, per le seguenti combinazione di caratteristiche. Sfortunatamente alcuni autori continuano ad usare il nome non riconosciuto di amathusia per questa specie.

 

 

Lunghezza 280-300 mm; becco color corno-grigiastro; iride marrone;zampe grige;

Peso del maschio: gruppo exsimius 90-120 gr; gruppo adscitus 131 gr ;gruppo venustus 92-112 gr.

Lunghezza ali maschio: exsimius ali 147-167mm ; coda 147-182 mm.Adscitus ali 140-160mm;

coda 143-164mm; venustus: ali 143-155 mm; coda 141-165 mm.

Il culmen esposto del maschio:  exsimius 15-18mm; lunghezza tarsale 19-23 mm; adscitus culmen esposto 16-18 mm;tarso 19-21mm; venustus culmen esposto 17-18 mm; tarso 18-20 mm._

Femmina : peso gruppo exsimius 78-90 gr; gruppo adscitus solitamente circa 110 gr.;gruppo venustus 88-92 gr.; gruppo exsimius lunghezza alare 138-160 mm; coda 145-170 mm; il gruppo adscitus lunghezza alare 142-154 mm, coda 137-154 mm; gruppo venustus ali 138-154 mm; coda 142-165 mm; exsimius culmen esposto 14-16 mm; tarso 19-22m;adscitus culmen esposto 15-16 mm; tarso 19-21; venustus culmen esposto 14-17; tarso 18-20 mm.-

La colorazione è distintiva dei maschi di tutte le specie di cui si parla come segue:

ventre rosso; copritrici sotto coda rosse; piume della nuca nere (bordo giallo-verde in eximius, giallo pallido in adscitus e in venustus); manto nero (bordo giallo-verde in eximius, giallo pallido in adscitus e in venustus); dorso superiore nero (bordo giallo-verde in eximius, giallo dorato in elicia, blu-verdastro in adscitus, giallo pallido in venustus); secondarie blu profondo; copritrici primarie blu profondo; parte esterna vicina all’attacatura delle primarie blu profondo; mediane esterne delle copritrici dell’ala e la piegatura dell’ala blu sia in eximius che in adscitus, ma più violaceo in venustus; copritrici sotto l’ala blu profondo o blu violaceo; colore principale delle penne laterali blu scuro orlate con bianco bluastro e banda subterminale blu chiara; parte inferiore di coda blu pallida; assente striscia sotto l’ala nei maschi adulti ma presente negli immaturi sia in eximius e in adscitus e solo occasionalmente non presente in immaturi e femmine di venustus, presente solo nella femmina di adscitus.

Variazioni nelle zone di transizione come segue: copritrici della corona, della nuca e dell’orecchio rosso vivo in eximius, giallo pallido in adscitus, nero in venustus; petto alto del maschio rosso vivo in eximius, giallo e variabilmente tinto di blu in adscitus, bordato giallo con nero in venustus; petto basso giallo che diventa giallo pallido verso l’addome in eximius, blu con fianchi blu-verdastri in adscitus, giallo-limone chiaro in venustus; penne dell’addome e del basso petto anche con margini piuttosto scuri; macchie bianche sulle guance in eximius, ma in adscitus le macchie superiori sulle guance sono bianche e quelle inferiori sono blu-vilolaceo; in venustus le macchie superiori sulle guance sono bianche e quelle inferiori sono blu-violaceo; le copritrici dell’ala interna sono nere sia in eximius che in adscitus, ma nero con margine di nero pallido in venustus; copritrici secondarie blu pallido in eximius, più verso il viola in adscitus e blu-violaceo in venustus; dorso verde pallido vivo con margini scuri delle penne in eximius, verde-bluastro in elicia, blu-verdastro in adscitus e giallo pallido con margini neri in venustus; orifizio verde pallido vivo con margini scure in eximius, verde-bluastro in elicia, giallo scuro in adscitus e giallo pallido con margini nere in venustus; copritrici superiori della coda verde vivo con margini scure sulle piume in eximius, giallo scuro in adscitus e giallo pallido con margini nere in venustus; piume centrali della sopra coda verde scuro bordate con blu scuro in eximius; in adscitus e venustus il colore superiore di queste penne centrali della coda è verde-bronzo scuro che nella trama verso il centro va verso il blu scuro.

 

Vedi Forshaw 1969 e 1981 per dati biologici delle specie principali che comprendono il nostro concetto del sottogenere Violania (1969):

pp 191-195 + immagine a pag 192 per exsimius; pp.196-200 + immagine a pag.196, 198 per adscitus e palliceps ; pp 201-203 + immagine a pag 202 per venustus ), (1981: pp 197-202 + immagine a pag 199 per exsimius, pp 202-206 + immagine a pag 203 per adscitus, e pp206-209 + immagine  a pag 207 per venustus ).

Entomologia:  Nominata per il Dr.Carlo Prof.Violani  , docente presso il Dipartimento di Biologia dell’ Università degli studi di Pavia, Italia.- (Helm Dictionary of Scientific Bird Names,ed 2011,pag.402)

Carlo Violani

Carlo Violani, naturalista e biologo, già docente presso il Dipartimento di Biologia Animale dell’Università degli Studi di Pavia. Ha partecipato a censimenti sulla chirotterofauna di alcuni parchi nazionali e isole mediterranee. È autore di oltre di settanta pubblicazioni scientifiche; si occupa di ornitologia, teriologia e museologia naturalistica, collaborando con numerose istituzioni italiane ed  molte estere. Già Presidente della Società Italiana di Scienze Naturali e di numerosi sodalizi naturalistici.

 




L’uccello che si “rade”

L’uccello che si “rade”

di G. Petrantoni immagini degli aventi diritto

Dedicato ai giovani allevatori  . . .e non solo.

Le foreste (habitat dell’uccello che si  “rade”) dell’America centrale e meridionale sono per lo più disseminate di grandi e giganteschi alberi che salgono verso il cielo ad enormi altezze, spesso con il tronco nudo sino a 50 m. dal suolo, mentre le loro chiome riunite formano un vero tetto verde che non fa filtrare i raggi solari e crea un perpetuo crepuscolo nella sottostante foresta. Molti di essi hanno alle basi robuste ramificazioni o grosse radici contorte che si stendono e si allargano sulla terra molle ed umida, mentre altri, stranamente alti di parecchi metri dal suolo, sono sostenuti da centinaia di sottili radici che sembrano canne di fiume.

Dovunque infinite liane ornano gli alberi e con essi si intrecciano, avvolgendo grossi tronchi, per poi pendere libere e lunghe dalle cime, verso terra o da un albero all’altro.

Ci sono poi le orchidee, alte, sottili e filiformi tanto da creare innumerevoli altre piante aeree dalle larghe foglie, bromelia simili ad ananas ed altre infinite piante colorate che formano massa.

A terra non vi è vegetazione consistente, poiché il sole non riesce a raggiungere ed irrorare, anzi, la caduta delle foglie forma uno strato marrone, fresco ed umidiccio,

simile a quello dei nostri boschi quando, dopo una pioggia estiva notturna, si risente della evaporazione senza che vi siano raggi solari.

Questa è la foresta equatoriale che ho avuto modo di vedere e vivere nella Guiana Britannica, in Venezuela e in molti altri Stati del centro sud America.

Dal tetto impenetrabile che sovrasta si odono continui trilli, cinguettii e rauchi stridii di uccelli invisibili, ma ben pochi se ne riescono a vedere a terra o lungo il cammino, solo qualche spaccalegna bruno e grigio, intento intorno ad un tronco come fanno i nostri picchi, un formichiere, vestito a scacchi bianchi e neri o con macchie marrone,

che fruga tra i rami caduti e le foglie secche alla ricerca di insetti.

Ci si può imbattere in qualche grossa gallinella, molto simile alle nostre, ma vestita di penne olivastre o marrone, anziché di grigio, per mimetizzarsi al terreno, o un tacchino arboricolo guan, molto simile ai comuni nostrani, che si leverà in corto volo per paura, ed ancora coloratissimi colibrì in sospensione nel calice delle rosse orchidee, per assumerne il nettare! Al di fuori di questi, pochi saranno gli uccelli di tinte neutre o poco visibili che il nostro sguardo avrà la fortuna di incontrare.

Tutt’altra cosa è invece sui bordi delle foreste, in quei luoghi dove si formano radure per tagli degli alberi o lungo i fiumi. Nei tropici , così anche come da noi, gli uccelli abbondano su terreni aperti, sia perché lì il sole può colpirli con i suoi raggi, sia perché gli insetti ed altri animaletti di cui si cibano sono assai presenti ed i fiori e bacche e semi vari vi si sviluppano molto meglio che dove l’ombra è troppo fitta.

Barranquero -Momotus momota aequatorialis

In queste aperture della vegetazione è possibile osservare uccelli di varie grandezze, magari appollaiati a prendere il sole o in attesa di acchiappare una farfalla o un pesce che nuota nei bassi fondali del fiume sottostante.

 

In tali condizioni ambientali è facile scorgere un motmot, il quale, sfuggendo dal ramo su cui sostava, afferra al volo una farfalla, per cibarsene.

Dopo la cattura, in attesa di altra caccia, torna di nuovo sul ramo, poi si tuffa a terra, e ritornando al ramo porta al becco un topino, una rana, o una lucertola che si contorce ancora.  Avendo il becco lungo e forte è naturale che riesca a catturare con abilità prede consistenti, supportato anche dai suoi 47 centimetri di taglia e dai 150 grammi di peso. Il motmot -voce onomatopeica di origine spagnola che ne descrive il verso-  in realtà è simile sia al martin pescatore sia all’acchiappamosche. Gli indigeni lo chiamano bobo, cioè “sciocco”, poiché non teme l’uomo e facilmente si lascia vedere da vicino. Ciò accade forse perché sa di non essere in pericolo, dato che, non essendo commestibile, non gli viene data la caccia, o forse perché, essendo pigro, non ha molta voglia di muoversi, tanto da non adoperarsi nella ricerca del cibo per i suoi piccoli. Per evitarsi la fatica riempie il nido di animali morti, dei quali i neonati si cibano fino a quando non sono capaci di cacciare per conto proprio.

Inoltre i loro nidi non sono proprio all’insegna della pulizia e così sporchi non attirano alcun predatore.

Ma il costume che lo rende assai strano è che ama “radersi da solo”!

Possiede una coda lunga, con due penne  centrali più lunghe delle altre, ma, chissà perché, l’uccello crede di sembrare più bello radendosele.

Tirandosi sotto la coda, chinando il capo e servendosi del lungo e robusto becco per rasoio, si toglie le piume delle lunghe penne centrali, fatto salvo un ciuffetto che lascia in cima.

Come negli umani che variano per baffi e pizzi, così certi motmot si lasciano solo un ciuffetto in fondo alle penne, mentre altri se ne lasciano qua e là lungo le cannucce rase. Per quanto poco quei buffi uccelli dalle code rasate temano l’uomo, ce n’è un altro nelle Indie Occidentali che si mostra ancora più domestico: è un bellissimo uccelletto non più grande di un passero, ma grassetto e forte, con un codino robusto ed un lungo becco dritto; ha il dorso verde e sul petto macchie che vanno dal rosa allo scarlatto, frequenta le rive dei fiumi e non si discosta molto dalle caratteristiche dei motmot. A prima vista lo si scambierebbe per un piccolo martin pescatore, vista la forma similare, la posa e la testa robusta dal becco dritto e acuminato, poi, vedendolo piombare sui piccoli insetti, sembrerebbe un acchiappamosche. Il suo nome è tody, appartiene alla specie dei martin pescatori e come essi fa il nido nelle cavità lungo le alte sponde dei fiumi, ma il suo richiamo è diverso: invece di un sonaglio emette un rauco gracidare di una rana e, al contrario dei suoi parenti martin, che sono schivi, timidi e sospettosi, i piccoli tody sono gli uccelli più domestici e fiduciosi. Non solo sono tranquilli e sicuri, ma, se ci si trova nelle immediate vicinanze, facilmente vengono a posarsi sulle nostre spalle.

 

L’mmagine serve a dare una proprorzione dell’uccello.

Momotus momota messicano

Momotus momota

Motmptus bahamensis