Amazzone di St. Vincent

Altri nomi: amazzone di Saint Vincent (I), Koenigsamaqzone (D) , Papagaio de sao vicente (Portoghese).

Amazona guildingii (Vigors 1837).

Amazzone di grandi dimensioni con faccia e vertice bianco sporco o giallo pallido; la colorazione del piumaggio è molto variabile e distingue due fasi cromatiche fondamentali: la più comune è marrone dorato, la più rara è verde. La coda ha la punta gialla e ampia banda subterminale blu; in volo è ben visibile il giallo sulle copritrici della parte inferiore dell’ala e quello alla base delle remiganti. La maggior parte degli esemplari ha del blu sul retrocollo o ai lati della parte posteriore del vertice. L’Amazzone di St. Vincent è l’unico psittacide all’interno del suo areale e anche in cattività difficilmente rischia di essere confusa con altre specie. È piuttosto vistosa durante le prime ore del mattino, alla sera e appena dopo mezzogiorno. Negli altri momenti della giornata rimane silenziosa nella canopea, impegnata nella raccolta del cibo o nella toelettatura. Spesso quieta e taciturna quando piove. Si alza in volo facendo molto rumore e, in volo, è appariscente e rumorosa. Il volo è veloce e diretto, caratterizzato da colpi d’ala molto energici.

Emette una grande varietà di richiami, gridi e strilli gutturali screee-eee-ah che ricordano il suono della tromba, gridi che ricordano il richiamo dell’anatra, uno scree-ree-lee-leee penetrante e stridulo, suoni  brevi e gorgoglianti simili al verso del cane, suoni aspri e stridenti draaak e sceeeet. In volo emette un sonoro quaw quaw quaw. Alcuni richiami sono molto complessi e si articolano su trilli, gridi acuti e sonori, fischi e strilli. Quando si nutre emette un suono che ricorda un alterco tra persone.

Il cartellone indicativo di onservazione della Amazona guildingii

Specie endemica dell’isola di St. Vincent nelle Piccole Antille. La sua distribuzione è strettamente legata alla presenza di foresta umida originaria che, per gran parte del XX secolo, è stata confinata sui versanti orientale e occidentale del crinale centrale dell’isola. Oggi è numerosa all’inizio delle valli Buccament, Cumberland, Colonaire, Congo Jennings-Perseverance e Richmond, dove si concentra gran parte della foresta orignaria superstite; sul resto dell’isola si trova in numeri molto più modesti. Nonostante molte delle stime riguardanti i numeri di questa specie tra il 1870 e il 1920 non siano concordi, è evidente il calo che si è verificato intorno agli anni Cinquanta del secolo scorso. All’inizio degli anni Settanta la popolazione contava da poche centinaia a un migliaio di esemplari. Uno studio del 1982  ipotizzò l’esistenza di 421±52 esemplari, mentre una stima del 1988 ne suggerì 440-500; la popolazione contava forse 800 esemplari nel 1994. Il calo della popolazione e la contrazione dell’areale dipendono dalla perdita dell’habitat e dalla scomparsa della foresta umida che, in passato (almeno sul versante occidentale), quasi raggiungeva il livello del mare. La deforestazione sembra avere subito una battuta d’arresto almeno in alcune delle valli ma l’habitat è comunque a rischio a causa della selvicoltura, dell’espansione delle piantagioni di banane, della produzione di carbone, della scomparsa di siti adatti alla nidificazione e dell’attività commerciale che interessa i piccoli trafugati nei nidi. Nel 1984 della foresta originaria sopravvivevano appena 16km2. le attività di caccia e cattura che alimentano il commercio locale e quello internazionale hanno rappresentato tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Settanta la minaccia principale alla sopravvivenza della specie, ma oggi sono tenute sotto controllo; gli effetti degli uragani, oltre ad essere causa diretta di mortalità tra gli esemplari di questa specie, mettono a dura prova la sua sopravvivenza anche causando la scomparsa delle piante che sono alla base della sua alimentazione e che forniscono i siti privilegiati per la nidificazione. Nel 1902 gran parte dell’habitat preferenziale dell’Amazzone di St. Vincent è stato distrutto dall’eruzione del Mount Soufriere ed è evidente che eventuali eruzioni future potrebbero minare ulteriormente la sopravvivenza della specie. Parte dell’habitat rimanente rientra nelle aree protette e la specie stessa è protetta dalle leggi locali. CITES appendix I. VULNERABILE.

Questa specie si trova prevalentemente in foresta matura montana, tra i 125m e i 1000m d’altitudine ma, dove ancora sopravvive, preferisce le foreste a bassa quota. Occasionalemente lascia la foresta per raggiungere le zone coltivate e i giardini. Gregaria, si trova solitamente in stormi composti da 20-30 esemplari o in coppia. Si nutre in stormo e si posa in comunità. Durante la stagione della riproduzione difende l’area circostante il nido ma si riunisce comunque in gruppi che contano una dozzina di esemplari quando si nutre e sui posatoi.

La sua dieta comprende le parti di Cordia sulcata, Clusia, Sloanea, Dacryodes excelsa, Ficus, Cecropia peltata, Mangifera indica, Melisoma vrescens, Euterpe, Ixora ferrea, Micropholis chrysophylloides, Acrocomia aculeata, Simaruba amara, Krugiodendron ferreum, Dussia martinicensis, Andira inermis, Inga ingoides, Byrsonima coriacea, Talauma dodecapetala, Chione verosa, Psidium Guajava e Aphanes erosa; tra tutte predilige la Pouteria multiflora. Nidifica nelle cavità del tronco di alberi maturi, ad esempio in grandi esemplari di Dacryodes o Sloanea. Il corteggiamento inizia a febbraio; depone le uova in aprile-maggio ma negli anni di siccità in gennaio-febbraio o addirittura in luglio. In caso di piogge particolarmente abbondanti, non si riproduce affatto. Depone solitamente due uova, raramente tre. Il tasso di natalità è molto basso con il 50% dei nidi che non produce alcun piccolo e il restante 50% da cui nascono non più di due esemplari.

Colorazione del piumaggio molto variabile: nelle tavole sono illustrate la fase marrone dorato e la fase verde, mentre di seguito viene descritta solo la fase marrone dorato. Fronte, redini, regione del sopracciglio e parte superiore delle guance bianco sporco; vertice giallo; penne su parte posteriore e lati del collo blu pallido con macchia blu scura al vertice, penne sulla nuca verdi con macchia nerobruno al vertice. Parti superiori marrone scuro con macchie più scure al vertice di alcune penne. Scapolari marrone dorato; remiganti primarie esterne con vessillo esterno blu spento; resto delle copritrici alari marrone con banda sub terminale verde e macchia scura al vertice di alcune penne; margine carpale giallo arancio con verde infiltrato. Remiganti primarie blu con base giallo arancio; dello stesso colore le remiganti secondarie esterne con banda sub terminale verde, remiganti secondarie interne verdi con macchia blu al vertice; remiganti terziarie interne verde scuro sfumato di marrone dorato sul vessillo esterno, remiganti terziarie esterne con base verde, progressivamente blu oltremare procedendo verso la punta. Sottoala con piccole copritrici marrone e macchia verde al vertice, grandi copritrici secondarie gialle, remiganti nero bruno con base gialla. Penne della gola arancio con punta blu o verde azzurro; parte superiore del petto marrone dorato con macchia marrone scuro al vertice delle penne cui si deve il disegno barrato; ventre di un marrone dorato più tendente al giallo rispetto al petto, con banda sub terminale verde e macchia nerobruno al vertice di alcune penne; sottocaudali giallo verde. Base della coda arancio con ampia banda blu al centro e ampia punta giallo brillante. Parti nude: becco color corno pallido tendente al grigio; iride arancio; zampe grigie.

Un gruppo famigliare.

Sessi simili. Nell’immaturo la colorazione è meno vivace.

Ala 25,3-27,5 cm.; coda 14,8-17 cm.; becco 3,2-3,9 cm.; tarso 2,7-3,1cm.

È possibile forse distinguere da un punto di vista genetico gli esemplari che si trovano nella parte orientale di St. Vincent (sopravento) da quelli che occupano la parte occidentale dell’isola (sottovento): la piccola popolazione orientale (solo 83 esemplari nel 1982) oltre ad avere la voce più acuta, sembra presentare una percentuale maggiore di esemplari appartenenti al morfo verde.

 Impaginazione grafica by GRAFOS SERVIZI GRAFICI – SAN COLOMBANO AL LAMBRO



Studio e ricerche sul CARDELLINO Carduelis Carduelis (Linnaeus, 1758)

In tutte le lingue: Cardellino (I), Goldfinch (GB), Chardonneret (F), Stieglitz (D), Jilguero (S), Stehlik obecny’ (Ceco), Putter (NL), Szczygiel (PL), Eurbinc (Gallese), Putter(NL),  Черноголовый щегол (Russo), Sticlete (Rumeno), Saka (Turco),  kädimgi payız (Kazahk).

Il volo ad ali spiegate, che ne esalta la colorazione piena

In altri dialetti italiani: Sardo-Caldiddu, Cardanera, Cardaìna; Siciliano- Cardiddu, Cardujacalùni, Cardillinu;

Italia sett.le – Cardlin, Sganzilin, Ravarìn, Lavàren, Gàrdelo.

Italia cent.le –  Cardounnièra, Cardaìanna, Cadèllo, Caporosso, Carderùgio.

Italia merid.le – Cardìllo, Cardillicchio, Cardijuzza, Ramaci.

Il nome scientifico della Specie, Carduelis, è un tautonimo, poichè ripetizione di quello del Genere, quando venne spostato in un Genere a sé stante, poiché prima il Linneo lo aveva classificato nel suo Systema Naturae, Fringilla.

Con il nome latino, erano già conosciuti nell’antica Roma, poiché la derivazione è data dalla pianta bienne (che fruttifica una sola volta), erbacea e spinosa, il cardo (Cardus nutans), di cui lo stesso uccello si cibava dei semi.

Il gruppo di razze occidentali (Carduelis) a testa nera, abita le zone coltivate e fortemente antropizzate di gran parte dell’Europa, a partire dai 64° di latitudine nord della penisola Scandinava, ove si è insediato negli ultimi anni di questo secolo, e verso sud fino alla penisola Iberica, Italiana e Balcanica.

Nidifica anche nelle Azzorre, Canarie, Madera, nel nord Africa fra il Marocco e la Cirenaica. Verso est lo si trova anche in Asia Minore e in Medio Oriente sino alle regioni del mar Caspio, dove esiste una ampia fascia in cui si mescolano la forma occidentale con quella orientale.

La forma orientale a testa grigia (Caniceps), che nidifica essenzialmente nelle foreste miste di montagna, ove abita le regioni dal Turchestan all’Imalaia e dal Lago Baikal a Krasnojarsk in Siberia.

Questa specie produce ibridi con la forma maggiore del Cardellino detta C.c. major (Tacz.), e che vive ad est degli Urali.

Il Madarasz descrisse, sotto il nome di C.c. albigularis (Naturhist, Hefte, 1881, pag.21),una varietà della  specie, che presenta il mento l’alta gola bianchi, che venne trovata in Ungheria, in Dalmazia e, in Croazia, ma nel1889 passò tale nome (C. albigularis o Fringilla albigularis), nella sinonimia del C. carduelis.

… a caccia di semi di girasole

La sottospecie C.c. frigoris era conosciuta in passato come Carduelis carduelis major (Taczanowski, 1869) tuttavia la denominazione viene considerata un sinonimo obsoleto e non più valido.

In Italia la forma tipica è comune ed in gran parte stazionaria, nidificante, o svernante in tutta la penisola, mentre le popolazioni della Sicilia, Sardegna e Corsica appartengono alla sottospecie  C.c. tschuldi (Arrigoni degli Oddi, 1902) dal becco più sottile della forma nominale, con le copritrici auricolari più brune, rosso scarlatto della maschera più intenso, ala leggermente più piccola; per quanto ritengo che la popolazione presente nell’isola di Pantelleria, siano soggetti della sottospecie  sud –occidentale C.c. parva (Tschusi, 1901), molto diversa dalla sottospecie dalla sud-orientale. C.c. balcanica (Schtlebe, 1919), anche se il Dott. A. Pazzucconi nella sua opera recita: ”in Sicilia vi è la razza bruniventris Schiebel”.

Maschera rosso-cremisina, facilmente riconoscibile dal becco più alto che largo alla base biancastro con apice  scuro, senza setole, la faccia e gola di un rosso-cremisino; parte mediana e posteriore della cervice ed una fascia che da essa discende sui lati del collo, nero-vellutate; lati della testa, regione auricolare, parte posteriore delle guancie, centro del petto e dell’addome di un bianco più o meno puro; dorso, groppone e lati del petto nocciola-carico; sopra coda bianco –fulvo; remiganti con una macchia bianca apicale, ma non sempre presente in tutte, tutte hanno un largo spazio giallo dalla base a circa metà lunghezza, anche le copritrici grandi esterne delle ali sono in parte di tal colore e la colorazione gialla forma uno specchio alare notevole; timoniere nere. I sessi possono dirsi eguali, però la femmina è sempre distinta dal maschio, perché le piccole copritrici alari hanno margini bruno – giallo, che mancano del tutto nel maschio. Manca il rosso sulla faccia e le tinte nere sulla testa.

In definitiva porta tonalità più sbiadite. Pur non di meno nei soggetti sessualmente maturi i maschi e le femmine, presentano la caratteristica maschera rossa ed una barratura alare giallo brillante, spesso descritta come giallo ginestra, mentre nei giovani vi è la sola barratura alare gialla. Il rosso della maschera contiene carotenoidi gialli analogamente alle remiganti; la differenza del colore è dovuta al particolare legame tra cheratina e carotenoidi che sposta il colore di questi ultimi verso il rosso. Si ha quindi un effetto di tipo strutturale. Non è escluso che la fusione delle barbule che caratterizza al microscopio le penne della maschera, possa incidere. Il primo aspetto è stato segnalato dal prof. Stradi, il secondo da Lucarini.

Lungo 140 mm; becco 13 mm; ala 80 mm; coda 50 mm; tarso 16 mm

E’ possibile in natura, sia soggetto a varietà melaniche e più di rado alle albine; però, di solito, la tinta gialla resta immutata.

L’habitat è costituito da regioni naturali o semi-naturali aperte con vegetazione pioniera, da giardini e parchi in zona urbana. Rispetto al Verzellino o Verdone cui spesso è associato, sembra essere maggiormente dipendente dalla presenza di conifere ornamentali, di alberi da frutta e da ampie zone aperte con vegetazione erbacea ruderale. In Sicilia ha variato il luogo di nidificazione, dagli ulivi cui era solito, verso la formazione a cespuglio di Bougainvillea spectabilis, per difendersi dai predatori, come la Gazza ladra(Pica pica).

Di solito il nido è posto ben inserito tra le sottili ramificazioni o biforcazioni periferiche della chioma degli alberi, o tra le piante rampicanti, in prevalenza su piante ornamentali o da frutto, in particolare Cupressaceae e Rosaceae, molto frequente su Prunus dulcis.

La costruzione del nido è un elemento molto singolare tra le attività riproduttive degli uccelli, ma le circostanze in cui avviene sono assai diverse, e particolarmente, tutte le fasi intermedie esistono tra una costruzione lunga e precisa di nidi elaborati e una sistemazione di dispositivi sommari.

Quello del Cardellino – edificato dalla femmina, che ne sceglie il sito sulla biforcazione dei rami – è dalla forma a coppa, arrotondato, ben curato ed elaborato, intessuto con erbe secche miste ed avizzite, fibre, radichette e piumino vegetale; all’esterno guarnito con ragnatele e licheni, inoltre internamente con infiorescenze, crini e peli, e ancora amenti a grappolo di Quercus, Salix, e Populus.

Depone ad intervallo di un giorno, tra la prima metà di aprile a luglio, raramente ad agosto, in Sicilia da marzo, nord Italia dalla seconda metà di aprile sino a luglio. Finlandia dalla prima metà di maggio; mentre in nord Africa metà di marzo. Le covate possono essere due o tre nella stagione e con qualche covata di rimpiazzo in funzione di eventi naturali o altro.

Le uova liscie e lucide, da due a sette di colore azzurro chiaro; i giovani schiudono da esse a due settimane, implumi e cechi e dopo 18 giorni sono pronti per l’involo, ma restano nei pressi del nido per lo svezzamento finale almeno per altri venti giorni, senza più frequentare l’interno del nido, in quanto la mamma è pronta per una successiva deposizione.

Sono possibili anche due o tre covate, incubate dalla sola femmina per 11-12 giorni dall’ultimo uovo, alimentata al nido dal maschio.

Prevalentemente vegetariano, solamente in primavera ricerca Coleotteri, Lepidotteri, e Ditteri, ma in minima parte e solo per il fabbisogno energetico, che risulta aumentato nel periodo degli amori, corteggiamento e allevamento della prole, mentre i nidacei vengono alimentari con semi e data la conformazione del becco a pinza, gli è permesso di raggiungere i semi dello spinoso Cardo rosso (Carduus nutans) e Cardo  asinino (Cirsium vulgare), fluorescenze disponibili dalla primavera alla fine estate. La dieta è anche rappresentata dal Tarassaco (Taraxacum officinale), e le erbacee del genere Senecio, Centaurea e la Bardana maggiore (Arctium iappa). Agli inizi si settembre scarseggiando i semi delle precedenti citate piante, i Cardellini si rivolgono a semi di altre essenze del genere Dipsacus, Alnus e Betula.

Gradisce anche semi ancora verdi di: Agrimonia eupatoria, cicoria comune (Cichorium intybus), romice o Lapazio (Etimo greco-bizantino da Λάπαζον), genere (Rumex), crespigno degli orti (Sonchus oleraceus) e girasole, ma gradiscono anche germogli e foglioline di Cipresso (Cupressus) ed il Ginepro (Juniperus).

Nelle gare di canto in mostra emette con giusti tempi e scansione calibrata, un suono in sequenza: pliò-ble blè-zipè-ziò ed inoltre zipè-ble ble-ziò, a differenza il selvatico, per quanto sia armonioso e gradevole, non assomiglia al canto del ”cugino” in ambiente controllato, probabilmente per una origine ereditaria, dovuta alla necessità di comunicare par segnalare eventi di allarme o concitazione tra maschi.

Variabilità geografiche:

1° gruppo Carduelis  carduelis

C.c. britannica (Hartert, 1903); Gran Bretagna, Francia sett.le e Paesi Bassi.

C.c. parva (Tschusi, 1901); Penisola Iberica a sud Pirenei, isole Baleari, nord Africa, isole atlantiche Azzorre Canarie.

C.c. tschusi (Arrigoni degli Oddi,1902); Corsica, Elba, Sardegna, Sicilia, Campania.

C.c. balcanica(Sachtleben,1919); Penisola Balcanica, Romania, Turchia, Creta.

C.c. niedieki (Reichenow, 1907); Medio Oriente.

Cc. brevirostris (loudoni) (Zarudny, 1889); Crimea, Caucaso, Crimea, nord della Turchia ori.le e Iran occ.le.

C.c. colhica (Koudashev, 1915); Caucaso e Crimea, nord-est Turchia.

C.c. volgensia (Buturlin, 1906) Ucraina, Russia, Kazakistan.

C.c. frigoris (Wolters, 1953); Il Cardellino già major, Siberia, est Urali e monti Altai sino a sud di    Semipalatinsk.

2° gruppo Carduelis caniceps

C.c. poropanisi (Kollibai, 1910); Turkimenistan, dall’Iran alla Cina nord-occidentale.

C.c. subulata (Gloger, 1833); Kazakistan, centro Siberia, Mongolia.

C.c. caniceps (Vigors, 1831); Himalaya, Pakistan, Tibet, Nepal.

Note d’allevamento in ambiente controllato

Prima di cimentarsi nell’allevamento del Cardellino, occorre scegliere soggetti di tipologia selvatica tipica del medesimo areale (stessa popolazione d’origine), affinché essi dopo un periodo di adattamento possano agire in armonia e comprendersi anche vocalmente (vi possono essere dialetti locali non dimenticati).

Adatte una gabbia all’aperto o mini voliere da canarino, con dei posatoi che agevolino il volo e con una parte laterale coperta per evitare correnti. Cosa buona sarebbe porre due o più lati dei rami di quercia o pino, al fine di rendere “camouflage” la gabbia.

L’alimentazione invernale può andare bene la miscela per canarini con aggiunta minima di semi piccoli di girasole e semi di cardo. Utile dei biscotti sbriciolati tipo savoiardi. La fettina di mela, osso di seppia, un po’ di radicchio.

Nel periodo che porta alla primavera integrare con le erbe selvatiche raccolte nei campo come il Tarassaco da cambiare giornalmente, il centocchio ancora verde, e spighe immature di varie erbe graminacee tra queste ultime la più gradita è  la Dactalys  glomerata, cardo selvatico che cresce da marzo sino a settembre, non ultimo il sorgo selvatico, Sorghum halapense, pianta erbacea delle famiglia delle Poaceae  molto diffusa, originaria del mediterraneo, specie infestante ed invasiva, da servire verde. Le piante danneggiate dal caldo o freddo sono da escludere in modo assoluto.

Per la costruzione del nido fornire: sfilacci di juta, del cotone idrofilo sfilacciato e dei licheni, muschi, crini e perché no, ragnatele. Alla deposizione delle uova, specialmente per una primipara, sostituire le uova con altre finte, per poi a deposizione ultimata rimetterle a dimora nel nido.

Per i giovani allo svezzamento e aumentare l’apporto proteico fornire afidi, quelli di veste bruno, verde o rosa, evitando quelli scuri; inoltre ogni utile cibo che il singolo allevatore per propria esperienza ha già sperimentato, la varietà delle sostanze è comunque di sicuro impatto positivo sulla crescita.

Attenzione, la somministrazione di alimenti contenenti carotenoidi è determinante contenendo il giallo delle remiganti analoghi carotenoidi del rosso della maschera; la differenza del colore, come precisato sopra, è dovuta al particolare legame tra cheratina e carotenoide, che sposta il colore giallo verso il rosso. Sappiamo che i carotenoidi sono pigmenti dotati di ampia diffusione, il più conosciuto è il carotene che dà colore alle carote, mentre il pomodoro è colorato di un altro carotenoide, il licopene. I carotenoidi – responsabili della colorazione di molte piume – sono presenti anche nelle foglie verdi, semi, germogli e frutta! Ecco perché la somministrazione di erbe selvatiche verdi ricche di questo elemento, favoriscono specialmente nel Cardellino, in base alla concentrazione di caroteinoide, la colorazione tanto da farlo apparire giallo o rosso nei punti diversi del piumaggio. Da escludere, ovviamente, la colorazione artificiale che renderebbe arancio la barratura alare.

In ultimo a tutti gli allevatori sia di sprone questo trattato se pur breve, ma condensato di notizie che mi hanno coinvolto, e possa essere nota per migliorasi  . . . purchè ci si doti di un sacchettino di umiltà e buone speranze !

Impaginazione grafica by GRAFOS SERVIZI GRAFICI – SAN COLOMBANO AL LAMBRO

 




Allevare uccelli del Paradiso con la dottoressa Alicia Solis Aguirre

Paradisea rubra (Daudin, 1800), disegno originale di: Lith. Ansi. v. C. Schach in Stuttgart

paradisea rubra

Le sterminate foreste vergini della Nuova Guinea e delle isole adiacenti ospitano un mondo vegetale ed un mondo animale dalla inesauribile dovizia di forme e colori, e la meraviglia più grande di questo ambiente naturale sono gli uccelli del Paradiso. Non ci si deve meravigliare se alcuni dotti del tempo ritenevano che si trattasse di uccelli divini, viventi perennemente nell’aria, lungi dagli sguardi umani, che si nutrissero e dissetassero unicamente con la rugiada del cielo e cascassero a terra solo dopo morti.

Ma  queste credenze si protrassero per molti anni ancora anche nel 1522 allorquando il diario di bordo  del Pigafetta sulla nave “Vittoria”, secondo ufficiale di Maggellano, così recitava” . . .questi uccelli non volano mai, solo se c’è vento li chiamano “bolon dinata”1 che significa Uccello di Dio, sono della grandezza di un tordo,hanno becco lungo non possiedono ali, ma hanno al loro posto lunghe penne ornamentali dei più svariati colori, simili a piume . . .” si trattava di Paradisee papuane  generalmente  conosciuta fra gli ornitologi ,mentre il vero nome è Paradisea minor ( Shaw, 1809 ) . Lo stupore degli studiosi di quei tempi non fu solo il manto setoso delle penne, ma anche che le tinte originali non deperivano dopo la morte.

Per molti anni ancora e solo nel 19° secolo s’iniziarono le prime ricerche scientifiche sulla natura di questi superbi  uccelli, con lo zoologo Alfred Russel Wallace, contemporaneo di Darwin, il quale effettuò nel 1857 con una imbarcazione malese un viaggio esplorativo nelle  remote isole Aru. L’era delle scoperte toccò l’apice verso la fine del diciannovesimo secolo, tanto che era usanza di dedicare a nuove scoperte di animali alle teste coronate, si assistette così al battesimo del Ptiloris Victoriae, della Paradisea Guilielmi e della Paradisea Augustae Victoriae. Non Mancò anche al francese Charles Lucien Bonaparte, nipote del grande Napoleone e repubblicano per la pelle, di intitolare e descrivere l’uccello Repubblicano del Paradiso (Diphylloides respublica, Bonaparte, 1850)2.

La coppia presa in esame per la riproduzione dalla Dottoressa Alicia  Solis, è la Paradisea rossa (Paradisea rubra), alloggiate in una grande voliera ambientata con alberi e piante tropicali, come Impatient walleriana conosciuta anche come gamba di vetro per la fragilità dei suoi fusti, il Ficus benjamina, Ficus pumila , pianta tropicale d’appartamento conosciuta con il nome di Fico rampicante , Ficus repens anch’essa rampicante, Scheffiera arboricola dai fusti alti e flessibili con foglie grandi, Thuntergia alata pianta rampicante sempreverde chiamata Susanna dagli occhi neri, e tra i rami di esse è molto importante inserire dei rami spogli in obliquo e orizzontale, ove possa il maschio iniziare i balli.

La voliera dalle misure di circa dieci metri per una larghezza di dodici metri, in cui determinante è l’altezza di circa quattro metri. Questa grande voliera divisa in due (da una parte il maschio, dall’altra la femmina) e comunicante attraverso un tunnel di rete della misura di 60 cm lunghezza x 30 cm larghezza x 30 cm. Tale stratagemma servirà per far sì che il maschio ancora costretto nella sua metà, inizi il corteggiamento con una serie di balletti detti in dialetto indigeno “sacaleli”, cioè il ballo nunziale di richiamo che ha luogo con un richiamo, acuto ed aspro uook-uook-uook, e conclude con toni alti ca-ca-ca-ca-ca-ca, seguito poi da movimenti frullanti delle ali, su di un ramo accuratamente ripulito da fogliame e detto arena. A poco a poco l’uccello raggiunge uno stato di eccitazione sempre crescente finché, ad un dato momento, si compie un meraviglioso cambiamento, come se un estroso mago avesse toccato con la sua bacchetta magica il maschio, e le ali brune si drizzano in alto, le code si abbassano e si schiacciano in avanti, si ergono a mo’ di fontana i ciuffi delle piume ornamentali, fini come seta e tinte di giallo oro verso l’occipite, per poi ricadere sul dorso in soffice arco. In questa posizione il corpo dell’uccello resta teso per un certo tempo, mentre le ali frullano e un leggero tremito serpeggia lungo la coda ondulante. Poi inizia a saltellare emettendo il solito gracidio forte, spiega le penne in tutta la sua bellezza e dà inizio ad una danza selvaggia e di fascino quasi irreale. Quando il fuoco dell’eccitamento raggiunge il culmine, subentra un nuovo plastico cambiamento. Di colpo il corpo viene spinto in avanti, le ali si aprono a ventaglio fino a formare uno scudo chiuso davanti al capo chino, le penne ornamentali si drizzano rigide verso l’alto. Questo stadio simile all’estasi, l’uccello in amore fa’ sfoggio ancora del massimo della magnificenza cui è dotato, resta fermo alcuni secondi, rigido nella posizione finale assunta, poi si rialza, e comincia di nuovo con instancabile lena, ripetendo tutte le figure della danza.

Tanto preso dalla frenesia del ballo, nulla riesce a distrarlo, in questo momento si apre il tunnel per favorire il passaggio verso la femmina o viceversa, la quale assisteva colpita alla parata; Maschio e femmina restano assieme solo per un breve tempo, quel tempo per consumare il “pasto”. Effettuato il passaggio in voliera unica, essi restano ancora insieme per due o tre giorni, poi vengono divisi nuovamente. Il maschio in natura riprende le sue danze per cercare di attirare più femmine e copulare nuovamente, ma è noto comunque che il maschio esaurisca il suo amore nello sfoggio della propria bellezza e sia poi completamente dimentico dei doveri di padre; pertanto tutto ciò che concerne la cura della prole, la costruzione del nido fino al nutrimento dei piccoli, ricade unicamente sulle “ali” della femmina.

Il nido viene costruito all’interno di un predisposto cesto di vimini intrecciati di circa di 20 cm di diametro e 10 di profondità, in cui vengono deposti pezzi di piante di Ficus. Il compito della madre è in un certo qual senso è facilitato del fatto che le nidiate, in generale non contano più di due uova, incubate per 14-17 giorni, e che poi alimenta sino all’involo per circa 20-25 giorni. Raggiungerà il completamento della livrea solo dopo il sesto anno di età.

Possiamo dire che anche nelle nostre terre vi sono uccelli che si comportano in modo eguale alle paradisee cioè sono poligami, lasciando alle femmine meno appariscenti il compito dell’allevamento: il fagiano di monte (Lyrurus tetrix) e l’urogallo (Tetrao urogallus).

Due curiosità interessanti da conoscere: in natura è possibile che si abbiano ibridi da accoppiamenti derivati da extra-specie di paradisee, Paradisea mixta Rotschschildi 1921, Paradisea minor x Paradisea raggiana; Paradisea minor f. x Paradisea apoda augustea-victoriae Stresemann 1930. La circostanza che i bastardi non siano poi tanto rari in natura, ci lascia intravedere il pericolo di elevate eterogenee mescolanze per gli uccelli che non vivono regolarmente in coppie. Questi soggetti prodotti dagli accoppiamenti extra-specie sono riconosciuti alfine per tali, e rappresentano uno dei più movimentati capitoli nella storia delle scoperte nel mondo degli uccelli del Paradiso.

La leggenda narra che gli uccelli del paradiso erano assenti di zampe, in quanto avevano la possibilità di appendersi ai rami con le loro lunghe penne, ed i soggetti che furono donati dagli indigeni ai primi esploratori erano proprio privi delle zampe e delle ali, poiché era costume che a seguito di affumicatura della pelle, privi anche di interno, venissero imbalsamati. Anche il Linnaeus, già nel periodo più fulgido degli studi naturalistici, chiamò un genere di “tsiankar”3 con il termine scientifico di Paradisea apoda, Uccello del paradiso senza zampe. Solo nel 1994, il farmacista Renè Lesson, chiarì il mistero, scrivendo in un ampio rapporto circostanziato , smentendo tutte le credenze del passato.

Oggi attraverso le esperienze della dottoressa Alicia Solis Aguirre presso la Fundacion CAZ in Cile, abbiamo la possibilità di redigere un documento-protocollo, che illustri in ogni sua parte del progresso di allevamento di una coppia di Paradisea rubra in ambiente controllato, con la sequenza fotografica e con particolari di piccoli sino allo svezzamento completo. Questo uccello il cui nome scientifico deriva dal latino ruber-a-um, in riferimento alla colorazione rossa delle piume da cui è derivato il nome comune scientifico; dal peso di 110-224 gr., misura 30-33 cm di lunghezza nel corpo e complessivi 70 cm con la lunga coda. Uccello robusto, durante il periodo non degli amori, trascorre il tempo in solitario sulla canopia delle forestetropicali intorno i 600 slm, in ricerca di cibo. Presente sulle isole Waigiou, Ghemien e Batanta , gruppo delle Raja Ampat, dove vive in simpatria con la Paradisea repubblicana.

Alimentazione. Sono uccelli largamente frugivori, la cui dieta viene integrata con alimenti di origine animale, come insetti o Entomi e piccoli invertebrati.

 (Lettura foto: da sinistra verso destra – dall’alto verso il basso)

Scheda di allevamento, con protocollo per allevamento a mano, e sequenza foto.

Note
  1. Capitolo 4, pag. 43 (Pigafetta, 1987:35 ), They call them bolon dinata.
  2. Così recitva Buonaparte quando dedicò l’appellativo alla Paradisea repubblicana: ”Ci sono scrittori che si danno ogni pena per battezzare le loro specie più belle con i nomi dei principi; io, che me ne rido dell’autorità di tutti i principi del mondo ,ho adornato questo splendido uccello del paradiso con il nome della repubblica,; di quella repubblica che sarebbe essa stessa un paradiso, se non fosse trasformata in inferno dalle sordide mene e dall’egoismo di un sacco di repubblicani  indegni di tal nome. Così, siccome non è possibile avere una repubblica paradisiaca, ci sia almeno una paradisea repubblicana”
  3. Tsiankar, nome attribuito dagli abitanti della Paupasia alla Paradisea minor.
Bibliografia consultata di proprietà dell’autore:
Dra.Alicia Solis Aguirre,Keeping and breeding of bird of Paradise,2015.
Bulletin of the British Ornitologist’Club, 41, p.127, 1921.
Novitates Zoologicae, 36, p. 14,1930.
E.Fuller, The lost birds of Paradise, 1995.
T.Iredale, Birds of Paradise & Bower birds, 1950.
O.Beccari, Nuova Guinea, Selebes e Molucche: Diari di viaggio, 1924.
D.G.Elliot, Monograph of the Paradiseidae,1873.
W.T.Cooper, The birds of Paradise and Bower birds,1977.

Testo e adattamento G. Petrantoni, Foto e protocollo Alicia Solis Aguirre & Foundazion CAZ, Chile

Impaginazione grafica by GRAFOS SERVIZI GRAFICI – SAN COLOMBANO AL LAMBRO  




Gli strigopodi del Genere Nestor – Nestor notabilis (Gould, 1856)

kea

Il capo di un adulto di Nestor notabilis,  dove si possono notare le sfumature di colore delle penne.

Altri nomi: Mountain parrot, Kea (GB); KEA (D)

Il termine generico deriva dal nome Psittacus nestor , dato al Kea dall’ornitologo Latham (1790) con riferimeto alla sua testa grigio-canuta. Nella mitologia greca Nestore era il famoso di Pylos in Messenia, citato nell’Iliade come il più vecchio e il più saggio tra i sovrani greci che, sotto la guida di Agamennone, assediarono Troia, e nell’Odissea quando ospitò Telemaco alla ricerca del padre Ulisse, dopo la fine della guerra di Troia. In una parola il pappagallo saggio.

            Di taglia intorno ai 46 cm. e del peso di 950 gr. circa i maschi, mentre le femmine intorno ai 780 gr. Si trova esclusivamente sui rilievi di South Island in Nuova Zelanda. Psittacide di grandi dimensioni, è caratterizzato dalla corporatura massiccia, dalla colorazione marrone e dalla mandibola superiore allungata. Le copritrici della parte inferiore dell’ala e il groppone sono rosso arancio, la parte superiore dell’ala è soffusa di azzurro turchese e la coda, corta e leggermente quadrata, ha una sfumatura verde, soffusa sulla superficie superiore, e una banda terminale scura. L’unica specie confondibile è il Kaka, che però è di una tonalità più calda di marrone, mostra un caratteristico pileo chiaro, arancio soffuso sulle copritrici auricolari e rosso cremisi sulla parte posteriore del collo e sul ventre; inoltre si trova quasi esclusivamente nelle foreste ad altitudini inferiori. Entrambe le specie hanno il sottoala tendente al rosso, visibile in volo, ma il Kea si distingue grazie alle remiganti primarie blu e alla coda blu verde. Uno dei siti migliori dove vedere il Kea è l’Arthur’s Pass, in South Island centrosettentrionale. Il Kea è molto attratto dalle automobili da cui rimuove le lame dei tergicristalli. Il posto più adatto, pertanto, è sicuramente il parcheggio vicino all’area picnic proprio di fronte alla cresta del passo.

Emette un keaaaa, calante e prolungato che termina con un trillo. Emette anche alcune note più lievi, quando interagisce con i suoi simili, e un sotto-canto dal nido. Assenti le note musicali tipiche del Kaka.

     Endemico di South Island in Nuova Zelanda (sebbene alcuni vaganti siano stati segnalati su North Island, ad esempio sui monti Tararua), e si trova prevalentemente tra i 950 m. e i 1400 m. d’altitudine in foreste e macchia subalpina. L’areale del Kea si estende dal Southland sud occidentale (ad esempio Wilmot Pass), verso nord attraverso il Fiordland National Park (ad esempio vicino a Te Anau, Homer Tunnel), Western e Southern Alps (ad esempio nel Westland National Park, Fox and Franz Josef Glaciers, Munt Cook National Park), Arthur’s Pass National Park e Craigieburn National Park, Nelson Lakes National Park e Big Bush State Forest, sui monti Seaward Kaikoura (ad esempio sul monte Manakau), nella regione del Marlborough, sui monti Richmond, fino agli altopiani circostanti il monte Cobb e la sua estremità nordoccidentale. Secondo le stime, la popolazione mondiale conta tra i 1000 e i 5000 esemplari; il fatto che i Kea tendano a convergere presso le località turistiche dà l’erronea impressione che si tratti di una specie comune. Un tempo era ritenuta responsabile della morte delle pecore e tra il 1860 e il 1970 centinaia di esemplari vennero uccisi dagli allevatori. Di conseguenza la popolazione si è quasi certamente ridotta ed è protetta per legge dal 1986; pochi gli esemplari allevati e riprodotti in cattività.   Esemplari di Kea sono stati segnalati ad altitudini comprese tra il livello del mare e i 2400 m. e si trovano comunemente in prossimità di insediamenti e località turistiche. Nonostante questo, il loro habitat principale è approssimativamente sul limite della vegetazione arborea tra i 950 m. e i 1400 m. Prediligono valli racchiuse tra pendii scoscesi con foreste di faggi Nothofagus cliffortioides che, ad altitudini superiori, lasciano il posto alla macchia subalpina. Sono volatori eccezionali e capita spesso di vederne gli stormi, numerosi e appariscenti, che volteggiano sul fondovalle. Il Kea è mite, allegro e curioso.

Il Kea nella sua posa naturale a terra

Alcuni gruppi composti in prevalenza da esemplari maschi, raccolgono il cibo in prossimità dei campeggi e dei parcheggi, causando talvolta danni alle tende e alle automobili. Durante l’estate, spesso, hanno un comportamento attivo di notte. In inverno tendono a spostarsi ad altitudini inferiori al di sotto della linea delle nevi perenni, ma alcuni gruppi rimangono a cercare il cibo presso gli stabilimenti sciistici. Si nutrono di carogne, come pecore morte ma, nonostante le dicerie, non esistono prove che il Kea attacchi ed uccida le pecore sane. Si nutre sia a terra che sugli alberi, e la sua dieta prevalentemente vegetariana comprende foglie, germogli, radici, semi, bacche, boccioli e nettare (che suggono agevolmente con l’aiuto della lingua dall’apice a forma di pennello) e di alcuni insetti, scavando le radici succulente dal terreno umido o sassoso. Questa specie contribuisce probabilmente alla diffusione dei semi di piante baccifere, come il podocarpo Podocarpus nivalis. Il Kea è un animale molto socievole e condivide l’areale con i propri simili, pur mantenendo isolati i siti di nidificazione e i posatoi.

Gli uccelli che si riproducono rimangono nel raggio di un chilometro rispetto al proprio nido, ma quelli che non nidificano si allontanano molto di più e alcuni esemplari inanellati hanno coperto distanze pari a 60 km.. La coppia costituisce l’unità sociale di base, ma il Kea non è territoriale e gli stormi sono incostanti. È possibile che ogni anno appena il 10% dei maschi adulti nidifichi e talvolta si verificano episodi di accoppiamenti e visite al nido extraconiugali. Sia il legame di coppia sia la fedeltà al nido sono forti, e spesso passano diverse stagioni prima che il nido sia ultimato,che viene scavato per terra tra le redici degli alberi. Questa specie nidifica da luglio a gennaio. Depone da due a quattro uova bianche in un cunicolo o in un tronco cavo foderato di ramoscelli, foglie e licheni. Spesso il nido si trova alla base di un affioramento roccioso nella foresta, ma può trattarsi anche di un masso al di sopra della linea della vegetazione arborea. Le uova vengono deposte nell’arco di diversi giorni e la cova, di cui si occupa solo la femmina, ne dura 21-28. Durante questo periodo, il maschio rimane posato nei dintorni e procura il cibo alla sua compagna. Per i primi tempi il maschio provvede al cibo necessario anche per i piccoli, ma dopo poche settimane anche la femmina lascia il nido e contribuisce alla ricerca. I piccoli ricoperti di piume bianche mettono le penne nell’arco di 13-14 settimane e continuano ad essere nutriti da entrambi gli adulti che li accompagnano per un periodo di tempo che va dalle quattro alle sei settimane. In gennaio o febbraio, dopo la stagione della riproduzione, i Kea tendono a riunirsi in stormi più numerosi, composti anche da 50 esemplari.

Presenta testa marrone tendente al verde oliva; vertice con penne e sottili striature lineari nere; copritrici auricolari e redini marrone scuro più uniforme; penne della nuca di sfumatura leggermente più gialla, con bordo e rachide nero-bruno. Mantello e sopracaudali verde bronzato con rachidi neri e bordi a mezzaluna; dorso e groppone rosso arancio, con rachidi e punte quasi neri. Remiganti, copritrici primarie e grandi copritrici secondarie con marcata sfumatura blu turchese sul vessillo esterno (più verde sulle secondarie); vessillo interno delle remiganti primarie con barratura giallo limone. Sottoala con copritrici e ascellari rosso arancio, remiganti marrone, con barratura gialla sul vessillo interno delle primarie e barratura arancio sul vessillo interno delle secondarie interne. Penne delle parti inferiori marrone chiaro tendente al verde oliva con bordi marrone scuro. Sopraccoda verde azzurro soffuso, con vessilli interni barrati di giallo arancio e banda sub terminale quasi nera con punte più pallide; sottocoda giallo con sfumatura verde oliva e banda sub terminale scura e barratura sulle basi; sulle timoniere il rachide appuntito si estende appena oltre i vessilli. Parti nude: becco nero-bruno; cera marrone scuro, con alcune penne corte e filiformi; iride marrone scuro; zampe grigio antracite.

Il maschio è più grande e ha la mandibola superiore più lunga (in media del 12-14%) rispetto alla femmina. Il giovane ha il groppone di tonalità più gialla, cera e anello perioculare gialli, base della mandibola inferiore di tonalità pallida e zampe di un colore più pallido e tendente al giallo. Le parti nude di colore giallo assumono la colorazione definitiva dopo circa due anni nella femmina, dopo tre nel maschio.

Ala 302-330; coda 146-175; becco 43-53; tarso 45-49 (Forsaw ,1973). Nessuna variazione geografica.

A livello amatoriale è poco conosciuto, ma ben allevato nei paesi della CE.; in Italia, sebbene pochi siano gli allevatori, uno è particolarmente attivo e conoscitore di questo animale, che segue con buoni successi la loro espansione, il Sig. Ugo Brambilla: possessore di una piccola colonia, ha già riprodotto con molti sacrifici economici.

 

 

Nestor meridionalis (Gmelin,JF,1788)                                        

Altri nomi: New Zeland Kaka (GB); Kaka (D); Nestor superbe (F)

Di taglia 45 cm. e dalla distribuzione scarsa, si trova nelle foreste originarie della Nuova Zelanda, comune a livello locale e vistoso su alcune isole al largo delle coste e in alcune parti di South Island meridionale. Il Kaka ha la corporatura massiccia e il piumaggio di colore marrone scuro, è caratterizzato dal becco grosso, dal pileo chiaro, dalle copritrici auricolari arancio e dal rosso sul sottoala, sul collare posteriore e sul ventre. L’unica specie confondibile è costituita dal Kea (76) che si trova generalmente ad altitudini superiori ed esclusivamente in South Island (fanno eccezione alcuni vaganti occasionali). Il Kaka si distingue grazie al pileo pallido, al piumaggio complessivamente più scuro e di una tonalità più calda di marrone, al collare posteriore e al ventre di colore rosso e grazie al richiamo. Si verificano talvolta variazioni cromatiche a carattere individuale nella livrea, in cui le parti superiori sfumano dal marrone al color crema. In volo il Kaka sembra più grande e caratterizzato da testa e becco massicci. Spesso gli stormi vengono uditi prima di essere visti mentre volteggiano nella canopea.

            In volo emette un krraaa stridente e un fischiettio, weedle-weedle, simile a un gorgheggio liquido. Anche un richiamo choock, choc. La femmina nel nido emette talvolta un sotto-canto. E’ distribuito in Nuova Zelanda e nelle isole al largo delle coste. Questa specie è sparsa in tutto il South Island, da Stewart Island (specialmente nei dintorni di Halfmoon Bay) a sud, si spinge a nord sui rilievi occidentali, approssimativamente dal lago Hauroko attraverso Fiordland (ad esempio nella Eglington Valley, dove è relativamente comune, e intorno al monte Aspiring), Westland e monti Paparoa. Si trova anche nella valle del corso superiore del fiume Hope, nel Nelson Lakes National Park, sui monti Richmond e nella regione del Abel Tasman National Park. Nel North Island la sua presenza è limitata alle grandi distese di foreste. Pochi esemplari sono presenti anche a sud, sui monti Tararua, ed esistono alcune popolazioni isolate in altre zone, come i monti Raukumara e, forse, la penisola Coromandel. Nel North Island centrale, un numero moderato di Kaka si trova nelle distese originarie di cespugli nelle zone a sud e a nord ovest del lago Taupo, compresi i monti Ruahine (pochi), il Tongaririo National Park, i monti Kaimanawa, il Pureora Forest Park e il Urewera National Park ad est. Il Kaka si trova anche occasionalmente nel Northland. Alcune popolazioni stabili si trovano anche sulle isole al largo, ad esempio Kapiti e Little Barrier, sulle isole Hen & Chickens, Great Barrier Island, Final e Mayor. Secondo le stime la popolazione mondiale conta meno di 5000 esemplari ed è in calo a causa della predazione che colpisce prevalentemente i piccoli e le femmine nel nido (ad opera di ratti e mustelidi), della presenza delle vespe Vespula (introdotte) che, in particolare in autunno, costituiscono un concorrente nella ricerca del cibo, e della perdita e del degrado dell’habitat (dovuti, ad esempio al Tricosauro volpino Trichosurus vulpecula). Pochi gli esemplari allevati e riprodotti in cattività.

            Si trova esclusivamente nelle distese ininterrotte di foresta di Nothofagus e Podocarpus, a quote basse e intermedie, sebbene occasionalmente si introduca in giardini e frutteti, soprattutto in inverno. Il Kaka si trova normalmente tra i 450 m. e gli 850 m. in estate e ad altitudini comprese tra il livello del mare e i 550 m. in inverno, sebbene ne sia stata segnalata la presenza fino a 1500 m.. Spesso si trova in coppia, ma dopo la stagione della riproduzione è possibile vedere stormi anche molto numerosi. Sono volatori eccezionali e spesso si odono gli stormi in volo al di sopra della foresta. Talvolta intraprendono spostamenti anche su lunghe distanze. Il Kaka ha un comportamento attivo a partire dalla mezzora precedente l’alba fin dopo il tramonto, momento in cui spesso si esibisce in voli rumorosi prima di posarsi nei dormitori. Spesso è attivo anche di notte. Durante il giorno si nutre silenziosamente nella canopea. Alcuni studi compiuti nella foresta di Nothofagus sulle spiagge di South Island hanno evidenziato che il Kaka in primavera trascorre gran parte del tempo nutrendosi della mielata secreta dalla cocciniglia Ultracoelostoma assimile. La mielata è meno abbondante in inverno, mentre in estate e autunno la concorrenza delle vespe la riduce ulteriormente. Anche le larve del coleottero Ochrocydus huttoni costituiscono un elemento base della dieta del Kaka, che spesso impiega notevoli quantità di tempo nel rimuovere la corteccia con il becco per estrarre i bachi. Dove gli opossum sono scarsi e il vischio (Loranthaceae) abbondante il Kaka trascorre anche il 60% del tempo nutrendosi dei suoi fiori e delle sue bacche. Altrove si nutre anche di frutti (ad esempio di Miro Podocarpus ferrugineus, germogli, semi (ad esempio di abete kauri Agathis australis), nettare (anche di albero di natale della Nuova Zelanda Metrosideros excelsa) che raccoglie con l’aiuto della lingua con l’apice a pennello e che poi sugge. Durante le ore del giorno, l’unico rumore che può tradire la presenza di esemplari di Kaka può essere quello prodotto dalla corteccia che viene staccata dal tronco e poi lasciata cadere. Il cibo viene portato al becco con l’aiuto di un piede. Su alcune isole, il Kaka è diventato molto mite e avvicinabile, tanto da mangiare in mano. Le ricerche portate a termine nel Big Bush State Park hanno dimostrato che il Kaka non si riproduce tutti gli anni. In questo caso specifico potrebbe trattarsi di una risposta alla maggiore concorrenza nella raccolta del cibo costituita dalle vespe introdotte sul territorio piuttosto che di una caratteristica propria del comportamento di questa specie. Nidifica tra novembre e gennaio, solitamente nella cavità di un tronco d’albero situata a 3-9 m. d’altezza, il cui foro d’accesso spesso viene allargato dalla coppia. Depone quattro o cinque uova di colore bianco su un fondo di segatura. La cova dura circa 24 giorni e la femmina che se ne occupa lascia il nido solo all’alba e al crepuscolo per ricevere il cibo dal maschio. Talvolta un individuo esterno alla coppia aiuta a nutrire i piccoli. I nidiacei di North Island sono coperti di piume bianche, mentre quelli di South Island sono di colore grigio. I piccoli mettono le penne nell’arco di dieci settimane, durante le quali vengono nutriti da entrambi i genitori. Si pensa che la durata media della vita di un Kaka sia di 20 anni.

Presenta vertice bianco sporco, tendente al grigio, nuca apparentemente di colore grigio quasi marrone a causa degli ampi margini sfumati di marrone; sfumatura grigio azzurra nella zona sotto l’occhio e ai lati della nuca; redini grigio marrone; copritrici auricolari con marcate infiltrazioni arancio; marrone soffuso tendente al rosso ai lati del mento. Parti superiori marrone sfumato di grigio con orli e rachidi di tonalità più scura; parte posteriore del collo rosso cremisi con punte di colore marrone e giallo e basi più scure; il mantello mostra talvolta una modesta quantità di rosso infiltrato; penne del groppone e sopracaudali di colore rosso con orlo e rachide di colore marrone. Vessillo interno delle remiganti con scanalatura rosa. Sottoala con copritrici e ascellari rosso scarlatto con punta più scura o, sulle copritrici marginali, tendente al giallo; parte inferiore delle remiganti con quattro scanalature arancio rosato cui si deve la barratura visibile in volo. Petto marrone con sfumatura verde oliva, con margine sub terminale delle penne color ruggine, punte e basi marrone di tonalità più scura. Rosso dal ventre alle sottocaudali, con margini e rachidi marrone. Coda marrone con punte più pallide e rachidi appena più lunghi dei vessilli e caratterizzati da una lieve barratura sui vessilli interni. Parti nude: becco grigio con sfumatura marrone, più massiccio rispetto a quello del Kea; cera marrone con alcune penne corte e filiformi; iride marrone scuro; zampe grigio scuro.

Il maschio è più grande ed ha il becco più lungo. Nell’immaturo la base della mandibola inferiore è di colore giallo. Ala 265-306, coda 151-190; becco 42-54; tarso 35-44.

 Due sottospecie.

            N.m. meridionalis (Gmelin,JF,1788) (South Island). Un ottimo esemplare si può osservare presso il Museo della Foi in Piacenza

            N.m. septentrionalis (Lorenz von Liburnau, 1896) (North Island) Più piccola della nominale e di tonalità molto meno vivace. Sfumatura marrone tendente al verde oliva più scura sulle parti superiori e sul petto, punte delle penne più scure. Vertice di tonalità più spenta. Collare rosso cremisi più screziato e meno vistoso.

            Nestor productus (Gould ,1836); estinto (Kaka dell’isola di Norfolk). Come la maggior parte di uccelli di quest’isola di detenuti, il Kaka venne liquidato in fretta dai colonizzatori. La sua ultima roccaforte fu costituita dall’isola di Phillip, che distava da Norfolk appena 5 Km. e aveva una superficie di appena 8 Km. di circonferenza. Sembra che si cibasse maggiormente di nettare dell’ Ibisco bianco e del Tiglio americano, osservazioni del Gould che esaminò la lingua di un soggetto di proprietà del Maggiore Anderson. L’ultimo esemplare morì in gabbia a Londra nel 1851.. Un altro stupendo esemplare giace presso il Museo ornitologico di Genova. Altro presso il Museo “La Specola” in Firenze; due a Vienna ; uno a Praga; tre a Londra ed uno ad Amsterdam.

Nestor norfolcensis (Pelzelen 1860), estinto (Kaka dell’isola di Lord Howe) l’unico esemplare si trova nella collezione Tristam a Liverpool.

Testo e stampe originali di Guglielmo Petrantoni, foto Fabrizio Comizzoli   

Bibliografia da libri originali di proprietà dell’autoreExtint birds,  Walter Rothschild, 1907; Papageien, dr.Anton Reichenow, 1887; Parrots, Prideaux J.Selby, 1836; Parrots, Junniper & Parr, 1998. 

Impaginazione grafica by GRAFOS SERVIZI GRAFICI – SAN COLOMBANO AL LAMBRO