Il CAPOVACCAIO (Neophorn percnopterus), un avvoltoio quasi dimenticato

Neophorn percnopterus, Savigny, (Linnaeus,1758).

Inglese: Egyptin Vulture

Tedesco: Schmutzgeier

Frances: Pércoptère d’Egypte

Spagnolo: Alimoche comùn

Nella mitologia greca, Neophron un imbroglione che viene trasformato in un avvoltoio; percnocterus da perknos oscuro e –peteros – ali, quindi dalle ali scure.

Per l’ornitologo Aldrovandi nel 1599 era chiamato “Gipeto”, mentre Ray lo classificò“ Falco montano egiziano” e Hasselqvist lo definì avvoltoio “vultur”. Infine per Linnaeus, il nome specifico di Egyptian Volture era scritto perenopterus e non percnoterus, per cui Perenopterus vultur. Ciò è evidentemente era un errore di battitura, come cita l’Aldrovandi, il quale lo scrisse in entrambi i modi.

Lunghezza  massima totale metri 0,700; ala 0,500; coda 0,230; becco 0,070; tarso 0,080; dito medio 0,090; peso circa 2 Kg. Il capo è nudo solo nella sua parte anteriore fino al di là dell’orecchio dove cominciano le piume lanceolate che coprono il collo; Becco lungo ed esile, a margini appena sinuosi questo, è meno incurvato che nei veri avvoltoi; narici orizzontali, ristrette, allungate; occhi non infossati e vista molto acuta che gli consente di scoprire anche di piccole dimensioni a grandi distanze. Piedi simili a quelli degli avvoltoi, ma più sottili, con unghie ottuse. Ali grandi e lunghe, coda cuneata  formata da 14 penne, colorito uniforme.

I giovani nel primo abito sono bruno – cinerei uniformi, tranne le grandi penne che sono oscure. Le copritrici hanno margini fulvi e ocra che tendono a scomparire nell’abito successivo in cui il colore bruno è meno intenso è può diventare colore terra chiara. Nel 2° abito è di colore bianco uniforme, ma mai totalmente puro, per lo più sfumato di  giallo o adirittura isabella. Le remiganti secondarie portano la base scura cinerea e le primarie sono nere.

Becco bianco – giallastro, la cera e tutta la parte nuda del capo di colore giallo uovo, i piedi variano tra il color carneo e il giallo –chiaro;l’iride è bruno rossiccia, che con l’andare degli anni porta al rosso.

Madre e figlio all’arrivo in terra d’Afica, dopo la migrazione.

E’ distribuito su una vasta area che si estende dalla Penisola Iberica e dall’Africa Occidentale sino al sub continente indiano.

Le popolazioni che nidificano attorno al bacino del Mediterraneo, in Medio Oriente e nell’Asia centrale sono migratrici e svernano in Africa nella fascia sub-sahariana e nella regione etiopica, nella parte meridionale della Penisola Arabica ed in India.

Vengono riconosciute due distinte sottospecie:

  1. N. p. ginginianus, di minori dimensioni e con la punta del becco chiara, diffusa in Nepal e in India;
  2. N. p. percnocterus, distribuita nella restante parte dell’areale della specie.

Recentemente è stata descritta una terza sottospecie endemica delle Isole Canarie, caratterizzata dalle maggiori dimensioni e confinata alle isole di Fuerteventura e Lanzarote, che  presentano un elevato rado di differenzazione genetica: N. p. majorensis

Nel Paleartico occidentale il Capovaccaio nidifica nella Penisola Iberica, nella Francia meridionale, e nel sud Italia, Puglia e Sicilia.

Sin dall’inizio secolo XX il Capovaccaio era ampiamente diffuso in Italia come migratore regolare e nidificante. Sempre avvistato in Puglia sul Gargano, nelle Murgie, lungo la costa Ionica della Calabria e in gran parte della Sicilia.

Progressivamente nel tempo l’areale tirrenico si è andato frammentando e ritirando verso sud, contrazione che ha creato un drammatico calo dei contingenti nidificanti, declino che ha portato ad una riduzione di coppie riproduttive non oltre la decina. I siti riproduttivi sono oggi localizzati nella zona delle gravine appulo – lucane, nella Valle dell’Agri, sul massiccio del Pollino e nella Sicilia centro – occidentale.

Da tener presente che vi sono avvistamenti di soggetti singoli, che non si riproducono e probabilmente soggetti sub adulti, che compiono erratismi o che sono legati ad un determinato territorio senza costruire nido, questi soggetti sono chiamati estivanti.

In Sicilia quasi mai vengono segnalati soggetti giovani o immaturi, questo perché gli immaturi restano in Africa e solo dopo tre anni intraprendono il viaggio verso i siti di nidificazione europei.

I Capovaccai che ha nidificato nel Paleartico occidentale, abbandona il territorio per recarsi in Africa, solo tra metà agosto e metà settembre,  e solo qualcuno si intrattiene sino ad ottobre. Pur non di meno gli adulti , o meglio le coppie formate e  riproduttrici migrano indipendentemente dai figli.

Il volo verso L’Africa avviene seguendo rotte ben precise che evitano le lunghe traversate del mare, e pertanto convergono verso lo stretto di Gilbilterra, sul Bosforo ed in misura minore verso il canale di Sicilia. Certo la maggior concentrazione si ha nel corridoio che passa per la Turchia meridionale, Israele e Suez,ave è minore il tratto di mare.

Terminata la migrazione, sostano in estesi areali sino alla successiva stagione.

I quartieri riproduttivi vengono poi raggiunti tra l’inizio di febbraio e magio con picco di arrivi a marzo. Non è raro comunque che una frazione della popolazione paleartica resti a svernare in Italia.

La riproduzione presenta nel Capovaccaio un basso tasso di natalità e un elevato tasso di sopravivenza di giovani e adulti. I nuovi nati entrano in riproduzione al compimento del 5° anno e mediamente le coppie riescono a fare involare un piccolo all’anno, ma di contro l’aspettativa di vita è alta, in cattività sono noti  casi di soggetti in grado di riprodursi anche con 35 e passa anni di età.

La dimostrazione ci è data dalla coppa di Capovaccai presenti da decenni al Parco Villa d’Orleans di Palermo, che già dal decorso anno ha dato alla luce un piccolo, poi non portato al volo e deceduto, mentre nell’anno in corso la stessa coppia ha deposto per il secondo anno consecutivo, ed ancora oggi si riproduce regolarmente e positivamente, grazie anche alla attenta e oculata gestione del Direttore Nicola Lauricella.

Gli stessi sono monitorati costantemente da una telecamera , che segue l’iter riproduttivo e fornisce la possibilità al pubblico di osservarne le varie fasi di sviluppo.

Uno dei pochi casi dove la conservazione della specie è curata al fine di porre al volo un giovane che potrebbe essere rilasciato per svernare in Africa e rientrare successivamente in territorio Italiano e dare continuità alla specie, così come è avvenuto a cura del CERM  in Puglia  nel 2007,con il rilascio di un giovane munito di radio collare satellitare.

Il nido è formato da un ammasso di rami di varie grandezza, guarnito internamente con lana di pecore ed altro materiale morbido,la cui collocazione è posta sui dirupi e pareti rocciose delle montagne inaccessibili.

Generalmente depongono due uova,bianco sporco e con poche macchie rossastre, o maculate d rosso bruno, alla fine di marzo,o all’inizio di aprile ad intervalli di 2 – 4 giorni. La coppia si alterna alla cova per 42 giorni, anche se il maggior impegno è profuso dalla femmina che cova per il 70% del tempo.

I giovani si involano dopo 80 giorni circa e vengono seguiti dai genitori ancora per qualche settimana, i quali provvedono ad alimentarli portando del cibo o nel nido o nelle immediate vicinanze. La specie riesce a produrre covate di rimpiazzo, qualora la prima covata risultasse improduttiva.

La dieta di questi avvoltoi è di tipo “opportunistico”, si nutre di piccoli animali morti, carcasse di ungulati, resti di macellazione,rifiuti, e talvolta di insetti o invertebrati.

La popolazione nidificante in Italia è ormai ridota al lumicino, tanto che a livelli numerici sì esigui, la specie può definirsi a forte rischio di estinzione. Basti considerare, che per alcuni anni si sono avute nascite con un rapporto squilibrato tra sesso maschile e femminile, talché non è possibile costituire coppie sufficienti, tali da garantire un rimpiazzo nel tempo di soggetti che sono morti, e ciò determina di conseguenza un rilevante calo demografico. La ridotta variabilità genetica che inevitabilmente contraddistingue le popolazione rarefatte, fa sì che le stesse mostrino scarsa plasticità a reagire ai mutamenti ambientali, e la ripresa spontanea della popolazione è molto bassa. Si conta esclusivamente sulla riproduzione in cattività con la conseguente reintroduzione in natura,  di quei sparuti soggetti che pochissimi allevatori od organizzazioni Governative, riescono a fare con non pochi sforzi.

A questo si aggiunga le azioni già intraprese dal Governo con l’emanazioni di leggi e decreti ad  hoc, ma sopratutto la tutela per gli habitat e degli ambienti steppici in Italia, considerati di prioritario interesse conservazioni stico come il Parco Nazionele del Pollino, i Parchi Regionali delle Madonie e di alcune Riserve Naturali della Sicilia centro- occidentale (Bosco della Ficuzza, Rocca Busambra, Bosco del Cappelliere,Monti di Palazzo Adriano, Pizzo Cane, Pizzo Trigna, Monte san Calogero), dove vivono cinque delle sette coppie censite in Italia. Ci si augura che come il CERM ed il Dipartimento di Produzione Animale dell’Università di Bari, abbia raggiunto un rapporto di collaborazione per la riproduzione assistita, allo stesso modo avvenga per la Regione Sicilia.

Al di fuori di predazione di testuggini, o predazioni di piccoli di altri animali  che è solo correlata all’abitudine di frequentare nidi di altre specie alla ricerca di resti alimentari, non risulta abbia particolari altre abitudini di predazioni. Si accontenta di degli scarti lasciati da altri avvoltoi, anche perché il suo debole becco gli permette di estrarre solo piccole parti delle carcasse. Molto legato alla pastorizia e al pascolo brado perché si nutre di placenta e feti abortiti. Si ciba di escrementi di erbivori per assumere carotenoidi al fine di accentuare la colorazione gialla della pelle della faccia e rosa delle zampe, utili fattori per aumentare il gradimento tra i  partner della coppia.

Nella mitologia, l’avvoltoio degli Egizi, era così chiamato poiché con l’abitudine di nutrirsi di tutto ciò che era rifiuto animale e di cui amava cibarsi, contribuiva a mantenere sano l’ambiente, tenendo lontano l’uomo da malattie causate dalla putrefazione animale.

Venerato e graficamente rappresentato negli ideogrammi dell’alfabeto egizio, tanto che ne era spesso affrescata l’immagine sulle tombe dei Faraoni, dove il logo era così costituito: lettere “a”, immagine del “capo vaccaio” un puntino ”.” Ed una “freccia” in senso indirizzato verso l’uccello. La traduzione:  Il Faraone potrà ascendere al cielo assumendo le sembianze di un avvoltoio capo vaccaio.

Articolo Guglielmo Petrantoni, Fotografia Colombo G. ed autore.

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Lori di Papua Charmosyna papou (Scopoli)

Lori di Papua Charmosyna papou (Scopoli)

Altri nomi: Papuan lory (GB), Papualori (D), Lori de cola larga (E), Perkici papua (Indonesia), Papoea lori (NL), Papualori (D), Lori papù (F).  

                                         cartina geografica distribuzione lori

Charmosina  dal greco kharmousunos , che vuol dire contento, gioioso. Papou, originario dell’isola di Papua, Nuova Guinea.

Nel 1734, venne chiamata dal farmacista  zoologo olandese Albertus Seba, Avis paradisiaca orientalis (Thes.i.t.60.figs.1,2) e successivamente dal botanico e naturalista tedesco Jacob Theodor Klein, Pica paradisi (Hist.Av.63), solo nel 1750 il Latham lo definì un Lori, Papuan lory (Syn.i.p215,with varr.A.B.C._

Ebbe molte attribuzioni dagli studiosi sistemisti dell’epoca, solo Bonaparte la classificò Charmosina papuensis , nel 1850 (Consp.Av,ip.3 ).

Questa è una specie molto proporzionata nei Lori che è da più tempo conosciuta, essendo stata descritta  in primis da Albertu Seba (1665-1736), farmacista e zoologo olandese. Tale pappagallo, per la sua siluette curiosa, spinse gli indigeni a cacciarla e, una volta preparata all’imbalsamazione, la usavano per adornarsi il capo. Trova riscontro tutto questo nel ‘Catalogo  degli uccelli delle isole tropicali & c. pag.32’, lavoro scritto da G.R.Gray sull’ habitat della New Ireland.

 Anche il Dr. Otto Finsch, etnografo , naturalista ed esploratore tedesco, nel suo libro sulla Nuova Guinea a pag.157, parla dell’isola  Waigiou (7), ove era possibile avvistare il Lori papuano e molte rare specie.

Oggi il concetto tassonomico accettato dalle autorità, sin dal 1996 è: Charmosyna papou.,numero  tassonomico seriale 554831.

Dopo molti anni di assenza nell’allevare Loridi, mi sono riuscito ad avvicinare ad una stupenda coppia di Lori papuani, grazie all’interessamento del Dr.Fabio Pelicella, vetrerinario e ottimo conoscitore ed allevatore di questa specie, il quale mi fatto da tramite con la Signora Gloria Di Fusco, la quale mi ha amorevolmente ceduto una coppia stupenda di Lori ed a cui mi sono  apprestato a porla in riproduzione. Coppia che comunque aveva già deposto per la prima volta in questa stagione, ma a causa delle temperature molto alte di quest’anno, non sono riuscite a portare a compimento la covata.

Spero che presso il mio aviario ed in questa stagione, settembre – novembre, in condizioni di temperatura ottimali e in voliera molto lunga, possano esservi dei risultati positivi.

La voliera in zona abbastanza riparata rivolta verso la vegetazione del boschetto dalle dimensioni di sei metri di lunghezza, due di altezza ed 1,30 di larghezza, è coperta per un terzo, in cui vi è posto il nido. Gli alberi di alto fusto fanno ombra, creando le condizioni di fresco per il periodo estivo e di una temperatura adeguata per l’inverno, in sintesi per cercare di riprodurre in condizioni simili ai luoghi di origine di alta montagna tropicale dei 2500 m di altitudine. Fresca , riparata con molta vegetazione, con raggi solari che penetrano verso una parte della voliera; pertanto i Lori papua sono considerati animali robusti e resistenti, abituati a vivere sugli altopiani della Nuova Guinea, che sono nuvolosi e freddi per la maggior parte del tempo.

Il nido dalle dimensioni di 15x 15 x 30 cm, posto in posizione protetta, isolata alla vista di altri soggetti presenti nelle immediate vicinanze,  anche “umani”ed è quasi camuffato da fogliame di eucaliptus gunni e passiflora.

E’ necessario  che il materiale sia di legno, perché a causa delle feci , si crea all’interno un elevato tasso di umidità, che potrebbe bagnare il piccolo e farlo  morire di freddo. Una escamotage potrebbe essere di porre sul fondo una fitta rete e poi mettere un alto strato di trucioli naturali , così da avere una evacuazione senza trattenuta di liquidi. In natura nidificano all’interno di piante epifitiche (2) che ne assorbono i liquidi, altrimenti è opportuno dotare il fondo di un cassetto estraibile, per potere controllare lo status della lettiera , senza disturbare i giovani.

I pulcini lasciano il nido  dopo circa sessanta giorni e l’agitazione dei genitori è facilmente visibile; li nutrono ancora per due tre settimane. Nella valutazione di R.Low i giovani fratelli dovrebbero essere separati all’età di cinque mesi, per evitare che formino uno stretto legame.

L’alimentazione svolge per questi pappagalli un ruolo importante, molti sono oggi i mangimi che il commercio offre, ma bisogna assolutamente offrire una pappetta a secco o in umido, con cambio giornaliero, senza che lo stesso venga variato nella composizione e per questo motivo proseguo con il pasto che la stessa signora Gloria, ha già sperimentato. In separata ciotola aggiungo vari frutti di pera, pesca, mela e acini d’uva, poi vegetali come cetrioli, zucchine, verdure; bacche di piracanta, rosa canina, sorbo selvatico, sambuco nigra, spinaci, foglie di dente di leone, fiori di ibisco; rami freschi con fluorescenze, se disponibili;. da escludere assolutamente l’Avocado, tossico per i psittacidi.

Ottimi i melograni che da un punto di vista dietetico hanno  un valore qualitativo eccellente. Apprezzato il polline ed il nettare naturale. Accettate le verdure come lattuga e spinaci. Infine bisogna fornire loro qualche proteina , quali vermi, formiche o larve come quelle del tenebrio(6), ma non nel momento di riproduzione e con parsimonia. Gradita l’uva sultanina , ma servita , dopo averla posta in acqua tiepida per farla rinvenire !

Bisogna comunque ricordarsi che tutti i lori hanno un metabolismo più veloce di altri pappagalli e che il cibo liquido viene assorbito molto velocemente ! Cibo che liquido và servito caldo tre volte al dì.

Usare un contenitore in acciaio inossidabile che viene lavato e sostituito ogni giorno.

Depongono, dall’età di due anni, generalmente due uova che schiudono dopo 28 giorni di incubazione. I pulcini vengono alimentati per 8 – 9 settimane giorni, prima che vadano all’involo. I giovani successivamente iniziano ad essere indipendenti dopo 2 o 3 settimane.

Detto questo mi preparo ad affrontare la stagione della riproduzione con attenzione.

Il colore del becco incide molto sullo stato di salute del pappagallo, se intenso arancione è segno di un ottima salute, se invece di tenue colore,con piume non compatte, potrebbe essere un segnale di mal nutrizione da attribuirsi a malattie epatiche. In compenso, se ben curato nella alimentazione, il fegato di questi lori ha grandi poteri di recupero e nel giro di tre mesi si possono notare gli effetti positivi.

Endemico della Nuova Guinea, 36-42cm, compresi i filamenti delle coda; 23-25 cm ,escluse le timoniere è uno degli esemplari più belli del mondo. Snello e di medie dimensioni, è caratterizzato da due fasi cromatiche e dalle remiganti e dalle timoniere esterne lunghe e filiformi, lunghe il doppio rispetto alle timoniere laterali e particolarmente evidenti in volo. Questa specie è inoltre caratterizzata dal dimorfismo sessuale in tre delle sue quattro sottospecie. Nella nominale, maschio e femmina sono identici e questa sottospecie, che si trova esclusivamente sui rilievi di (1) Vogelkop (Kepala Burung in lingua  originale), Irian Jaya (Indonesia), non presenta la fase melanistica (3). Si distingue dalle altre sottospecie grazie al giallo ai lati del petto e sui fianchi. Ha pileo nero, leggermente striato di blu, striscia nera sulla nuca, parti superiori verdi, testa e parti inferiori di colore rosso con ventre nero. Le due sottospecie che abitano la Nuova Guinea centrale sono simili, caratterizzate sia dal dimorfismo sessuale, sia dalla fase melanistica, in cui il rosso e il giallo della livrea sono sostituiti dal nero, i maschi della fase melanistica presentano tuttavia tracce di rosso sul dorso  e sulle sottocaudali. A differenza della nominale, non presentano le striature gialle sulle parti inferiori e le femmine hanno un’evidente macchia gialla sulla parte inferiore del dorso. La sottospecie che si trova nella penisola di Huon si distingue facilmente dalle altre grazie alla caratteristica fascia pettorale gialla. Anche il Lorichetto della Duchessa, allopatico (5), presenta una fascia pettorale gialla. Può essere difficile distinguere sul campo le tre specie appartenenti al genere Charmosyna presenti in Nuova Guinea, il Lorichetto delle fate , il Lorichetto di Giuseppina  e il Lori di Papua, soprattutto perché sono visibili solo per brevi istanti e, il più delle volte, in volo. Il Lori di Papua è evidentemente più grande del Lorichetto delle fate e si trova prevalentemente ad altitudini superiori (il Lorichetto delle fate solitamente fino a 1800m, il Lori di Papua principalmente da 1500m in su). Il Lorichetto delle fate non ha le lunghe e filiformi timoniere esterne tipiche del Lori di Papua né la grande macchia nera che caratterizza tutte le fasi cromatiche normali. Il Lori di Giuseppina, che si trova principalmente fino a 1200m, ma talvolta anche fino a 2000m, è più difficile da distinguere ma oltre a non avere le lunghe e filiformi timoniere esterne del Lori di Papua, ha la superficie superiore della coda di colore rosso anziché verde: esemplari con le timoniere spezzate o immaturi dal piumaggio meno vivace di Lori di Papua possono essere difficili da identificare al di fuori di Vogelkop, dove hanno le parti inferiori striate di giallo; tuttavia il profilo in volo rimane inconfondibile, con il collo lungo e ali sottilissime dalle remiganti primarie allungate. Le forme melanistiche del Lori di Papua sono estremamente caratteristiche e difficilmente rischiano di essere confuse con altre specie, sebbene ci siano esemplari appartenenti ad una fase intermedia. Le altre simpatriche (6), il Lorichetto guance viola , il Lorichetto alpino , il Lorichetto di Musschenbroek minore  e il Lorichetto di Goldie, difficilmente possono essere confusi con il Lori di Papua. Il volo di questa specie è diretto ma non veloce, caratterizzato da colpi d’ala rapidi che producono un frullio ben udibile. Secondo alcuni esperti la frequenza con cui ricorrono gli esemplari melanistici dipende dall’altitudine e dalla zona, ma non esistono studi sistematici in proposito.

Il richiamo in volo è un singolo e sonoro queeea, legato e più stridente rispetto ai richiami del Lorichetto guance viola e del Lorichetto alpino, entrambi simpatrici. Mentre mangia emette una nota nasale e placida di tonalità costante e volume crescente, descritta come un wnnaaah o nreeennn. Emette anche altri richiami, tra cui un lieve cheep…cheep e un taa-aan nasale e prolungato quando riposa,o quando si sposta tra le cime degli alberi e durante le attività di toelettatura.

Rilievi centrali della Nuova Guinea in Irian Jaya (Indonesia) e Papua Nuova Guinea, si trova dalla zona sud orientale di Vogelkop fino alla catena Adelbert, Penisola di Huon e rilievi sudorientali. Secondo le stime, la popolazione mondiale, stabile, è superore a 500.000 individui. Si ritiene che né la cattura a scopo commerciale né la caccia a questi esemplari, le cui penne sono molto ricercate per la decorazione di copricapo tribali, costituiscano attualmente una minaccia per lo status di questa specie.

La coppia melanica

Si trova a partire dai 1200m fino al limite della vegetazione arborea e ne è stata segnala la presenza fino a 3500m, ma è più comune al di sopra dei 2000m, raro al di sotto dei 1500m; è stato visto da Forshaw a 2800m d’altitudine in una foresta di Nothofagus-Podocarpus. Agile e dal comportamento attivo, si trova spesso in coppia o piccoli gruppi. Questi esemplari si spostano tra gli alberi, a scatti con movimenti non fluidi, spesso schioccando le timoniere esterne lunghe e affusolate; nonostante questo, non sono particolarmente vistosi tra gli alberi. Il Lori di Papua si nutre di nettare, polline, forse di fiori, boccioli, frutti e piccoli semi sugli alberi con le gemme o sulle piante epifite in fiore, rimanendo attaccato ai rami coperti di muschio. Talvolta ingerisce anche accidentalmente, larve di insetti. Si trova negli alberi e nelle piante Schefflera in fiore, spesso in compagnia di altre specie che si nutrono di boccioli, come il Lorichetto di Musschenbrioek minore. Spesso viene visto volare basso al di sopra degli alberi o attraversare le radure a media altezza. Non esistono descrizioni del comportamento in nidificazione in natura, ma H.D.Pratt nel 1987 (7), osservò un adulto muoversi con circospezione in prossimità di un folto gruppo di piante epifite, probabilmente alla ricerca di un sito adatto alla nidificazione. Inoltre, nel mese di agosto venne raccolta una coppia in livrea nuziale e esemplari giovani sono stati visti in natura nei mesi di ottobre e novembre. In cattività, quando depone due uova, la cova dura tre settimane e i piccoli rimangono nel nido per circa due mesi. Durante il rituale del corteggiamento, gli esemplari della sottospecie nominale drizzano le penne gialle dei calzoni, si allungano e si stirano, si piegano, fischiano e con il becco producono un rumore simile a uno schiocco. Ha  testa rossa con macchia nera sulla parte posteriore del vertice e macchia a forma di mezzaluna sulla nuca; macchia sul vertice con macchiette blu che scende verso il basso partendo dal margine posteriore. Parte inferiore della nuca e mantello rosso uniforme; centro del dorso verde smeraldo scuro; parte inferiore del dorso rosso acceso; groppone azzurro brillante. Parte superiore delle ali verde smeraldo scuro con remiganti dal vessillo interno nero; sottoala grigio antracite con copritrici rosse; verdi le copritrici marginali. Gola rossa, petto di tonalità più scura e leggermente meno vivace; parte inferiore del petto rosso più chiaro con macchia nera di dimensioni variabili al centro del petto che, talvolta, si estende fin sui calzoni; lati del petto e fianchi con due serie evidenti di striature gialle; basso ventre e sottocaudali di colore rosso. Sopraccoda verde che sfuma gradatamente nell’arancio delle timoniere, rachide delle penne centrali nero bruno; sottocoda giallo che sfuma nell’arancio delle timoniere. Parti nude: becco arancio; iride arancio; zampe arancio. Sessi simili nella nominale. Nell’immaturo il piumaggio è meno vivace rispetto all’adulto e le timoniere sono più corte. Variabile barra alare gialla sulla parte inferiore delle remiganti secondarie; groppone screziato di verde; punte delle remiganti primarie meno allungate rispetto all’adulto. Becco e zampe arancio tendente al marrone; iride giallo pallido.

dimensioni

                   Lunghezza  36-42 mm; Ala 130-145; coda 200-252; becco 15-17; tarso 16-18. C.papou

                   Lunghezza  45 cm;  Ala 134-151 mm. C.p.stellae.

                   Lunghezza  45 cm; Ala 135-156 mm. C.p.goliathina

                   Lunghezza  42 cm; Ala 120-142 mm. C.p.whanesi.

tre sottospecie, più la nominale:

C.p. papou, Scopoli, 1786. Frequenta i rilievi della penisola del Vogelkop.

C.p. stellae , A.B.Mayer, nel1886, nominò tale uccello  in onore della  Baronessa Stella Erggelet, patrona austriaca della scienza. Presente sui rilievi di Nuova Guinea sud orientale sino al fiume Angabunga e le montagne Herzog. In questa sottospecie, maschio e femmina sono differenti, ed è presente una fase melanistica. La fase normale della sottospecie stellae, rispetto alla nominale, porta una macchia nera sulla nuca molto più estesa -che raggiunge l’occhio-, con striatura anteriore piuttosto marcata di colore blu violaceo;  quest’unica evidente macchia nera sostituisce le due meno appariscenti zone nere che caratterizzano vertice e nuca della nominale. Anche le timoniere esterne lunghe e filiformi sono diverse, poiché la loro colorazione sfuma dal verde all’arancio rosso (anziché all’arancio) ed infine, sulle punte, al giallo. Inoltre, la C. stellae non ha l’evidente striatura gialla su petto e fianchi della C. papou e la sua macchia nera sul ventre si estende fin sui fianchi. La femmina mostra un’evidente macchia gialla sulla parte inferiore del dorso con punte verdi sulle penne più lunghe, e sopracoda rosso (il maschio ha groppone rosso con macchia blu). Più uniforme il rosso sul petto, non di una tonalità più scura sulla parte superiore. Nella fase melanistica il rosso è sostituito in larga misura dal nero . Si distingue dalla sottospecie goliathina grazie al diverso colore delle lunghe e filiformi timoniere esterne. Negli esemplari giovani le parti inferiori sono caratterizzate da sottili orli più scuri.

C.p. goliathina, Rothschild,e Hartert, 1911. Rilievi della Nuova Guinea occidentale, centrale e orientale, Montagna di Goliath. In questa sottospecie, maschio e femmina sono differenti, e sono presenti due fasi melanistiche. La fase cromatica normale è simile alla stellae da cui si distingue grazie alle punte gialle che caratterizzano le timoniere esterne lunghe e filiformi (anziché arancio rosso che sfuma in giallo). Le sopracaudali più lunghe sono blu malva, anziché rosse come nella stellae. Come quest’ultima, invece, la fase melanistica ha parti superiori verdi e parti inferiori, testa e mantello completamente blu scuro, quasi nero, interrotto solo dalle striature blu sulla nuca; il maschio ha dorso e sottocaudali di colore rosso (il blu sul groppone è presente in entrambi i sessi). Le ali sono verdi e le remiganti hanno vessillo interno nero. Il sottocoda è più giallo verde rispetto a quello della fase cromatica normale, e le timoniere esterne lunghe e filiformi sono verde spento che sfuma nel giallo verde delle punte.

C.p. wahnesi, Rothschildi, 1906, stà per C.Wahnes; questo Lori era stato catturato nel gennaio del 1906 da Carl Wahnes, naturalista e collezionista tedesco che ha lavorato sulle montagne della penisola di Huon nord-est della Nuova Guinea. Lord Rothschild nominò anche Parotia wahnesi,  l’uccello del paradiso da lui scoperto, in onore di Wahnes. Detto lori è distribuito sui rilievi della penisola Huon e montagne Adelbert, comprese tra i 1400 m i 3500 m, occasionalmente si porta a quote più basse intorno i 1200m. Piuttosto comune in molte località, dove vive in coppia o in piccoli gruppi, talvolta si unisce ad altre specie di Lori, ma solo in occasione per  consumare pasti e nettare florescenze, bacche e larve.  Simile alla goliathina, ma con una sottile striscia gialla che demarca il rosso sulla parte inferiore del patto. Presenta una slavatura verde sui fianchi e sulla parte superiore del ventre. Parte centrale del ventre e sottocaudali di colore rosso.

Note esplicative:

(1).Il Vogelkop Montane rain forest, Penisola capo dell’uccello, si sviluppa nella parte  nord-occidentale della Nuova Guinea e per la maggior parte  su Papua occidentale.
(2) Epifitiche,sono quelle specie di piante che vivono su alter piante e le usano come sostegno..
(3) Melanico,è un eccesso di pigmentazione nero o quasi nero della pelle , piume , o peli.
(4) Allopatrico,si dice di specie residenti in regioni diverse geograficamente separate.
(5) Tenebrio, tarma della farina insetto dell’odine dei coleotteri e della famiglia dei tenebrionidi.
(6) Simpatrico, allorquando due specie vivono nella medesima area e possono venire a contatto.
(7) Waigiou, chiamata anche Amberi o Waigeo, è la più grande delle quattro isole dell’arcipelago Raja Ampat,Indonesia.
(8) T.K..Pratt, Birds of Nuova guinea,1986,Princeton UniversityPress.

 

Testo Guglielmo Petrantoni

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… note sulla Amazona Farinosa chapmani

L’epiteto specifico farinosa è un aggettivo latino derivato farinosus,  farinosa,  farinosum, che in effetti significa spolverato di farina. Questa allusione si riferisce alla comparsa del piumaggio dorsale che contraddistingue gli individui della specie.

Amazona farinosa chapmani (© Guglielmo Petrantoni)

L’epiteto subspecifico chapmani indica che fu dedicato dall’ornitologo gentiluomo Melvin Traylor all’illustre ornitologo statunitense Frank Michler Chapman (1864-1945), autore, con altri scritti, di The distribution of bird-life in Colombia, nel 1917, e innumerevoli articoli su National Geographic, precursore delle “Guide sul Campo”. 

Cinque sottospecie. Le tre sottospecie sudamericane presentano considerevoli variazioni individuali nel piumaggio e caratteristiche identificative che, in una certa misura, si sovrappongono. È possibile che in futuro si giunga alla conclusione che le sottospecie inornata e chapmani siano sinonimi della farinosa. Anche le popolazioni settentrionale e meridionale presentano differenze che sembrano essere clinali: ad esempio, nel nord le sottospecie guatemalae e virenticeps hanno il becco più scuro e maggiore quantità di blu sulla testa, che diminuisce progressivamente procedendo verso sud, mentre le popolazioni meridionali (farinosa, inornata e chapmani) hanno il becco più chiaro e più color corno.

A. f. chapmani (© Guglielmo Petrantoni)

A. f. chapmani (© Guglielmo Petrantoni)

 A.f. chapmani (Traylor 1948), Amazzone farinosa di Chapman (I). distribuita in Ecuador orientale e, in una popolazione separata, Bolivianor orientale; apparentemente anche nel nord del Perù a ovest delle Ande orientali, nell’area del Parco nazionale di Manu. Est Ecuador. Un singolo esemplare è stato segnalato nella provincia di Putumayo, Colombia meridionale, ed alcuni soggetti nella provincia di Vaupès. Simile alla Amazona farinosa inornata (ala 23,2-26,2 cm, lunghezza 38 cm) ma più grande. Come gli esemplari appartenenti alle sottospecie nominale e inornata, anche in questi esemplari la quantità di giallo sulla testa varia considerevolmente, ovvero nella A. Chapmani è quasi assente e un blu melanzana soffuso si nota sul capo e si confonde con il verde marcio del corpo.

In Colombia nella Regione dell’Orinoco è chiama Lora mojosa, ed in zoonimia indigena nella famiglia linguistica Huitoto, della ragione Araracuara nel sud Colombia “Cùyùque”; In Perù Loro ceniciento, o “Hullpa-loro”; in Bolivia Loro burron e  in Ecuador Lora choronquera.

Amazona farinosa chapmani peruviana

Mentre in lingua Inglese: Southern Mealy Parrot o Chapman’s Mealy amazon, in Francese Amazone poudrèè, e in Tedesco Chapmans Mueller-amazone. Per il popolo indigeno Okaino, dove la maggior parte di questo gruppo vive in Perù orientale e  la loro casa tradizionale è la Maloka, la cui funzione era una camera rituale comune. Ora  vivono in villaggi in cui diverse case indipendenti sono  costruite su palafitte, alcuni conservano il Maloka come un incontro e attività rituale,tra cui cibarsi della carne della Amazona farinosa, mentre  le penne vengono poi sfruttate per adornarsi oppure per inserirle nelle frecce come stabilizzatori , successivamente usate per la caccia con cerebottane.

La colorazione generale è verde marcio molto scuro, con copritrici,  remiganti secondarie e le remiganti primarie; la coda giallo–verde intenso; l’iride rosso mattone; l’anello perioftalmico nudo e ben evidente; Becco grande e forte con mandibola superiore corneo vicino la cera che è scura che scurisce verso la punta, la mandibola inferiore cornea con nero sbiadito alla base (antracite), zampe grigio scuro. Misure: lunghezza 42 cm., ali 25,5-28,0 cm. In Cites, allegato B/II della Convenzione.

Animale chiassoso tra i più disparati mormorii, strilli, fischi,e richiami aspri e rauchi.

In una nota dell’aprile 1967, su Caldasia (Rivista ufficiale della Università Nazionale Colombiana), vol. X, n. 46, venne fatta una osservazione (Antonio Olivares, Istituto di Scienze Naturali Colombiana) di un maschio, nella località di Caquetà, Quebranda Agua Negra, 5 Km ad occidente di Tres Esquinas che così recita:

“El presente mascho (ala, 260; cola, 143 mm es grande para inornata y puede entrar en chapmani. Ya esta subespecie se conocìa de Umbrìa (Putumayo) màs o menos a 150 km al occidente de tres Esquinas”

Oggi bisogna affermare che in tutta Europa ,non sono presenti soggetti della sottospecie “chapmani” ad esclusione del sig. H. Zender , che in prima persona, importò una coppia certa dai luoghi di origine ed altra in possesso di tale sig.Gulasch,   soggetto proveniente dal Parco Nazionale di Manu in Perù. Pertanto è mera utopia pensare che possano esserci altri esemplari puri, tutto quello che si afferma, non corrisponde alla realtà, si tratta di soggetti non conformi allo standard  e comunque non rispondenti alle caratteristiche anzi citate, anche perché pochi possono dare prova della esatta origine del soggetto posseduto.

Nelle importazioni del passato, ancor quando giungevano le quote dei pappagalli dal Sud America, non ho mai osservato Farinose di Chapman, per altro già difficili  da saper riconoscere e identificarle, soprattutto nella considerazione che i raccoglitori (acopiadores) non frequentavano l’Equador orientale ed il Perù ,ardui da praticare. Molto più facile e meno oneroso raccogliere e consegnare la merce agli esportatori di quei paesi con quote numericamente stabilite e autorizzate ufficialmente, ove le autorità locali potevano verificare l’operato degli esportatori accreditati nei pressi degli aeroporti internazionali.

Purtroppo non si hanno notizie certe sull’allevamento di questi soggetti ancestrali in ambiente controllato,in tutta Europa, anche se molte sono le riproduzioni delle altre sottospecie che comunque stentano a raggiungere un buono e facile risultato riproduttivo.

Consuma con una grande quantità di frutti  di bosco e frequenta con regolarità  gli alberi di palme di “gùerregue” (Astrocaryon standleyamum) i cui frutti si trovano nella parte più alta. Ingeriscono frutti interi e la polpa della Coeruma macrocarpa; fiori e frutta  semimaturi di Tabebuia insignis; frutta  in tutte le fasi dello sviluppo di Tetragastris sp.,Eschweilera sp., Inga alba,Inga laterifolia,; semi di  Peritassa egreria, Prionostemma aspera e Helicostylis tomentosa; e ancora frutti di Cochlospermun orinocense; polpa di frutti maturi di Euterpe precatoria, Micopholis melinoneanamensalis; Ancora frutti di Ficus spp. Inga , Dussia.

Il periodo riproduttivo pare essere il primo trimestre dell’anno, in Colombia; tra novembre e marzo in Brasile; in Guatemala nel mese di maggio, in Centro America tra aprile e giugno

La deposizione consta solitamente al massimo di tre uova, che incuba per 26-27 giorni., all’interno di ceppi morti di Palma o in cavità di altri alberi. 

Le notizie qui citate sono frutto di dati certi forniti da coloro i quali hanno vissuto in prima persona le esperienze di osservazione sulla Amazona di Chapman, superando le difficoltà del territorio, già reso difficile da gruppi indigeni non proprio sempre ben disposti verso coloro che ne invadono il territorio,anche se a scopo scientifico.

Variabilità geografica:

Articolo G. Petrantoni, foto dell’autore.




Dal diario di viaggio di un ornitologo e naturalista . . . in Ceylon, ora Sri Lanka (ශ්රී ලංකා in singalese / இலங்கை in tamil)

Dal diario di viaggio di un ornitologo e naturalista . . . in Ceylon, ora Sri Lanka (ශ්රී ලංකා in singalese / இலங்கை in tamil)

Il 28 marzo 2017 mi imbarcai a Milano su di un Boeing 777 della compagnia di bandiera degli Emirati e dopo una sosta tecnica a Dubai giunsi, il 29 successivo, a Colombo, dove mi

Il giovane Ruwan a destra con il papà a sinistra, preziosi accompagnatori.

incontrai con Ruwan e suo padre, i quali mi prelevarono con la vettura per poi, dopo una accurata organizzazione ed un riposo per il fuso orario, avremmo concordato il tragitto verso il nord dell’isola, dalla sede stanziale di Nigombo.

Il tempo aveva dato un buon respiro, dato che lì era l’inizio dell’inverno, con temperatura dai 25° in su, ma sempre ventilato. Le piccole ed intense piogge – trovandoci sulla linea dell’equatore – davano nuova freschezza e tinte più vivaci alla vegetazione. Il sole, sin dal suo sorgere, insieme alle più fulgide vegetazioni, emanava un calore potente nello spazio azzurro, a poco a poco contrastato da immensi nuvoloni che si vedevano al di sopra delle folte boscaglie. L’aria calda, ma ventilata era satura di vapori di un insolito e soave profumo di fiori. Farfalle variamente colorite e di impareggiabile bellezza volavano intorno, scoiattoli delle palme si rincorrevano su per gli alberi, per nulla intimoriti dalla mia presenza, e corvi (Corvus splendens) emettevano continui richiami senza sosta, lontano nella boscaglia, con il richiamo del bul bul (Picononotus lutelus) ad intervalli con altri che facevano da eco.

 

Presbite dalla barba bianca (Presbytes cephalopterus)

Date le ridotte dimensioni, lo Sri Lanka possiede una varietà incredibile di animali: 92 mammiferi; 242 farfalle; 435 uccelli; 98 serpenti; schiamazzanti e non sempre visibili i gruppi di primati arboricoli tra cui il Langur comune, il Presbite dalla barba bianca (Presbytes cephalopterus) ed il Macaco di Ceylon. Con più frequenza ed in ore diverse sono visibili l’elefante asiatico di Ceylon (Elephas maximus maximus), che è il più grande del genere degli elefanti asiatici, ghiotto dell’albero di Kitulpam (Caryota urens), e il cinghiale dalle lunghe zanne (Sus scrofa affinis). Il clima tropicale, il lungo isolamento dall’Asia continentale e la diversità dei vari habitat hanno dotato l’sola della ricchissima avifauna di oltre 400 specie di uccelli, 26 delle quali sono esclusive dello Sri Lanka, mentre le altre 198 sono migratori, alcuni verso l’India del Sud, altri verso la tundra artica, come per esempio i piovanelli e i pivieri. I migliori periodi per osservare gli animali sono da gennaio a marzo, anche se durante tutto l’anno è possibile effettuare escursioni anche in coincidenza del monsone (maggio – ottobre).

Langur dalla faccia viola (Trachypithecus vetulus)

Detto questo, il percorso che stabilimmo prevedeva uno spostamento in vettura verso il nord-ovest, alla volta del Bundala National Park, poi ancora il Wilpattu National Park ed infine il Yala National Park nell’estremo sud-est; si consideri che l’isola è comunque tutta un grande parco (14 parchi in toto) ove gli animali vivono, anzi convivono con gli uomini i quali portano loro un grande rispetto! Con un totale di 1000 Km. toccammo molte città come Kegalla, Ella, Sigirya, Kandy, Nuwara Eliya, Yala, Matara; rientro alla base di Negombo dopo 12 giorni.

Cinghiale dalle lunghe zanne (Sus scrofa affinis)

Durante la giornata di riposo che mi ero preso, mi recai a piedi sulla provinciale di Negombo, dove lungo i bordi della strada ad intervalli vi erano venditori di frutti del luogo. In un posto all’ombra, non appena mi fermai, incontrai un ragazzo che prese un frutto di cocco intero ed ancora verde e che con alcuni colpi ben assestati di un pesante coltello praticò un foro nella parte più appuntita e  mi invitò a bere il contenuto della noce. Accaldato ed assetato come ero, trovai la bibita gustosa: per il colore sembrava acqua di riso, eccellente, dolciastra e fresca. Esaurito il liquido, il giovane, ripreso il frutto, con un colpo da maestro, lo spaccò in due metà eguali, poi con un altro colpo obliquo staccò dalla spessa buccia di una delle metà una zeppa, che veniva in tal modo ad avere naturalmente la forma di una paletta con un margine tagliente; porgendomi tutte e due le metà, rassomiglianti a due scodelle, mi mostrò il modo per staccare, con questo cucchiaio improvvisato, la polpa molle dell’interno del guscio, già mezzo ossificato. Questa polpa (l’albume del seme), quando il frutto è immaturo, è molle, gelatinosa, bianca e quasi opalina, ma con l’invecchiamento diventa oleosa, e serve appunto a estrarre il cosiddetto olio di cocco.

Dopo questa passeggiata rientrai alla base, poiché l’indomani ci saremmo portati verso Kegalla, al Wilpattu National Park, un’area molto estesa di foresta pluviale, con macchie di terreni aperti, piscine naturali, fiumi e fitta vegetazione, il tutto a 50 Km ovest di Anuradhapura…

Bucero (Anthracoceros coronatus)

In seguito alla visita ai vari parchi, posso dire che, data la varietà geografica-ambientale, la fauna presente offre al visitatore una moltitudine di animali in piena libertà. Appollaiato su di un albero nella radura c’era un bellissimo Bucero (Anthracoceros coronatus), il quale è noto per deporre tra aprile e giugno negli alberi, dove la femmina, chiusa nel nido con fango, viene alimentata sino alla schiusa dal maschio attraverso una piccola feritoia. Entrambi i sessi sono simili nella colorazione.

La mia attenzione era sempre al massimo per cogliere momenti che mi mettessero in condizione di effettuare un buono scatto e già si procedeva su di un fuoristrada con sedili sistemati a sbalzo sul cassone e prontamente dovevo comunicare con l’autista perché si fermasse!

A sinistra Elefante dello Sri Lanka, a destra i Bufali selvatici

Lungo il percorso, elefanti nella bassa boscaglia e bufali selvatici (Bubalus arnee), immersi nelle acque calme dei laghetti sino al collo, erano quasi sempre a vista, ma in distanza di sicurezza. Purtroppo mi è mancata la possibilità di fotografare l’unico felino presente e tipico … il Leopardo (Panthera pardus kotya). Il termine “kotya” è usato in singalese per indicare la tigre. Il leopardo dello Sri Lanka (Panthera pardus kotiya) , noto colloquialmente come kotiya, è una sottospecie di leopardo originaria dello Sri Lanka. Comunque, «kotiya» è il termine singalese usato attualmente per indicare la tigre, mentre leopardo si dice «divya».

In compenso mi imbattei in una serie di stupende cicogne (Ciconia episcopus), le quali, per nulla intimorite, pascolavano sulla strada rossa che attraversava il Parco, e poi ancora una stupenda Mycteria leucocephala, detto il Tantalo dal becco giallo.

A sinistra, cicogne (Ciconia episcopus). A destra, Tantalo dal becco giallo (Mycteria leucocephala)

Anche i rapaci non si nascondono e sono abbastanza presenti, ma è utile disporre di un buon obiettivo, pertanto, a terra, mimetizzato dai colori della terra, fermai sull’obiettivo prima un Falco pecchiaiolo orientale Pernys ptylorinchus intento a cacciare serpenti, poi, poco dopo, un incredibile serpentario crestato Spilornis cheela.

A sinistra Falco pecchiaiolo orientale (Pernys ptylorinchus), a destra Serpentario crestato (Spilornis cheela)

Purtroppo molti altri rapaci, comunque presenti nel Parco, sono sfuggiti al mio obiettivo solo per la lontananza o il volo veloce!

Nel folto della foresta pluviale interessante è stata la possibilità di immortalare una intera famiglia di cervi pomellati, abbastanza comune che abita molte aree boschive (Thith Muwa in singalese). Molto caro ai bambini di tutto il mondo, ma anche ahimè, preda frequentemente mirata dal leopardo!

A sinistra famiglia di Cervus axis, Cervo pomellato, a destra Cervus unicolor

Poco dopo, iniziò una improvvisa pioggia assai fitta, tanto che fummo costretti a fermarci in una radura in attesa che si rendesse meno incessante. Contemporaneamente ogni forma animale si rese invisibile, ma ad un tratto, inaspettatamente, apparve, disorientato, un sambar, Rusa unicolor, appartenente alla famiglia dei cervi, animale piuttosto schivo e di non facile individuazione, data la colorazione bruna che si mimetizza con la boscaglia.

Pochi minuti e la pioggia svanì come d’incanto, ricomparve il sole e un’odore di terra bagnata pervase l’aria… La voglia di proseguire è forte, ormai da due ore percorrevamo in fuoristrada le strade alquanto sconnesse, anche gli animali si mostravano con piacere al nostro occhio, e comunque l’intensa pioggia non era riuscita a formare acquitrini, poiché riassorbita dal terreno.

Il Gallo selvatico, simbolo nazionale dello Sri Lanka (Gallus lafayetti)

Tra le sorprese di queste immenso parco si presenta con molta serenità un uccello galliforme selvatico della giungla Gallus lafayetti, tipico esempio autoctono di queste terre e simbolo Nazionale. Un maschio veramente imponente ed elegante nei suoi colori, cosa che invece non è la femmina dalla colorazione marrone con chiari e scuri variabili, senza particolari colori, proprio per meglio mimetizzarsi durante la cova nel nido posto in una depressione del terreno, al riparo di un cespuglio.

Al rientro, stanchi, ma contenti di avere trascorso una mattinata in mezzo alla natura, in una radura allagata scorgiamo nell’acqua, con la testa fuori, dei bufali selvatici, molto comuni ed anche abbastanza utilizzati per il loro latte. Dal bufalo d’acqua addomesticato i locali ricavano uno yogurt, molto più nutriente del nostrano di latte vaccino, chiamato in singalese (මීකිරි) meekiri, che viene venduto in vasi di argilla lungo le vie di comunicazione.

Sempre presenti e di facile individuazione sui bassi rami i gruccioni (Merops leschenaulti), lunghi 21 cm. circa, dal volo veloce al pari delle nostre rondini, simili per colorazione al nostro migrante africano, ma con abitudini molto diverse: non volano alto e non nidificano sulle pareti di sabbia, ma volano sempre all’altezza degli occhi e usano fare buchi in terra.  Sono stanziali.

Nella foresta tropicale, il Gruccione staziona sulle basse ramificazioni

Terminata la giornata, sostiamo al punto di ristoro del Parco per consumare un pasto veloce e poi proseguiamo alla volta di Kandy, su quella strada che, prima della costruzione della ferrovia, era la più trafficata ed importante di tutta l’isola per il trasferimento delle spezie. Delle bellezze della strada ne perdiamo però la maggior parte perché la notte incalza, tanto che ad un tratto il fogliame delle piante, vagamente colorato di raggi porporini di un bel tramonto, assume una tinta tetra, a causa della brevità del crepuscolo. Con la stessa rapidità dell’imbrunire si fa giorno nelle vicinanze di Kandy, una città piena di vita e di animazione, ancora più luminosa quando dal centro iniziamo a salire per la collina sovrastante verso l’albergo.

Al mattino seguente una sorpresa durante la sosta-pausa: alloggiavo al terzo ed ultimo piano di un albergo sulle colline, una specie di Beverly Hills cingalese, immerso nel verde della foresta tropicale e sul terrazzo in posizione visiva allargata, mentre stavo un po’ ripensando a quanto vissuto nei parchi Nazionali, improvvisamente notavo che nella sottostante piscina era caduto un fulmine azzurro che la coda del mio occhio non aveva ben individuato. Sorprendentemente sul passamano in ferro vidi uno stupendo martin pescatore (Halcyon smyrnensis fusca). Da lì ad un secondo mi precipitai in camera per munirmi della fedele macchina fotografica!

Halcyon smyrnensis fusca – Martin pescatore asiatico

Fortunatamente quando arrivai non era ancora volato via! Pertanto mi misi a cliccare, ma con stupore notai che non era lì per pescare chissà quale prelibato boccone di pesce, bensì per fare un bagno ristoratore e pulirsi le penne!

In una decina minuti della mia osservazione potei fermarlo nel volo, mentre più di una volta si tuffava in acqua per poi rimettersi nella posizione sul “trampolino” e adempiere alla sistemazione delle penne! Fantastico, credo di non avere mai avuto un’occasione tanto fortunata!

Nella seconda parte della mattinata ci rechiamo al giardino botanico di Paradenia, che dista dalla città 4 km. L’ingresso principale è chiuso da una elegante ed imponente cancello in ferro battuto, al di là del quale attrae subito l’attenzione un maestoso gruppo di palme, rimarchevoli per bellezza e rarità delle specie, tra cui primeggiava per dimensioni il “talipot”, come lo chiamano gli Indiani, talla gass i Singalesi, cioè la Coypha umbraculifera, palmizio indigeno dell’isola. La Palma talipot (Corypha umbraculifera) è una pianta della famiglia delle Arecaceae, famosa per la produzione della più grande inflorescenza ramificata del mondo,diffusa in India e nello Sry Lanka. A parte la varia ed enorme collezione di piante e di orchidee, lungo uno dei viali mi accorsi che, al di sotto di un enorme albero, ciò che pendeva non frutti, bensì un sorprendente numero di Volpi volanti, Pteropus giganteus.

I Pipistrelli della frutta o Volpi volanti al Royal Botanic Garden a Peradenya

Trascorsi l’intero pomeriggio a fotografare e curiosare tra i viali e le innumerevoli varietà di piante e fiori, e forse non sarebbe bastata l’intera settimana, ma al volgere del tramonto abbandonai e rientrai in albergo.

Coracias benghalensis, detta anche Rullo indiano o Ghiandaia

Il giorno successivo, a bordo del solito van, ci dirigiamo attraverso i campi di thè tra le alture che da 1800 m. s.l.m. circa conducono verso la costa orientale, toccando la città di Nuwara Eliya. Poi verso Badulla e da lì iniziamo a scendere verso la costa per un nuovo safari a Yala (Ruhunu National Park), una grande riserva con laghi, fiumi, acque salmastre, affioramenti rocciosi, litorali e foresta a sud-est.

Uccello pigliamosche (Willpattu Park)

Abbiamo la possibilità di incontrare innumerevoli uccelli, aquile e ungulati tipici della fauna locale; ancor prima di giungere alla meta ci fermiamo presso Samaharama, dove, in un lago salmastro, individuiamo in lontananza dei pellicani Pelacanus philippinensis. Probabilmente il tranquillo specchio d’acqua doveva contenere pesce in abbondanza per soddisfare esigenze alimentari!

Al pomeriggio ci prendiamo una sosta in un resort all’interno del Parco, in piena foresta, ma corredato di ogni comodità, soprattutto di aria condizionata. Al mattino non ancora albeggiava che eravamo già sul fuoristrada che ci avrebbe condotto per le strade interne alla ricerca della fauna selvatica…!

Entusiasmanti ed improvvisi incontri hanno dato la possibilità di fermare sull’obiettivo uccelli e ungulati veramente da mozzafiato. Ore quattro e trenta del mattino, colazione al sacco, entriamo al parco lungo la strada che serpeggia in radure, piccoli stagni e innumerevoli spazi d’acqua. Come sempre sono presenti e immersi nell’acqua o nel pantano i bufali al pascolo e fanno loro da cornice in lontananza piccole aree forestate, ma più ci addentriamo e fa luce meglio riusciamo ad individuare, come incantati, aironi, anatre dentrocigne Dentrocigna javanica, che in volo radente mi sfilano di lato …. al volo! … presa! e trampolieri e ogni varietà di limicoli Vanellus indica. Dulcis in fundo, ormai stanchi per la continua attenzione e per la levata mattutina, individuo tra il basso fogliame uno stupendo, inaspettato e meraviglioso uccello del paradiso pigliamosche, un solo scatto e centro! Terpsiphone paradisi, maschio morfo marrone e bianco.

Sopra una coppia di Threskiornis melanocephala, Ibis testa nera, nei laghetti di Puttalam, sotto Dentrocigna javanica in volo, Dentrocigna minore al Wilpattu Park

La giornata è ormai terminata e ci avviamo sulla via del ritorno, verso Tangalla e poi Matara, dove ci aspetta un delizioso alberghetto a due piani in legno ed il ristorante in stile. Poi, in riva al mare, il reef ci dona una sorpresa durante il bagno pomeridiano: a pochi metri emerge una tartaruga marina e con la enorme mandibola e due occhi anch’essi sorpresi mi guarda e veloce come una saetta si immerge e fila via . . . resto ancora ad osservare la sagoma che si allontana lungo il reef, lasciandomi impietrito, ma soddisfatto della “visione” … E mai mi sono saziato di ammirare, osservare tutto ciò che si muove od odorare tutti i sapori di una terra piena di sorprese, per chi come me ha una sete insaziabile di conoscere, anche se il mio desiderio sarebbe stato quello di penetrare nelle foreste più remote e meno visitate da chicchessia. Per questo motivo mi riprometto di ritornare per concludere con un altro viaggio quella metà parte nord dell’isola ancora più selvaggia ed inesplorata, ove vive la gente tamil.

Molti dei siti della riserva sono inaccessibili, ma per potersi spingere oltre i normali percorsi bisogna contattare il Foreign Office o equivalenti, o ancora il Wildlife Conservation Department, i quali suggeriranno le migliori condizioni per allargare la visita.

Guglielmo Petrantoni

 
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