Rupìcola peruviana: una eccellenza nel campo ornitologico, presente all’Oasi di S.Alessio

Rupìcola peruviana (Latham,1790)

Nome scientifico del latino classico rupes “rupe” e – cola ”colo”.

Essendo imparentato con i galli, gli si è attribuita il nome di galletto, per la maestosa cresta a forma di ventaglio ed anche perché il carattere è piuttosto bellicoso. Fa parte della famiglia Cotingidae , essi sono forniti di vistosi colori, penne fastose, sacchi golari dilatabili, e filamenti membranosi. Questi uccelli delle foreste, le cui dimensioni sono comprese tra quelle di un Regolo e quelle di una Cornacchia, che da un punto di vista biologico debbono essere avvicinati alle nostre Averle, offrono la più variopinta confusione tra tutte le  “famiglie dei Tiranni”

Inglese: Andrean  cock of the rock;

Spagnolo: Gallito de las Rocas peruano;

Italiano :Galletto di roccia delle ande;

Tedesco: Andelfelsenhah;

Dialetto locale: Gallo de la pegna andino o tunqui;(lingua quechua originale, di famiglie e tribù andine.)

Francese: Coq de roche peruvien.

Nonostante il loro Polifmorfismo, tutti i cotingidi sono caratterizzati da una struttura corporea poderosa e dal becco uncinato, i tarsi sono protetti solo da piccole piastre ad anello, e posteriormente sono coperti da piccolissimi scudetti separati tra loro; i muscoli sono robusti e sono caratterizzati da un accentuato dimorfismo sessuale. La famiglia è diffusa in America centrale ed in tutto il Sudamerica sino all’Argentina. I Cotingidi comprendono circa 30 generi con 95 specie.

Il genere Rupicola viene posto in una famiglia particolare, e comprende Uccelli dalla struttura massiccia, forniti di breve coda una larga pianta dei piedi, essi si distinguono in due specie, tra cui il Galletto di roccia peruviano(Rupicola peruviana,Latham,1790) lunghezza dei maschi 31 cm e le femmine 26 cm, il  Galletto di roccia comune(Rupicola rupicola,Linnaeus,1766) della Guyana è simile al precedente ma possiede un piumaggio più arancione , con mancanza di piume nere sulle ali ed un perfilo sottile  nero, lungo la corona del capo arancione del maschio.

Il Galletto di roccia peruviano,ha due morfologie distinte: Rupicola peruviana sanguinolentus,(Gould,1859) rosso sangue intenso il maschio e rosso carmine la femmina; e la Rupicola peruviana aequatorialis,(Taczanowski,1899) con maschio rosso –arancio e la femmina arancio-marrone scuro. Ed una terza la,Rupicola peruviana saturatus.(Cabanis & Heine , 1859)

Entrambi non si distinguono solo per lo splendore e la magnificenza del piumaggio e per le insolite appendici che gli danno un aspetto molto vistoso, ma  per la voce sonora, dotata di grande risonanza. Il piumaggio dei maschi è rosso arancio splendente; il capo è adorno di una corona di penne erettili che formano una sorta di elmo; il piumaggio del dorso è fessurato come presso gli Aironi. La maggior parte di essi vive tra le cime di alto e medio fusto, in territori  di montagna coperti da foreste vergini umide e ricche di acque(900-2100 slm), dal sud America settentrionale e nord-orientale, cioè  dalle sorgenti dell’Orinoco e del Rio delle Amazzoni.

Amano radunarsi in ottobre ,all’epoca degli amori ,sulle rocce che sporgono dalle masse d’ acqua spumeggianti per esibire la pomposità  della livrea nel corso di danze quanto mai bizzarre. Per questo i maschi non hanno alcun legame di coppia e sono ritenuti altamente poligami, e in queste aree le femmine che ne vengono attirate, si accoppiano verso la fine della giornata quando  il maschio prescelto con piccole beccate sul collo, e che a causa della stanchezza accumulata per le danze, è meno aggressivo. Terminato l’atto sessuale la femmina si allontana dall’arena ed il maschio riprende a danzare nella speranza di attirarne altra .Questi volteggiamenti amorosi sono altamente dispendiosi sotto il profilo energetico, forse per questo fattore si  darebbe una spiegazione del mancato contributo e partecipazione allo svezzamento della prole, che resta a carico esclusivo della femmina.(*)

Il nidi vengono allestiti nelle ingressi e anfratti di piccole caverne che si trovano su pareti rocciose della foresta umida e sono composti da fango riportato e saliva, in modo da risultare ben ancorati sul piano della roccia. La deposizione delle uova di color bruno, è numericamente di due e vengono incubate per circa 40 giorni, e per i successivi tre mesi per lo svezzamento della prole, che và da novembre a febbraio.

Sono frugivori e  cibano principalmente di bacche  e frutti, che trovano alla base delle piante e di qualche insetto,  o piccoli rettili. Mangiano i frutti con alto contenuto di proteine ,frutti delle Lauraceae, Annonacae e Rubiaceae. Si dedicano alla ricerca del cibo generalmente da soli, molto raramente in gruppi di due tre soggetti  massimo, tra le prime ore del mattino e poi nel secondo pomeriggio.

In cattività sono tenute con buoni risultati e col temo ed in ambiente controllato possono riprodursi. E’ certo che in Perù, dove è ritenuto Uccello Nazionale, talvolta viene tenuto come uccello da compagnia, se preso da giovane.

Oggi lo si può ammirare in una voliera ambientata con piante , muschi, licheni piante tipiche della foresta umida andina, comprensiva di  ruscello, perchè possa immergersi e bagnarsi e se del caso iniziare, su una piccola roccia affiorante, la tanto decantata danza d’amore. Non ultimo sono state creati degli anfratti ad hoc per la eventuale preparazione del nido ,insomma del  tutto simile all’ areale andino, senza che la coppia venga disturbata, in quanto la postazione in ombra consente di non essere visti dall’uccello, per un affetto dato dal vetro riflettente e non da una comune rete.

L’oasi di S.Alessio offre ai visitatori  la possibilità di uno “scatto”in sicurezza, dove possiamo dire di averlo effettuato . . .in un nostro viaggio in Perù !

(*)Un celebre esploratore   Sir R.Hermann Schomburgk(1804-1865), console britannico in Siam, studioso di botanica ,topografo e ideatore della “linea Schomburgk”  tra Venezuela e Guiana,  così descrive le caratteristiche esibizioni, in una particolare ed acuta osservazione delle danze:

“Un intera compagnia di questi deliziosi uccelli eseguì per un ora la sua danza proprio sulla superfice piatta e liscia di un poderoso macigno. Sui cespugli vicini era appollaiata una ventina di spettatori ammirati, maschi e femmine, mentre la superfice levigata del masso era percorsa in ogni direzione da uno dei maschi che compiva i gesti più straordinari: Dapprima allargò un po’ le ali, ruotò il capo in tutte le direzioni, raspò con le remiganti la dura pietra, si alzò con saltelli più o meno veloci sempre dallo stesso punto; poi fece la ruota con la coda, e poi a passi civettuoli camminò di nuovo in un atteggiamento solenne sulla pedana: quando ormai pareva stanco emise un suono diverso dalla sua solita voce, e volò sul ramo più vicino cedendo il posto a un altro maschio. Dopo qualche tempo anche questo secondo esemplare esaurì il suo repertorio, e finì di mettere in evidenza tutta la sua avvenenza, cedette il ruolo di attore a un terzo maschio”

 

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L’ara a fronte rossa (Ara rubrogenys)

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Un pappagallo che nella lista di quelle ara in pericolo o in via di estinzione, è inserito al terzo posto dopo l’ara glauca (Anodorhynchus glaucus) e l’ara di Spix (Cyanopsitta spixii): si tratta dell’Ara rubrogenys.Il nome scientifico deriva dal latino ruber : rosso e genys : guancia. Fu descritta e battezzata da Lafresnaye nel 1847 (*); anche Forsaw nel 1973 ne delineò sinteticamente i tratti. Solo negli anni settanta il dr. Romero Rolando, (1974, Avicultural Magazine, 80:131) chimico boliviano riciclatosi esportatore, produsse le prime informazioni sulla specie, cui non si diede molto seguito e le scarne notizie iniziarono a completarsi solo nel 1981, ad opera dello statunitense Derk V.Lanning, che fornì dati sulla biologia e osservazioni  che hanno permesso di circoscriverne l’areale.Viene chiamata in italiano Ara di Lafresnaye o dalla fronte rossa; in boliviano Paraba dorada, Loro burro; in dialetto quechua Opaloro, Qaqualoro; in tedesco Rotohara; in inglese Redcheeked Macaw, Red-fronted Macaw;  in francese Ara di Lafresnaye.

Presenta colorazione generale verde oliva, fronte e parte anteriore del vertice, regioni auricolari, basse tibie e ciuffetto cloacale rossi. Piccole copritrici, margine dell’ala e sotto ala arancio-rosso. Remiganti inferiori giallo chiaro con apice delle primarie nerastro. Timoniere oliva, becco nero, zampe grigie con unghie nere, iride giallo-bruno chiaro, con un margine interno grigio-verde o giallo chiaro. Zona facciale con una ristretta zona nuda, solcata da lineette di piume nere. Lunghezza 60 cm., peso da un minimo di 450 a un massimo di 600 g.. I giovani all’uscita dal nido mostrano una sottile banda frontale nero-bruna. Il rosso è presente nelle regioni auricolari, mentre una forte soffusione arancione compare su addome e basse tibie. La zona nuda facciale è grigio-chiaro. L’iride bruno scuro. La livrea definitiva, a cominciare dal rosso in fronte, è acquisita per gradi a partire dal primo anno e si completa al secondo. Becco e zampe come gli adulti.

 

 

Il verde, il rosso e il giallo sono presenti nella bandiera nazionale boliviana, motivo per il quale essa è ritenuta una specie simbolo del paese, tanto che il Governo ha emesso un francobollo di 9 dollari B, nei colori tipici.

(*) Noel Frederic.A.Andrè de Lafresnaye, ( 1783-1861) nobile aristocratico, ornitologo francese che descrisse numerosi uccelli di cui  accumulò oltre 8000 esemplari nella  collezione privata.  Autore di molti trattati sugli uccelli.

Emette breve suoni striduli, simili a quelli dell’Ara  severa, in volo o allorquando si posa per mangiare o per andare a dormire. Un singolo suono  rauco, che è raaah, indica pericolo, mentre più chiamate melodiche vengono fatte in duetto. Gli strilli  aumentano e si ripetono tanto da provocare reciproca eccitazione.

Frequenta un habitat arido e montagnoso, tra i 1900 e 2500 m. s.l.m, costituito da rade formazioni cespugliose, cactacee, foreste a galleria nei fondo valle a vegetazione decidua medio-bassa, in particolare nella valle dell’alto Rio Grande e del Rio Mazque, zone temperate a cactus.

Fanno sovente incursioni sui campi di mais e di arachidi, coltivati  ad est dai Cambas e a ovest  dalle comunità Quechua (popolazioni andine che parlano ancora il vecchio dialetto Inca).

Si muovono a gruppi di poche entità sino a formazioni cospicue, specialmente al termine della stagione riproduttiva.

Si cibano di semi, erbe, gemme, bacche e frutti, sia coltivati che selvatici. Non mancano arachidi (Arachis hypogea), mais, fave e fagioli. Nel periodo riproduttivo utilizzano esclusivamente parti vegetali tenere, leguminose, mimosacee, ulmacee, bignoniacee, euforbiacee o cactacee. In tale periodi accettano proteine sotto forma di larve di insetti e di altri piccoli invertebrati.

È una specie fortemente sociale, nidifica e depone in colonia nelle cavità delle pareti di arenaria conglomerate o calcaree, profonde sino a tre metri. La deposizione avviene in coincidenza con la stagione delle piogge, pertanto varia da regione a regione.

La ridottissima disponibilità di nidacei o adulti ha fortunatamente limitato l’assorbimento del mercato statunitense interessato a soggetti domestici e a coppie adulte. Il blocco delle esportazioni avvenne nel 1984, quando le autorità boliviane si resero conto che venivano esportate illegalmente verso l’Europa e l’Oriente. La crescente concorrenza esercitata da allevatori in cattività ha gradualmente ridotto i prelievi illegali, tanto che oggi si può affermare siano decisamente cessati.

L’ara fronte rossa, seppure protetta dalle leggi boliviane, è minacciata, oltre che dal contrabbando superstite (via Perù) e dalle uccisioni dirette, anche dal degrado ambientale causato dal bestiame domestico, dall’aperture di nuova strade e dalla costruzione della linea ferroviaria Santa Cruz-Cochabamba, che rendono economicamente vantaggioso il taglio e il trasporto del legname per uso industriale.

Anche in considerazione dell’areale relativamente ridotto, sino al  luglio del 1983 l’Ara rubrogenys era inserita nell’Appendice II/B della CITES, poi fu spostata in una lista a rischio. Bisogna inoltre considerare che, nonostante ciò, localmente è considerata dannosa per le regolari visite ai modesti appezzamenti a mais e arachidi.

Pur avendo buone capacità di adattamento, è stato notato che una grande percentuale che aveva raggiunto l’Europa giungeva fortemente deplumata. All’inizio si pensò a una autodeplumazione per il cambio di dieta, ma poi la causa fu attribuita a parassiti cutanei che colpivano i soggetti durante la stabulazione in capanne dove l’igiene era fortemente compromessa, in attesa del trasferimento, in compagnia di capre.

Le prime nascite in ambiente controllato sono avvenute in Germania allo zoo di Wuppertal, ove tre piccoli, in una voliera di 4 m. x 2m x 2m furono tolti dal nidi per essere poi allevati a mano. In tutti gli anni successivi la coppia ha avuto piccoli, in un nido orizzontale di 80 cm. di lunghezza , x 40cm x 40cm. Nella medesima voliera furono ospitati due soggetti di sesso non definito, che non hanno mai interferito con la coppia. Una coppia importata nel 1974 allo zoo di Berlino depose tre uova sul pavimento e da uno solo non nacque un pulcino; negli anni successivi depose nel nido e tutti i piccoli furono portati a buon fine. Molti altri casi si sono avuti al Vogelpark di Walsrode nel 1987, in Gran Bretagna negli anni 1982,1983,1985 al Birdland (Burton-on-the-water)

In Italia la prima nascita ha avuto luogo nel 1994, presso il Centro per lo Studio e la Conservazione degli Psittacidi, da soggetti in affidamento dalla CITES , dallo Zoorama del dr.Guerra nel 1977 e dalla New York Zoological Society.

I soggetti furono alloggiati in grandi voliere lunghe 6 m. x 8 e alte altrettanto, ma con un fondo naturale che per la specie in argomento, è una sorta di “pascolo”, così come avviene in natura nella maggior parte della giornata . Gradiscono molto un nido posto in fustini in posizione verticale, con diametro 30-35 cm. e 60 di profondità e con un normale foro di entrata da 13 cm. Sul fondo si versano circa 10 cm. di trucioli ben pressati e si pone una scaletta interna per uscire comodamente. Ad ogni covata è necessario sostituire il fondo e, ove possibile, aggiungere materiale durante l’allevamento.

Ho avuto anche coppie che hanno gradito un nido posto in orizzontale nella misura di un metro e venti cm, con dimensioni di 40cmx 30cm, tale situazione riproduce la conformazione dei nidi naturale nell’arenaria, ove gli stessi conducono la vita della riproduzione a strapiombo delle pareti stesse.

Durante questo periodo è utile fornire al mattino una nocciola di carne trita con un po’ di biscotti e due ore più tardi frutta di stagione, ortaggi o erbe selvatiche (tarassaco e simili); al pomeriggio un po’ di miscela costituita per il 50% da semi di girasole e per il restante 50% di miglio, scagliola, granoturco, orzo, piselli, cereali in fiocchi e qualche arachide.

La femmina depone, a distanza di 48 ore, generalmente 3-4 uova, che vengono covate per 25-27 giorni; il nido dovrebbe essere messo a disposizione verso la metà di aprile in funzione dell’andamento stagionale.

I piccoli lasciano il nido dopo 12 settimane. I soggetti allevati a mano diventano assai domestici e già a pochi mesi iniziano a ripetere parole e brevi frasi, anche se con voce piuttosto stridente. Le inferiori capacità imitative del nostro pappagallo rispetto alla più popolare Amazzone fronte blu, gli sono valse in Bolivia l’appellativo di LORO BURRO,”pappagallo somaro”, ma dal punto di vista affettivo è eccellente!

Personalmente ne ho allevato uno prelevato dal nido nel mese di agosto, a un’età di un mese circa, e dopo quattro mesi ha iniziato a mangiare qualcosa autonomamente. Solo ai primi di gennaio si è reso totalmente indipendente senza più richiedere cibo.

Mi auguro infine, che queste notizie possano spingere altri allevatori alla acquisizione e conservazione della specie, che seppure di allegato A, contribuiscano l’allevamento per aumentare la presenza di soggetti negli aviari, nella considerazione che questa sia l’unica strada da percorrere  per ottenere il maggior numero di piccoli in breve tempo, indipendentemente dalla stagione, dalla maturità riproduttiva.

E  per non far sì che –come per l’ara di Spix- verosimilmente estinta in natura, ma presente con oltre cento individui in cattività, ma legate ad un programma di riproduzione, reso possibile da” Zoo privati”, che attraverso acquisizioni quantomeno discutibili, ne potrebbero aver  favorito il declino !

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IL CACATUA delle palme (genere Probosciger)

Il Cacatua delle palme è nero con guance nude rosa e grande ciuffo di lunghe piume sottili rivolte all’indietro…

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Il Pappagallo grande becco (Tanygnathus megalorhyncos Boddaert, 1783)

Il pappagallo grande becco è meno stridente, più alto nelle tonalità e più aspro rispetto al richiamo delle altre specie, simpatriche,, del genere Tanygnathus…

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